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quella «mala gestio» del bene pubblico

LUCIO GHIA

Il fenomeno della corruzione è al centro degli interventi di alte cariche dello Stato, di magistrati e di politici. Il discorso che ha concluso la stagione delle inaugurazioni dell’anno giudiziario 2015 è stato tenuto dal presidente della Corte dei Conti il quale, con ampio raggio espositivo e passando in rassegna i diversi compiti affidati all’istituzione contabile, dalle antiche radici, che opera insieme come controllore e come giudice del danno erariale, ha fornito un quadro prospettico dell’economia e della finanza pubblica sintetico, lucido ed essenziale e, per ciò che più conta, non privo di motivi di speranza e di elementi di positività, rilevando che, malgrado il limite del 3 per cento che il Governo intende osservare per quanto attiene al disavanzo pubblico, «la legge di stabilità 2015 mostra come all’interno di tale limite vi siano comunque margini che consentono di fornire un sostegno alle dinamiche del ciclo economico, favorendo sia i redditi delle famiglie, sia le condizioni di operatività delle imprese».
Ma al di là della parte pur significativa dedicata all’attività della Corte sia con riferimento ai controlli sugli enti territoriali e sulle società pubbliche, sia alla necessità di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio (decreti legislativi n. 118 del 2011 e n. 146 del 2014) in gran parte del discorso emerge lo sforzo funzionale della Corte per essere al fianco del sistema Italia, nella sua evoluzione migliorativa e semplificatrice. Al riguardo va sottolineata l’attenzione dedicata alla lotta contro la «mala gestio» degli interessi e dei beni pubblici e contro i fenomeni corruttivi. Piaga, questa, italiana ma, come vedremo, davvero internazionale e al centro quindi di misure ed interventi a livello europeo e mondiale.
Il discorso inaugurale dell’anno giudiziario 2015 ha avuto il merito di abbandonare il tono spesso autoreferenziale dei numeri relativi ai controlli compiuti, ai risultati sperati o annunciati, alla capacità di intervenire su situazioni complesse, ed ha affrontato la necessità di difendere prioritariamente determinati valori etici e morali, senza i quali le istituzioni si allontanano dal cittadino. Tale riflessione è avvenuta in una cornice sintomaticamente nuova, perché assistevano alla cerimonia molti studenti invitati appunto dal presidente della Corte: come riferito dallo stesso riprendendo il discorso di insediamento alle Camere del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, «nelle istituzioni devono riflettersi i volti degli italiani, esse devono manifestarsi davvero vicine ai cittadini ed alle loro necessità».
Certamente le istituzioni «nemiche» alimentano quegli «uomini di buone maniere ma di cattive abitudini», per dirla con Papa Francesco, le quali costituiscono un vero e proprio cancro per il Paese con le loro pratiche corruttive. Il livello inaccettabile e diffuso di tali illeciti divora ingenti risorse che potrebbero essere destinate ai cittadini, impedisce la corretta esplicazione delle regole del mercato, favorisce le consorterie e penalizza gli onesti e i capaci.
La Banca Mondiale in un recente studio, «Drivers of corruption», realizzato alla fine del 2014 insieme all’International Bank for Recostruction and Development, ha sottolineato come il fenomeno sia transnazionale, abbia implicazioni di carattere decisamente internazionale e affondi le proprie radici in una serie di fattori che appaiono di difficile rimozione. Non si tratta, pertanto, di una caratteristica dei Paesi in via di sviluppo né tipicamente italiana, bensì di fenomeni radicati in tutti i Paesi cosiddetti industrializzati.
In molti Paesi, dice la Banca Mondiale, la corruzione rappresenta un «extra payment», una sorta di tassa non quantificabile a priori, informale, che grava sui cittadini e sulle imprese. Essa rappresenta un ostacolo per qualsiasi tipo di affare e impedisce ai cittadini di beneficiare in pieno dei servizi che una società moderna dovrebbe offrire. I danni causati dalla corruzione sono proporzionali alla diffusione del fenomeno, e quindi alla scala che, da un punto di vista anche economico, questo fenomeno raggiunge. Molti fattori incidono sulla diffusione della corruzione; per esempio quella che è la delega dell’autorità, cioè le molte autorità che sono chiamate a interessarsi di una determinata autorizzazione o licenza. Ciò comporta che la supervisione e il controllo siano elementi essenziali per combattere la corruzione ma, come questo studio mette in risalto, il controllo non solo è costoso, poiché si rivela psicologicamente dannoso, andando ad intaccare l’aspetto fiduciario che deve alimentare qualsiasi rapporto di lavoro.
