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Combattere la crisi: è il lavoro la vera sfida

Luciano Fontana, direttore del Corriere della Sera

Siamo nel bel mezzo di un processo di profondo cambiamento negli assetti economici e sociali. La quarta rivoluzione industriale impone scelte fortemente innovative, che influiscono certo nel grande scenario dell’economia e dei mercati, ma che, al tempo stesso, incidono nel nostro vivere quotidiano, condizionato dal prepotente e veloce irrompere di tecnologie sempre più innovative e sofisticate.
C’è da chiedersi se in questo «bailamme» ci sia spazio all’esperienza delle cooperative, che fin dagli inizi del 1800 hanno costituito un robusto tessuto connettivo intrecciatosi con la traiettoria storica delle vicende economiche e sociali del nostro Paese - ma non solo - fino a configurarsi come un decisivo motore di sviluppo e ad acquisire, nel contesto economico, un suo ruolo originale, rispetto al variegato mondo delle imprese private ed a quelle con una forte impronta pubblica.
Partiamo da un dato: l’esperienza cooperativa nasce allorché le persone decidono di «unirsi» per dare risposta a loro specifici bisogni, consapevoli che da soli non è possibile soddisfarli. Si innesta così il valore dell’autoaiuto, della mutualità, che costituisce il collante della cooperazione, che spinge appunto a costituire una sinergia fra tante debolezze che, convergendo su un obiettivo condiviso, riescono ad attivare un meccanismo virtuoso che consente di perseguirlo.
Interessanti i risultati: l’insieme dell’Alleanza delle cooperative italiane, che è il coordinamento costituito nel 2011 dalle associazioni più rappresentative - Agci (laica), Concooperative (mondo cattolico) e Legacoop (sinistra) - associa oggi 39 mila imprese (il 90 per cento del mondo cooperativo italiano), con 12 milioni di soci, un fatturato di 140 miliardi di euro (l’8 per cento del pil), con oltre 1 milione 200 mila occupati. Ed inoltre: oltre il 52 per cento degli occupati sono donne ed il 22 per cento immigrati.
Una realtà, quindi, economica e sociale di grande rilevanza, confermata dal fatto di rappresentare il 34 per cento della distribuzione e del consumo al dettaglio; 35 miliardi di produzione agro-alimentare ed oltre il 90 per cento della cooperazione impegnata nel welfare con 355 mila persone occupate che erogano servizi socio-sanitari ad una platea di 7 milioni di italiani. Un mondo, quello della cooperazione, che ha saputo reagire meglio ai devastanti effetti della crisi, e che si propone oggi di dare impulso alla creazione di nuove imprese cooperative, quale condizione per ampliare l’occupazione, in primo luogo a favore dei giovani. Oltre che sulle proprie risorse, la cooperazione può anche usufruire dei finanziamenti agevolati previsti dalla legge di Bilancio, in discussione al Senato ed approvata a larghissima maggioranza dalla Camera, a favore di cooperative costituite da lavoratori di aziende in crisi, di cooperative sociali, di quelle che gestiscono aziende confiscate alla criminalità organizzata e per consolidare quelle che operano nelle regioni del Mezzogiorno.
La più importante delle tre associazioni più rappresentative è la Confcooperative: 19 mila le cooperative associate; 3 milioni 300 mila i soci; 528 mila gli occupati ed un fatturato di oltre 66 miliardi di euro. Punti di forza la filiera agro-alimentare e il comparto del credito con la rete delle banche di credito cooperativo.
È stata costituita nel 1919, ma le radici che ne hanno stimolato l’iniziale capillare diffusione nel territorio si intersecano con il «…non possumus» di Pio IX che sollecita i cattolici al non impegno nell’agone politico. Sollecitazione accolta, con un intenso impegno verso il sociale, che troverà poi nell’enciclica di Leone XIII «Rerum Novarum» il faro di riferimento per stimolare tante iniziative per un più pervasivo impegno nello sviluppo delle esperienze cooperative. Tanto che la Confederazione cooperativa italiana assume nel suo statuto del 1919 come linea guida la dottrina sociale della Chiesa, tutt’oggi confermata. Peraltro, i Papi nel loro magistero