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LE RAGIONI DI UN NUOVO MOVIMENTO

Con la caduta, avvenuta oltre un anno fa, del Governo Berlusconi e con la nomina di un Governo tecnico che di fatto e di diritto ha eliminato i partiti dalla guida del Paese, relegandoli alla semplice ratifica dei provvedimenti dei nuovi governanti, era riapparso subito il vecchio vizio dei politici italiani di ricandidarsi allo stesso precedente fallimentare ruolo, sia pure sotto le mentite spoglie di un nuovo movimento o quanto meno di un ritorno alle vecchie, originarie posizioni.
Così ad esempio, visto che negli ultimi quattro anni si erano verificati accorpamenti e divisioni nella maggioranza parlamentare - come pure nella minoranza -, e visto che lo schieramento risultatone era miseramente finito, subito esponenti del Pdl si ripresentarono in televisione per annunciare la ricostituzione, o meglio a loro detta il ritorno all’originario, puro e genuino movimento di Forza Italia. In prima fila però apparivano proprio i campioni della disamministrazione, degli scandali, delle nullità che avevano condotto la maggioranza, attraverso peripezie varie, al naufragio tutt’altro che decente e dignitoso agli occhi della comunità internazionale.
I telespettatori e comunque la massa degli italiani di buon senso che non vivono di partiti, di Parlamento, di Ammini-strazioni locali, di società, associazioni e lobby a loro collegate e parassitarie, si chiedevano: «Ma come, dopo la disastrosa gestione, il danno arrecato al Paese e ai singoli italiani, dopo scandali, figuracce, inchieste giudiziarie, condanne penali, hanno ancora la faccia di presentarsi come vergini fanciulline a ritentare l’inganno, l’estorsione di consensi e voti?».
Sappiamo benissimo che non c’è proprio da meravigliarsi se una classe politica, o meglio parte di essa, si è comportata talmente male al punto di farsi cacciare addirittura dal consesso dei Paesi di più antica e comprovata civiltà, i nostri più autorevoli partner dell’Unione Europea. Ma, a differenza di quanto potrebbe credersi, non è vero che la classe politica italiana sia tutta guasta, tutta così; come è avvenuto anche nel passato, i politici sono l’immagine di una società, composta da molte persone per bene, oneste, lige alle leggi, e da poche deviate, furbastre, disoneste, profittatrici.
Purtroppo, in coincidenza con l’aumento del benessere e con la caduta non solo di valori morali ma anche del semplice sentimento di solidarietà umana e sociale verso poveri, deboli e malati, la parte perversa della società, anche se minore, guasta via via quella migliore. In un mondo di furbi anche la persona dall’animo più semplice pensa: «Perché proprio io devo essere lo stupido? Se c’è chi si comporta male, perché io devo comportarmi bene?». Così si arriva al paradosso di ritenere bravura, superiorità, eccellenza la furbizia dei pochi che sfruttano la massa. È così che lentamente si comincia ad imitarli, anzi addirittura a cercare di superarli. Questo non è avvenuto soltanto negli ultimi 5, 10 o 20 anni. In questi più recenti, il fenomeno ha toccato punte dalle quali quasi certamente non si potrà tornare indietro se non in maniera clamorosa, cruenta, storica. Sono troppi i decenni trascorsi all’insegna dei cattivi esempi, della progressiva sconfitta e ritirata della società dalla vera cultura, dalla vera conoscenza, dalla capacità, merito, formazione ed educazione.
Insensibilmente, proprio con il benessere si sono diffusi falsi miti tradottisi via via anche in leggi, apparentemente migliorative della situazione dei singoli ma in effetti nocive, anzi distruttive della società. Ne è derivata quindi un’altra, in cui ogni individuo ha soltanto diritti e nessun dovere. Una società pronta a giustificare ogni malcomportamento, ogni malcostume, a calpestare ogni vero diritto dell’uomo, a privilegiare ogni sopruso, prepotenza e prevaricazione, come nel mondo animale ma neppure in tutto.
Trascorso un anno di sacrifici per rimediare ai precedenti danni materiali e morali, avvicinandosi le nuove elezioni politiche e regionali, si è assistito e si sta assistendo ad un’insperata ma non disinteressata ripresa di interesse verso la politica. Contrariamente all’ostilità e all’apatia di un numero crescente di cittadini verso la politica, alla condanna generalizzata, alla progressiva diffusione dell’assenteismo, al proposito di non partecipare più alle elezioni - comportamento confermato in misura sensibilissima nelle recenti consultazioni regionali siciliane -, si è assistito e si assiste ad una ricca fioritura di nuovi movimenti, associazioni, partitini, ovviamente tutti con lo scopo di partecipare alle prossime tornate elettorali e di conquistare una più o meno consistente fetta di voti e di seggi.
Perché questo fenomeno? Perché è troppo diffusa, soprattutto in un momento di crisi economica come l’attuale, la speranza di lucrare i benefici di cui hanno goduto per tanti anni i politici. E non solo tra quelli che, avendo tentato in passato di entrare nella casta, non vi erano riusciti; non solo gli uscenti che hanno scarse possibilità di essere confermati; non solo le seconde e terze file che da anni fremono ansiose. Ma tanti altri individui, anche di buon senso, che si illudono di poter offrire un contributo valido al Paese e alla società, senza immaginare che, qualora riuscissero, o dovrebbero porsi a servizio dei più scaltri, o sarebbero emarginati, o non verrebbero fatti eleggere.
Perché queste amare riflessioni? Perché comunque nelle persone oneste la speranza non deve venire mai meno. Per cui, nella moltiplicazione di iniziative politiche ed elettorali cui si assiste e che aumenteranno nelle prossime settimane, ve ne può essere qualcuna, ad esempio quella intitolata «Le Professioni per l’Italia», che non sembra annoverare tra le proprie motivazioni fenomeni di opportunismo, trasformismo, carrierismo. I liberi professionisti e i lavoratori autonomi in generale possono essere animati da sane ambizioni di realizzazione personale, da un genuino altruismo, ma molto meno da insaziabili interessi e vantaggi personali.
«Le Professioni per l’Italia» in particolare è animata proprio dalla necessità di difendere il lavoro autonomo, il merito, il sacrificio personale, lo spirito di servizio verso la società. «La società civile non è più governata dai valori, ma dalle logiche del mercato; la cultura è sostituita dall’ideologia del mercato, e il lavoro intellettuale, come è quello dei professionisti, è diventato, nella configurazione sociale, un prodotto, a tal punto da pretendere che la prestazione intellettuale venga identificata alla stregua di una merce», è la diagnosi dei guasti causati in questi anni ai lavoratori di ogni categoria da certi politici e dai loro economisti.
Ed ancora: «Oggi è inutile parlare di democrazia e di bene pubblico. Chi va al Governo, lo fa per esercitare un potere accentratore e personale. Lo Stato non è più il padre di famiglia che protegge la persona, è diventato il divoratore e distruttore dell’essenza dell’individuo, l’incoraggia a contrarre debiti e a sperperare. Come può l’Italia uscire da una crisi quando c’è un debito sovrano di 1900 miliardi di euro che si è costituito per effetto di corruzioni, evasioni, sprechi, appropriazioni di beni pubblici?».    

Tags: Dicembre 2012

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