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Bolletta elettrica: necessari interventi di ampio respiro

Luca Valerio Camerano e Giovanni Valotti, rispettivamente  amministratore delegato e presidente di A2A

È un periodo di grande fermento per il mondo che ruota attorno alla produzione e distribuzione di energia elettrica. Si inseguono innovazioni e scelte strategiche, in un variegato modello vocato a coniugare sostenibilità ambientale, innovazione tecnologica, riduzione dei costi, trasformazione e integrazione delle reti, con una spiccata propensione verso scenari originali. L’Enel si veste da protagonista con l’installazione di milioni di contatori 2.0, multifunzione e coglie l’occasione per proporsi quale strumento per la realizzazione della rete a banda ultra larga.
Una innovazione di sistema che ne potrebbe ampliare il ruolo sul mercato come artefice di una digitalizzazione del Paese in una concorrenza strisciante o sotto traccia con Tim. Svolte strategiche sono messe in campo dai manager di A2A, mentre molto si muove sul lato dell’Authority dell’Energia elettrica gas e acqua, impegnata da un lato a calibrare i costi della bolletta elettrica, dall’altro a preparare il mercato in funzione della liberalizzazione totale prevista per il 2018.
Un appuntamento che rivoluzionerà i compiti dell’Acquirente Unico che dovrebbe introdurre concorrenza reale nel mercato elettrico, con la spada di Damocle dei costi per una stragrande fetta di famiglie e cittadini oggi garantiti dalle tariffe di maggior tutela, ma domani esposti alle incursioni dei diversi operatori. Altro aspetto rilevante delle imprese elettriche italiane risiede nella forte ricerca di innovazione capace di guardare all’estero, in primis ad Israele, per rafforzarsi sul fronte tecnologico e di start up innovative legate alle molteplici opportunità del settore elettrico nonché di partner industriali per svilupparsi e competere al meglio sul mercato mondiale.
Questa dinamicità trascura, per ora, i problemi che affliggono l’Italia: reti di trasmissione ad alta ed altissima tensione che debbono essere potenziate e arricchite, come dimostra il recente piano messo a punto da Terna con 3,3 miliardi di euro di investimenti nel triennio 2017/2019; produzione termoelettrica da riconvertire, centrali da dismettere, processi di riqualificazione ambientale di questi siti produttivi; un moderno approccio alle energie rinnovabili prevedendo a breve lo smaltimento di impianti giunti ormai a fine ciclo.
Molto movimento nel settore ma, come solito, poco coordinato. Non esiste un piano energetico né, per ora, la volontà di creare una sede permanente di confronto tra Governo, imprese, enti locali e sindacato al fine di garantire scelte efficaci, condivise e tempestive, utili allo sviluppo dei nuovi servizi, delle smart city, del riequilibrio delle fonti energetiche.
Progetti che si misurano nei decenni ma che noi ostinatamente continuiamo ad affrontare sulla sollecitazione dell’emergenza e dell’immediato. Occorre sciogliere le molte contraddizioni che corrono sul filo e rischiano di fare danni soprattutto ai cittadini, ai lavoratori e all’economia nazionale.
Il sistema elettro energetico italiano è costantemente in tensione. Molti i nodi che ne frenano una crescita lineare e corretta, in grado di sostenere il rilancio socio industriale italiano. Le roventi polemiche  seguite ad un aumento tariffario deciso dall’Authority dimostrano quanto sia necessario un intervento programmatico.
«Ogni anno la bolletta elettrica, già molto cara, diventa–ha denunciato per primo il segretario generale della Flaei Cisl Carlo De Masi–un bancomat ad appannaggio del Governo per finalità diverse da quelle previste, con pesanti ripercussioni anche rispetto ad oneri e accise improprie che gravano sulla stessa». Una denuncia sottolineata dal presidente dell’Authority Guido Bortoni, ma contestata dal viceministro dello Sviluppo Economico Teresa Bellanova.
Lo scenario che si delinea sollecita una ridefinizione dei compiti che riguarderà il Gestore Servizi Elettrici, la sua società Acquirente Unico, nonché la Cassa Conguaglio la quale non dovrà essere trasformata in ente pubblico economico. Le contrarietà della base sociale derivano anche da quanto succede annualmente ai soldi dei cittadini/consumatori elettrici che, anziché ritornare agli stessi o essere utilizzati per le criticità del Settore, vengono dirottati dal Governo sotto forma di finanziamenti e prestiti per altri scopi.
È il caso eclatante della recente decisione adottata dal Governo nel cosiddetto Decreto Ilva sul «Finanziamento ad imprese strategiche», che prevede di destinare 400 milioni di euro di giacenza, presso la Cassa Conguaglio per i Servizi Energetici e Ambientali per l’anno 2016, non alle 60 centrali elettriche da sostenere o da dismettere, bensì per la bonifica ambientale dell’Ilva di Taranto.
Ciò rende evidente l’uso improprio dei soldi della bolletta elettrica e della deresponsabilizzazione del Governo, che anziché provvedere a finanziare le bonifiche in maniera autonoma o attraverso meccanismi di fiscalità generale, attribuisce questo costo, come più volte avvenuto sulla bolletta elettrica. Questo finanziamento dovrà essere restituito nel 2018 proprio al fine di sterilizzarne gli effetti sulla bolletta elettrica. È lecito, visti i numerosi negativi precedenti, dubitare sulla riuscita dell’operazione finanziaria.
