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Corte D’Appello di Roma, ecco i risultati raggiunti

Lucio Ghia

Anche quest’anno ha avuto inizio la breve stagione delle inaugurazioni dell’Anno Giudiziario 2017 che vengono celebrate, come ogni anno, nei palazzi giudiziari di tutta Italia, e si sono concluse alla fine dello scorso gennaio. Si succedono, infatti, in tutte le sedi dei distretti giudiziari delle Corti d’Appello; nelle sedi dei TAR (Tribunali Amministrativi Regionali), del Consiglio di Stato, della Corte dei Conti e riguardano anche i Giudici Tributari.
Non tratterò dell’inaugurazione «madre», quella, anche troppo celebrata dalla stampa, della Corte di Cassazione, perché intendo soffermarmi sulle poche buone notizie registrate per l’occasione presso la Corte d’Appello di Roma. A differenza di altri esempi questa volta non hanno tenuto banco solo i numeri del grave debito giudiziario che affligge sia i tribunali, sia le Corti d’Appello, sia la Corte di Cassazione.
La relazione tenuta dal presidente Luciano Panzani ha avuto quest’anno un taglio particolare in quanto, al di là delle cifre che quantificano l’attività svolta, la riduzione dell’arretrato, le nuove cause, etc. sulle quali torneremo in seguito, il filo conduttore del suo discorso inaugurale è stato diretto a sottolineare i punti unificanti delle varie energie che operano sul «campo», in particolare magistrati, avvocati e personale amministrativo. In tal modo, ai moltissimi addetti ai lavori presenti, agli studenti che sedevano tra gli invitati e alla stampa, è stato fornito un quadro positivo dei risultati raggiunti nell’anno e degli obiettivi concreti in via di realizzazione nel corso del 2017, sull’onda di quanto già fatto, ragionando nella prospettiva del «si può fare!».
Questo approccio a differenza di quanto è avvenuto in altri Distretti, ha supportato il suo positivo, pragmatico, forte e chiaro messaggio: i problemi della giustizia si possono risolvere, sia pure gradualmente e senza pretese miracolistiche, solo se si lavora tutti insieme utilizzando al meglio i mezzi che si hanno a disposizione. Per lavorare insieme è necessario però, mettere da parte i risentimenti personali, le rivendicazioni spesso ideologiche, i «bias» socio-psicologici del «non mi compete», ed il «mantra» dell’indipendenza dei magistrati non deve essere utilizzato per non agire ma per rendere più efficiente la macchina giudiziaria.
Tralasciamo i temi che alcuni interventi finali hanno trattato, riguardanti scelte politiche, normative, sindacali, collocandosi sul piano delle riforme nazionali, che restano estranee al perimetro operativo della Corte d’Appello e veniamo alle buone notizie che in questa occasione il presidente Panzani ha partecipato all’uditorio. Esse hanno riguardato:
• la piena collaborazione con il Consiglio dell’Ordine di Roma e i suoi avvocati indispensabili co-protagonisti delle vicende giudiziarie;
• il realizzarsi di nuovi concorsi per magistrati. I vincitori, sia pure nei tempi non brevi per il completamento di un iter complesso, verranno ad attenuare quella crisi degli organici che connota da anni tutte le relazioni tenute in occasione delle inaugurazioni degli anni giudiziari;
• l’inserimento di 1.800 tirocinanti e l’utilizzazione, con risultati positivi, per un anno negli Uffici della Corte d’Appello di Roma, di personale di provenienza regionale, già dipendente delle soppresse provincie; e di altro personale già impiegato presso la Croce Rossa prima della sua privatizzazione. Queste nuove risorse costituiscono significativi contributi al potenziamento strutturale del Distretto;
• l’impiego di risorse finanziarie importanti per investimenti sull’informatica giudiziaria anche nel settore penale;
• e, soprattutto, questa è stata davvero una buona notizia per tutti gli operatori del distretto, il trasferimento dal Demanio Militare al Ministero della Giustizia, della Caserma Manara di 28 mila metri quadrati coperti che sarà adibita a nuova Sede della Corte d’Appello Civile. L’intero contenzioso civile sarà concentrato, quindi, nei tre palazzi di Viale Giulio Cesare, mentre tutto il penale resterà, con maggiori spazi a disposizione, nella cittadella giudiziaria di Piazzale Clodio. Questo importante risultato avrà un benefico effetto sull’efficienza della Corte d’Appello di Roma, infatti ciò significherà maggiori aule a disposizione per celebrare contemporaneamente un maggior numero di udienze e di processi, ed ancora un maggiore numero di uffici a disposizione dei magistrati dovrebbe rendere più celere la stesura di provvedimenti, e di sentenze.