Numerose inchieste effettuate a livello regionale hanno messo in risalto che, per esempio, nel Medio Oriente e nel Nord Africa il 60 per cento delle imprese che operano in quelle aree avvertono che la corruzione esiste a livello diffuso e costituisce un serio ostacolo, e quasi il 20 per cento delle società considerano che il sistema giudiziario non fornisce risposte efficaci. Nel nostro Paese penso che l’80 per cento delle imprese sia dello stesso parere, specialmente in relazione ai tempi di pronuncia delle decisioni giudiziarie e all’«esecuzione forzata» dei loro crediti o all’adempimento dei loro contratti.
Le forme corruttive illustrate da Auriol & Blanc, nella loro pubblicazione del 2014 «Captur and corruption in public utilities», sono le più varie. Viene fatto riferimento alla «corruzione collusiva» quando tutte e due le parti, il corruttore e il corrotto, sono d’accordo nell’abusare della norma per fini privati e di collusione estorsiva quando chi paga è in vario modo costretto a compiere quel pagamento per ottenere un certo risultato che gli spetterebbe di diritto, o, in casi ancora più gravi, un risultato obiettivamente illegale; questa forma, mettono in risalto gli autori, è più sviluppata proprio nei Paesi ad economia avanzata come l’Italia.
Quali sono le motivazioni? La pubblicazione della Banca Mondiale si sofferma su un composito paniere di ragioni, una facilmente comprensibile nei Paesi industrializzati è la massimazione del profitto, per cui le strategie di arricchimento delle società di capitali, in primis delle multinazionali, costituiscono il motore e la cornice che, privilegiando questo obiettivo, corrompono i valori morali che costituiscono il vero baluardo esistente in ciascuno di noi, chiamato ad opporsi a questo fenomeno. D’altronde siffatti comportamenti corruttivi in molti Paesi sono stati giudicati anche in tempi recenti, scusabili ancorché posti in essere ai danni della società, poiché nell’interesse legittimo dell’individuo.
In realtà le condizioni necessarie per combattere il fenomeno corruttivo risiedono innanzitutto nel rispetto della legalità, quindi è necessaria una legislazione efficace, efficiente e molto chiara, il che in Italia non è riscontrabile. Lo studio della Banca Mondiale sottolinea purtroppo il verificarsi di un progressivo peggioramento della capacità morale di distinguere il comportamento corretto, il bene dal male, a causa del determinarsi di una sorta di inquinamento progressivo dal punto di vista etico e morale. Si consiglia, quindi, di investire nella cultura dell’etica pubblica, specie a livello scolastico ed educativo, per rendere più efficaci le risposte e le soluzioni istituzionali.
L’estensione mondiale dei fenomeni corruttivi è stata esplorata anche con la redazione di vere e proprie mappe sui livelli di corruzione nei vari Paesi che vengono pubblicate ogni anno sulla «Trasparency International» sempre dalla World Bank; tale «geografia della corruzione» compie un’analisi di tutti i settori che attraggono la corruzione, che si annida dovunque. La sua diffusione, infatti, non fa distinzioni tra edilizia, industrie estrattive, sanità, difesa, ed «utilities».
La parte più interessante dello studio, molto accurato e che va analizzato, è quella relativa ai casi pratici, una sorta di «worst practices», potremo dire dei comportamenti pessimi, relativa all’analisi delle premesse dalle quali nascono le operazioni illecite, basate appunto sulla corruzione. Spicca, in questa analisi delle opportunità negative, l’incapacità di molti sistemi pubblici di semplificare nei rapporti con il cittadino, i passaggi burocratici. Si evidenzia, infatti, come nei sistemi dove i passaggi burocratici necessari per ottenere la stessa autorizzazione, o licenza, o permesso pubblico, sono di numero maggiore, alligni la maggiore realizzazione di pratiche corruttive o estorsive.
Il numero delle autorità ed organizzazioni burocratiche preposte alla definizione della singola pratica ha un effetto esponenziale sul diffondersi della corruzione. Le troppe «sembianze istituzionali» animate spesso da malcelati interessi privati, sono la negazione stessa delle istituzioni e vanno combattute. Il dilagare della «corruzione amministrativa», purtroppo ben nota nel nostro Paese, specie dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, ne costituisce anche nel nostro Paese la riprova. Ma allora, che cosa fare? Avanzare alcune proposte, senza però avere la certezza che vengano attuate.   

Tags: Aprile 2015 Lucio Ghia

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