«Non abbiamo nulla in contrario–ha avuto modo di sottolineare Carlo De Masi–a che si realizzino le bonifiche e la messa in sicurezza dei siti produttivi, a partire dagli impianti termici, anche nel caso dell’Ilva, ma a pagare non possono essere sempre e solo i titolari di forniture elettriche. L’importante è che le risorse previste per il settore vengano poi correttamente utilizzate per sostenere gli investimenti, garantire le trasformazioni senza cadute occupazionali, realizzare bonifiche ambientali, messa in sicurezza degli impianti, rilancio dei servizi sul territorio». 
Mettere mano ad un riordino complessivo del comparto sarebbe quanto mai opportuno. Basti pensare al conto energia e all’ipotesi avanzata dal presidente del GSE di offrire, ai proprietari dei piccoli impianti fotovoltaici, il pagamento anticipato in un’unica soluzione degli incentivi. Una delle proposte della Flaei per favorire, da un lato il riordino della bolletta elettrica e dei tanti incentivi ad essa connessi e dall’altro l’efficientamento del sistema, oltre ad un sostegno economico alle famiglie.
È una soluzione intelligente e creativa quella di anticipare le agevolazioni economiche, previste nel lungo periodo, offrendo somme più consistenti in una sola tranche molto utile ai nuclei familiari, nel contempo la risoluzione anticipata per gli impianti fotovoltaici di potenza inferiore a 3 chilowatt, consentirebbe un riordino gestionale per circa 200 mila soggetti, che rappresentano il 37 per cento del totale degli impianti fotovoltaici, ma solo il 3 per cento del costo degli oneri degli incentivi.
La semplificazione del sistema potrebbe inoltre produrre effetti propulsivi sulla domanda interna, considerando che il costo dell’operazione (circa 10 mila euro per ogni piccolo impianto) è pari a circa 2 miliardi di euro. Altro elemento primario, per ciò che riguarda il fotovoltaico, sarebbe quello di prevedere uno specifico Fondo, attraverso un protocollo di decommissioning, per gli impianti che utilizzano da ormai molti anni pannelli solari prossimi al fine ciclo.
Un altro fatto di grande rilievo sia per gli aspetti di riconversione ambientale, sia per la gestione della transizione energetica. Gli operatori più agguerriti, d’altro canto, si muovono con grande incisività per rendere la produzione di energia elettrica sempre più sostenibile e orientata alle scelte ecologiche di lungo periodo. È il caso di A2A che stabilisce una svolta strategica irreversibile per la propria competitività, quella di distinguersi come produttori di energia sostenibile.
Il presidente Giovanni Valotti traccia così la strada che guiderà scelte e investimenti in uno scenario di piano che fissa gli obiettivi al 2030 e le azioni da concretizzare entro il 2020, giocato integralmente sui temi della responsabilità sociale, con una particolare attenzione all’economia circolare e al recupero dei materiali. Altro tema scottante è quello dell’estensione del libero mercato elettrico.
L’Authority sta mettendo a punto un modello per i consumatori in modo da offrire indicazioni utili alle famiglie che dovranno necessariamente scegliere tra le offerte del mercato libero. Una platea che oggi annovera circa il 75 per cento dei clienti domestici e il 60 per cento delle piccole imprese. Sarà un cambiamento traumatico per milioni di cittadini, presuppone infatti una approfondita conoscenza dei consumi e dei meccanismi che compongono la bolletta elettrica, per muoversi con abilità tra le proposte degli operatori, ai quali non pare vero di potersi contendere a suon di offerte milioni di contratti.
Il mercato elettrico è di per sé assai complicato e confrontare le offerte, districandosi tra mille voci e le immancabili trappole che le società per il loro interesse proporranno alla clientela, risulterà complesso oltre che assi delicato e forse non meno oneroso. L’iniziativa dell’Authority tende quindi a creare uno schema predefinito per agevolare la scelta e prepararsi alle novità del mercato.
Un portale web gestito dall’Acquirente Unico nell’ambito del sistema informativo integrato raccoglierà le offerte e potrà favorire il diretto rapporto tra impresa e cliente. Appare molto improbabile, tuttavia, che questa ulteriore liberalizzazione della bolletta elettrica possa produrre risparmi per i cittadini.
Molto verosimile è che questa liberalizzazione comporti per chi ha bassi consumi costi superiori a quelli attuali. Il passaggio tuttavia è indispensabile per garantire uno sviluppo coerente del sistema elettrico, in linea con le reali necessità e consumi del cliente finale. Dovremo comunque imparare ad operare con queste modalità. Un recente convegno promosso dall’Acquirente Unico, con la partecipazione dell’antitrust britannico per confrontare i due sistemi, ha evidenziato come nel Regno Unito, dove già esiste questo tipo di libero mercato, il 56 per cento dei consumatori domestici non ha mai cambiato fornitore, il 34 per cento non ha preso mai in considerazione l’idea di cambiare, il 70 per cento è ancora legato alla tariffa di riferimento dell’operatore storico. Un quadro non certo incoraggiante per i cittadini.
L’innovazione di sistema resta tuttavia uno degli elementi qualificanti per un riordino e per un rilancio del settore elettrico, ne siamo convinti da tempo. Alcune idee progettuali sono state lanciate, seppure in modo sommesso, suscitando modesta attenzione. Ci auguriamo che il Governo con il ministro Carlo Calenda voglia raccogliere la sfida della modernizzazione e offra ad operatori e soggetti sociali l’opportunità di scommettere sul futuro dell’Italia. Ricordiamo come la grande trasformazione del nostro Paese negli anni ‘60 corse sull’energia.                 

Tags: Settembre 2016

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