nel corso dei decenni, e con Papa Francesco in tempi molto più recenti, non hanno mai mancato di rimarcare l’importanza e l’originalità della cooperazione per dare concreta attuazione alla centralità della persona umana nel lavoro, che trova nella mutualità e nel grande valore della solidarietà, un punto alto e forte di riferimento. Ed è lungo questo solco virtuoso che la Confcooperative sviluppa la propria azione, accentuando le sue originali prerogative anche nelle corpose sfide che la lunga crisi attraversa il Paese. Con una grande attenzione rivolta ad una componente che più di altre soffre per i contraccolpi della crisi: i giovani.
Una indagine, condotta in collaborazione col Censis e presentata il 3 novembre scorso, apre uno squarcio davvero interessante su tantissimi giovani che combattono la crisi, offrendo sul mercato servizi avanzati alle imprese: per l’informatica, ma anche per la ristorazione, per l’edilizia, per l’ambiente, per l’agricoltura e per il turismo. Un esercito silenzioso di giovani imprenditori tra i 15 ed i 29 anni, che rientrano nella categoria degli occupati, formati e qualificati, che si contrappongono ai giovani che non lavorano e non studiano. Sono complessivamente 175 mila, con una incidenza di oltre il 40 per cento di giovani che vivono nelle regioni del Mezzogiorno.
A conferma, osserva il direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana, che ha moderato i lavori dell’incontro, che pur se la disoccupazione giovanile in Italia è molto preoccupante, iniziano ad emergere segnali importanti di speranza. Chi è istruito, chi si è ben formato non si rassegna in una condizione di paralizzante attesa. Sono nati digitali ed hanno quindi una propensione a creare imprese, in particolare nei settori innovativi. La radiografia che emerge dall’indagine - sottolinea il presidente della Confcooperative, Maurizio Gardini - ci indica che ci sono germogli di ripresa, da incoraggiare e perseguire. Noi siamo pronti a fare la nostra parte perché queste imprese possano «durare» nel tempo e non si spengano alle prime difficoltà. Occorre, inoltre, dare nuovo ossigeno perchè si ampli la platea di questi nuovi imprenditori, superando gli attuali e persistenti lacci della burocrazia e facilitandone l’accesso al credito.
Anche perché - sottolinea Gardini - di fronte alla grande sfida della disoccupazione sono importanti gli stimoli del Governo ma il lavoro si crea in imprese efficienti e competitive. È necessario sotto questo profilo abbattere i costi delle inefficienze burocratiche, semplificando le procedure, e continuare a ridurre i costi del lavoro, pure attraverso un contenimento significativo della pressione fiscale, anche perché le imprese possano destinare maggiori risorse a favore dei lavoratori per stimolare la domanda interna il cui appiattimento rende molto più difficile l’uscita dalla deflazione che continua a penalizzare l’economia.
Il 2016 si sta per chiudere per la Confcooperative in un clima di «calma piatta». Con un problema che appesantisce il percorso per l’imperversare nel mercato della concorrenza sleale per il dilagare di imprese, anche cooperative, che applicano contratti pirata, agendo in primo luogo sui livelli retributivi, con la sfacciata inosservanza di quanto previsto nei contratti nazionali di lavoro. Una palude da prosciugare attraverso un sistema di controlli più efficaci, sollecitati da una legge di iniziativa popolare, oggi all’esame del Parlamento.
Calma piatta che impone scelte coraggiose per una organica strategia di sviluppo del comparto. La linea che la Confcooperative è precisata dal direttore generale, Fabiola Di Loreto: consolidare la presenza nel territorio per meglio coglierne le esigenze e dare alle stesse le opportune soluzioni. È un impegno che si sta sviluppando anche dentro il processo dell’Alleanza delle cooperative, con una profonda revisione delle articolazioni territoriali, per renderle più efficienti, con un razionale contenimento dei costi, da riversare sul miglioramento della qualità dei servizi a favore delle imprese associate.   

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