Certamente, come per i concorsi per i magistrati, i tempi di definizione del trasferimento, di realizzazione dei lavori di riadattamento e di consolidamento del fabbricato, che va reso più rispondente alle esigenze giudiziarie, non saranno brevi; ma aver definito la prima e per molti versi più difficile parte di questo percorso, sotto il profilo amministrativo, regolamentare e finanziario, costituisce a pieno titolo, merito del presidente Panzani, il quale ha pubblicamente ringraziato il Ministro Pinotti, il Ministro Orlando, l’Agenzia del Demanio ed il Provveditorato alle OO.PP, per aver consentito di pervenire al risultato attuale.
E continuando con le buone notizie va aggiunto che:
• per la messa in sicurezza, con l’approntamento di difese attive e passive, degli Uffici del Tribunale di Roma e di molti altri tribunali del Distretto (Tivoli, Frosinone, Civitavecchia, Cassino) sono già stati stanziati oltre 20 milioni e si è in attesa del finanziamento di altri progetti già in esame presso i Ministeri competenti. Anche per il Tribunale di Rieti, colpito il 24 agosto 2016 dai gravi eventi sismici ripetutisi purtroppo fino a pochi giorni fà, sono stati previsti importanti lavori di consolidamento e rifacimento ed è stata richiesta la necessaria dotazione di fondi.
Certamente nella Corte D’Appello di Roma, la più grande d’Italia, per numero dei tribunali, dei magistrati e di avvocati che vi lavorano, e del contenzioso pendente, vi è molto da fare per ridurre l’arretrato che si è formato nel tempo. Eccone le cause secondo Panzani: «È mia ferma convinzione che gran parte delle ragioni dell’inefficienza della giustizia italiana discenda dalle difficoltà del giudizio d’appello tanto civile che penale, che rappresenta davvero la palude della giustizia, per entità dell’arretrato e per durata dei procedimenti».
Con la soppressione, ha spiegato Panzani, delle preture e l’introduzione del giudice unico in tribunale, si è avuto un maggior numero di sentenze appellabili, ma il legislatore non aveva previsto che le Corti d’Appello avrebbero ricevuto un incremento verticale di nuovi giudizi e non si preoccupò di adeguare per tempo organici e strutture alle nuove esigenze. Questa situazione di crisi è naturalmente più evidente nelle grandi Corti d’Appello. Infatti le Corti di Napoli, Roma e Bari (3 su 26 totali) rappresentano da sole il 50 per cento circa dell’arretrato totale di 318.435 giudizi pendenti, secondo i dati del Ministero della Giustizia al 30 giugno 2016.
La Corte d’Appello di Roma ha 53.799 giudizi pendenti, la gran parte di questi da più di tre anni, quindi a «rischio Pinto», ovvero espongono lo Stato ad indennizzi, se richiesti dalle parti in giudizio, per la eccessiva durata del processo, ovvero «per equa riparazione». Nei due grandi settori: i giudizi «ordinari» e quelli dell’area «lavoro»: i primi rappresentano il 60 per cento delle pendenze i secondi il 26,7 per cento, per i primi il maggior numero delle cause è antecedente al 2013, mentre per i secondi risale agli anni 2014/15.
