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L’ODISSEA DELLA CANDIDATURA AI GIOCHI OLIMPICI DI «ROMA 2024»: 36 MESI DI PROGETTI, SOGNI, RINUNCE, DELUSIONI

Giovanni Malagò,  Diana Bianchedi e Luca Cordero di Montezemolo

L'iter della candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2024, iniziato a settembre 2013 ed ufficialmente interrotto dal sindaco Virginia Raggi lo scorso 21 settembre con il «no» dei 5 stelle contro le «Olimpiadi del mattone», è stata una sorta di lunga odissea durata ben 36 mesi, il cui stop, a fine estate, ha visto andare in fumo il grande lavoro preparatorio, progettuale e diplomatico, fatto dal Comitato promotore «Roma 2024», presieduto da Luca Cordero di Montezemolo, con Luca Pancalli vicepresidente e Diana Bianchedi coordinatore generale.
Per gran parte dell’opinione pubblica e di tutto il mondo imprenditoriale, questo epilogo rappresenta tuttora una grande occasione persa. Il rammarico maggiore del presidente del Coni, Giovanni Malagò, e di tutto il settore sportivo italiano che ha sempre creduto e lavorato al massimo sul progetto, è stato quello di aver constatato l’atteggiamento sempre estremamente evasivo sull’argomento da parte del Movimento 5 Stelle e di Virginia Raggi, sia da candidata che da nuovo sindaco, che non hanno mai voluto discutere con la controparte alcun punto del dossier presentato, segno evidente di una aprioristica chiusura ideologica.
Ma quali erano i capisaldi del progetto Olimpiadi a Roma elaborato dal Comitato promotore, che avrebbe dovuto competere con quelli presentati dalle altre città candidate, Los Angeles, Parigi e Budapest?
I punti chiave prevedevano di unire sotto i cinque cerchi olimpici un intero Paese, evitare sprechi di soldi e cubature nella realizzazione degli impianti, il tutto nella logica del risparmio e della totale trasparenza, sotto l’egida dell’Anac e di un Comitato di garanti. La candidatura era, infatti, geograficamente molto composita perché avrebbe interessato non solo la Capitale ma tutta l’Italia, con ben 11 stadi interessati alle gare di calcio olimpico, da Udine a Palermo, Verona, Milano, Genova, Torino, Bologna, Firenze, Napoli, Bari e Roma. Riguardo alle gare di vela, era stata scelta Cagliari; mentre, per i «clusters» della Capitale, cioè i raggruppamenti secondo la terminologia del Cio, il Comitato olimpico internazionale (dalle iniziali del nome originale francese Comité International Olympique) che organizza i Giochi, tre erano i poli sportivi interessati: Foro Italico, Tor Vergata e Fiera di Roma, con il 70 per cento degli impianti già pronti o da riqualificare.
Lo scorso febbraio il Comitato promotore «Roma 2024» aveva presentato i risultati dell’analisi di sostenibilità, convenienza economica ed  impatto che illustrava la portata costi-benefici del progetto a cinque cerchi della candidatura italiana. L’elaborato, realizzato dal Centro di studi economici ed internazionali (Ceis) dell’Università di Roma Tor Vergata, prevedeva un aumento del Pil di 0,4 punti in più (fino al 2,4 percento) che si sarebbe tradotto in una crescita occupazionale di 177 mila nuovi posti di lavoro, di cui 48 mila direttamente collegate ai lavori preparatori dei Giochi.
Al di là delle previsioni e delle proiezioni, quelli del 2024 sarebbero stati i Giochi low cost più bassi della storia, come voluto dalle nuove regole del Cio, in vigore dalle prossime Olimpiadi estive di Tokyo 2020. Per effetto di queste, i costi operativi e di investimento dell’organizzazione di Roma 2024 sarebbero ammontati a 5,3 miliardi di euro, mentre i benefici provenienti da incassi di sponsorizzazioni, merchandising, vendita dei biglietti ed il contributo Cio stimato in oltre 1,7 miliardi di dollari, sarebbero arrivati a 3,2 miliardi, spese di gestione e sicurezza inclusi. Tra l’altro, l’effetto volano sull’occupazione non si sarebbe concluso con la fine del 2024 perché nel decennio successivo alle Olimpiadi - aveva stimato il Ceis - il modello economico utilizzato proiettava un aumento dell’occupazione pari ad altre 90 mila unità di lavoro, dovute all’incremento di efficienza delle infrastrutture e dell’espansione dei servizi e delle attività economiche correlate.
Tutto questo appare oggi come un’irripetibile opportunità cui si è rinunciato senza dettagliate motivazioni da parte della giunta Raggi, il cui no è già costato 12 milioni di euro, che diventeranno 15, tasse incluse, per la liquidazione dei contratti coinvolti nella promozione. Ha affermato laconicamente il sindaco di Roma motivando la rinuncia: «Non c’è alcun tipo di sostenibilità per questi eventi: evidenze storiche ci dimostrano come gli investimenti, che tanto il Cio quanto i governi quanto le città dovevano sostenere per ospitare le Olimpiadi, non erano mai ripagati dai ricavi ne contribuivano ad avere un legato futuro a beneficio della città. Ricordo tante opere incompiute, quelle di Atene, le piste dei Giochi invernali di Bocah Cesana che sono ruderi veri e propri, ma anche le strutture per i mondiali di nuoto a Roma, mai state aperte eppure costruite con impiego di soldi pubblici. La nostra posizione è sempre stata molto chiara. Il 25 giugno 2015 ci fu la presentazione del Cio e della candidatura e noi 4 consiglieri M5S votammo contro».
