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le conseguenze della «voluntary disclosure»

Avv. PIERO MANCUSI

Il tema della «voluntary disclosure» sta diventando sempre più attuale sia per gli effetti fiscali che penali che tale provvedimento produce. L’istituto è stato introdotto con la legge n. 186 del 2014 e ha lo scopo di regolarizzare e disvelare redditi detenuti all’estero e fino a quel momento occultati al fisco. Con la firma da parte dell’Italia degli accordi bilaterali di cooperazione con gli Stati «black list» cioè Svizzera, Liechtenstein e Montecarlo, il tema e la necessità della «voluntary disclosure» è sempre più attuale per sanare condotte fiscali opache ed evitare sanzioni future più severe. La variabile chiave per il successo del provvedimento normativo è però, come intuibile, la chiarezza sia dal punto di vista fiscale che da quello penale e le conseguenze che discendono per il contribuente da tale istituto.
In altre parole, viene introdotta una procedura di collaborazione volontaria finalizzata all’emersione e alla regolarizzazione dei capitali detenuti all’estero, alla quale però è connessa una serie di conseguenze per il contribuente. Ai fini fiscali particolare attenzione dovrà essere prestata ai periodi di imposta accertabili che variano sensibilmente a seconda dello Stato nel quale sono stati «collocati» gli investimenti emersi. Infatti l’occultamento dei redditi nei Paesi «black list» legittima l’applicazione di sanzioni maggiorate, oltre il raddoppio degli ordinari termini di accertamento. Se invece i beni sono collocati nei Paesi con cui sono stati sottoscritti accordi per lo scambio di informazioni, come la Svizzera, il Liechtenstein e Montecarlo, vi sarebbe una riduzione delle sanzioni ai minimi edittali e la limitazione, nei termini ordinari, del potere di accertamento.
Ma a questo punto è utile ragionare sull’introduzione della fattispecie penale dell’antiriciclaggio (articolo 648 ter comma 1 del codice penale) e della corrispondente fattispecie di illecito amministrativo derivante dal reato. L’inedita figura delittuosa alla quale viene estesa anche la confisca ex articolo 648 quater del codice penale e la responsabilità da reati degli enti attribuisce rilevanza penale alla condotta di chi, avendo commesso un delitto non colposo, sostituisce o trasferisce o comunque impieghi, denaro, beni o altra utilità in attività economiche o finanziarie, in modo da ostacolare concretamente l’individuazione della loro provenienza delittuosa. La pena prevista è della reclusione da due a otto anni, pena più lieve nell’ipotesi del secondo comma.
Tale reato è stato introdotto su sollecitazione della Convenzione penale di Strasburgo sulla corruzione e la Convenzione Onu, ratificate in Italia con legge n. 100 del 28 giugno 2012 e legge n. 146 del 6 marzo 2006, anche se la Germania esclude la rilevanza penale e la Francia assegna solo all’interpretazione giurisprudenziale il riconoscimento della fattispecie, che pone numerose questioni interpretative. Il richiamo fatto dalla norma alla necessità che la condotta sia concretamente idonea ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del denaro sta a significare che il semplice versamento del profitto del reato presupposto non pare integrare il reato di antiriciclaggio perché la condotta è inidonea ad ostacolare l’individuazione della provenienza delittuosa del denaro. Inoltre, non sono punibili le condotte per cui il denaro o i beni vengano destinati all’utilizzazione o al godimento personale.
Occorre quindi interpretare il significato della locuzione «godimento personale» per delimitare con precisione i confini della rilevanza penale. La legge ha inoltre introdotto la responsabilità amministrativa degli enti (n. 231 del 2001) per le condotte commesse da un apicale o da un soggetto legato all’ente nel cui interesse o vantaggio il reato è stato commesso. L’ente amministrativo non può commettere reati ma solo beneficiare del reato commesso da un dipendente nell’interesse della persona giuridica.
Se il provento del reato commesso è dell’ente, la persona fisica che lo «ripulisce» commette un reato, ma riesce difficile determinare se tale condotta è sanzionabile come antiriciclaggio o semplice riciclaggio, visto che l’utilità di provenienza illecita non è nella disponibilità dell’autore del reato presupposto, ma in quella dell’ente. È necessario comunque aggiornare i modelli di organizzazione per poter beneficiare dell’esimente prevista dalla legge. Va infine osservato che l’antiriciclaggio è punibile dal 1° gennaio 2015 ma può riguardare il profitto di reati commessi prima di tale data a condizione che l’operazione di «ripulitura» sia attuata successivamente nel rispetto del principio di legalità. In sostanza, è irrilevante il momento in cui i proventi illeciti dell’attività delittuosa sono stati realizzati, ciò che è invece rilevante è il momento della «ripulitura» del denaro, attraverso l’impiego in attività economiche e finanziarie volte ad ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa.
In sintesi, in sede di prima lettura, la legge pone una serie di questioni interpretative che devono essere risolte dalla giurisprudenza penale e fiscale, per fare chiarezza in una materia con molte implicazioni nella vita dei contribuenti.   

Tags: Aprile 2015 Svizzera codice penale diritto penale fisco

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