Esaminando invece la situazione relativa ai 9 tribunali del Distretto romano, è stato evidenziato un decremento delle cause pendenti che raggiungevano nel biennio 2014/2015 le 352.686 unità, mentre nel biennio 2015/2016 risultano ridotte a 343.298. Questo risultato va ascritto al maggior numero di processi definiti e di sentenze depositate, oltre che alla crisi economica che si fa sentire anche sul fronte delle spese giudiziarie e quindi del ricorso alla giustizia, i cui «contributi unificati» sono stati pesantemente aumentati.
Anche le risposte fornite dalle A.D.R. (acronimo di Alternative Disput Resolutions) influiscono su questi dati che pur restando «pesanti», confermano la sostanziale, costante riduzione del «debito giudiziario» civile nel Distretto romano.
Per quanto attiene al settore penale i procedimenti pendenti sono ben 47 mila, dei quali 22.500 prescritti o in via di prescrizione, «anche se le sezioni penali della Corte, precisa il presidente Panzani, hanno segnato la massima produttività del quadriennio con oltre 10.500 sentenze, delle quali, peraltro, il 38 per cento sono sentenze di prescrizione. Mentre i processi con imputati detenuti hanno una durata media di sei mesi.
A riguardo è stata sottolineata anche la particolare «qualità» di molti processi celebrati nelle aule del Distretto, che per la loro complessità esigono tempi lunghi di istruttoria. Sono stati ricordati i 33 maxi processi iscritti in Corte d’Appello; il processo «Mafia Capitale» estremamente complesso per la tipologia dei delitti che lo connotano: associativi contro la pubblica amministrazione, estorsioni ed altro, con la contestazione in numerosi casi, del metodo mafioso. Per quanto attiene alle misure di prevenzione questo processo riguarda ben 102 società e 239 immobili oltre a moltissimi valori e beni mobili. Anche il procedimento relativo alla Cooperativa Capodarco con oltre 2 mila lavoratori occupati e molti altri, ha comportato una gran mole di attività istruttoria.
Certamente le analisi contenute nella relazione inaugurale sono ricchissime di dati e di raffronti, che qui sono solo accennati e forniti per stimolare qualche spunto di riflessione sulla situazione giudiziaria romana che resta in grave crisi, ma registra timide e percepibili inversioni di tendenza. «È importante–considera a riguardo Panzani–che si stia concretamente operando perché l’udienza sia un luogo in cui il processo si celebra e non si rinvii. Perché ciò diventi realtà e si acceleri la decisione della causa. Magari, aggiungo, utilizzando questa conoscenza anche per guidare le parti a definire il contenzioso transattivamente all’inizio del giudizio».
Mentre per il processo penale con i suoi 90 mila processi pendenti, dei quali il 60 per cento a rischio prescrizione, l’indicazione data dal presidente è in linea con la sua pragmaticità. Evitando i rinvii dei processi per la «mancata notifica» all’imputato, e sono molti; sancendo l’obbligo della sola notifica al difensore, poichè tutti gli avvocati devono, oggi, essere dotati di un indirizzo PEC di posta elettronica (posta elettronica certificata), e quindi così ridurre i tempi di conclusione dei processi ed i rischi di «prescrizione», ed ancora dando la precedenza alla trattazione dei processi di primo grado, «partendo dai procedimenti più recenti, fermi restando i criteri di priorità stabiliti dalle norme di legge, onde evitare di costruire sulle sabbie mobili della prescrizione». Lo stesso dovrà avvenire presso la Corte di Appello privilegiando i «procedimenti che hanno chances di essere definiti e tra questi quelli che destano maggiore allarme sociale».
«Da molti anni–ha concluso Panzani, Roma non è più il porto delle nebbie, come venne battezzata in un periodo oscuro della nostra storia. Deve intendersi il luogo in cui l’amministrazione della giustizia rappresenta una risorsa e non un problema». Con questo augurio al quale chi scrive e Specchio Economico si associano, sentitamente, ha avuto inizio presso la Corte d’Appello di Roma il 28 gennaio scorso, l’anno giudiziario 2017, il 147° dalla sua istituzione.  

Tags: Marzo 2017 Lucio Ghia avvocatura giustizia

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