Ma l’epilogo ufficiale si è avuto quando il presidente del Coni, l’11ottobre scorso, ha annunciato il ritiro della candidatura: «Si è rinunciato ai soldi del Cio e a 177 mila posti di lavoro–ha detto Malagò–questo è da irresponsabili. Ho provato a parlare anche con Beppe Grillo, ma niente. Mi auguro che ci sia una strategia alternativa dell’amministrazione comunale perché, dei soldi del Cio, 100 milioni sarebbero stati destinati agli impianti delle periferie. C’è un tema di educazione–ha poi sottolineato il presidente del Coni–perché non sono mai riuscito a parlare con la sindaca da quando è stata eletta. Se l’avessi incontrata le avrei detto che avrei fatto di tutto per portare i Giochi a Roma e avevo tre nomi per il comitato organizzatore, un vero dream team. Nerio Alessandri presidente, supervisione a Renzo Piano ed Enrico Cataldi, quest’ultimo contattato dall’amministrazione comunale per coprire uno dei tanti ruoli che restano vacanti. E invece il comitato promotore da oggi è ufficialmente in liquidazione. Ma ci rendiamo conto della figuraccia fatta a livello internazionale ?».
Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, sull’argomento lo scorso agosto aveva commentato: «Io credo che ovviamente questi grandi eventi sono sempre a rischio, ma credo anche che mettere in discussione un grande evento perchè c’è il rischio di infiltrazione mafiosa o di presenza della corruzione sia oggettivamente sbagliato. Un Paese deve considerare il rischio che c’è e mettere in campo prima tutti gli strumenti che evitano che questi fenomeni si verifichino».
Da sottolineare, poi, che il progetto di Roma 2024 era stato visto di buon occhio anche dagli ambientalisti: Italia Nostra, Greenpeace, Legambiente, Lipu e Wwf la scorsa estate avevano infatti inviato al Coni e al Comitato promotore per Roma 2024 un documento in cui indicavano una serie di linee guida che avrebbero dovuto ispirare la sfida olimpica della Capitale nel segno del riutilizzo piuttosto che della cementificazione. Ma la novità emersa dal fronte verde era stato l’atteggiamento collaborativo, l’assenza di pregiudizi verso la candidatura, con la richiesta prioritaria del recupero degli impianti esistenti, l’accessibilità a tutte le strutture attraverso il trasporto pubblico su ferro e percorsi ciclabili, la valorizzazione del fiume Tevere e dei beni culturali del territorio romano.
All’indomani dello stop alla candidatura di Roma, il presidente del Consiglio Matteo Renzi ed il n.1 del Coni Giovanni Malagò si sono ritrovati a Palazzo Chigi annunciando lo stanziamento di 100 milioni di euro in un triennio per impianti sportivi in tutto il Paese con il piano «Sport e periferie» che prevede interventi su 183 strutture medio-piccole in 18 regioni, dallo Zen a Scampia, da Lipari a Mirano, ma anche Amatrice e Accumoli, colpite dal terremoto del 24 agosto scorso. «Lo sport è un gran valore per questo Paese–ha sottolineato nell’occasione il premier–e il Governo farà di tutto per sostenerlo con risorse adeguate. Dove c’è una palestra, un campetto, il Paese è più forte e chi tiene in piedi questa baracca sono i volontari che si alzano la mattina per preparare i campi. I 100 milioni sono il minimo di riconoscenza verso quel mondo. Ieri invece hanno fatto festa le periferie di Parigi e Los Angeles, perché abbiamo tarpato i sogni di bambini che avrebbero potuto competere a casa loro», ha concluso il premier accusando di «miopia» chi ha negato la possibilità di una candidatura che «era in vantaggio». 
Come effetto immediato della rinuncia alla candidatura di Roma 2024, un altro sogno sportivo si è infranto, quello della Federazione italiana di Rugby di ospitare il Mondiale del 2023. «La nostra candidatura alla Rugby World Cup 2023–ha dichiarato il presidente della Fir Alfredo Gavazzi–non ha più le condizioni per proseguire perché era strettamente connessa a quella per le Olimpiadi di Roma. Siamo consapevoli di perdere una fantastica opportunità per radicare ancor più i nostri valori ed il nostro sport nel tessuto sociale italiano».
Ma l’eco sfortunata della rinuncia ai Giochi nella Capitale potrebbe non finire qui.   

Tags: Novembre 2016 Roma sport Svalduz

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