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CONTRO I NUOVI DEBITI PIÙ SOVRANITÀ ALL’EUROPA, MENO POTERI ALLE REGIONI

di MARCELLO CLARICH ordinario di diritto amministrativo alla luiss-guido carli di roma

Il 2013 si apre con una cessione di sovranità a favore dell’Unione europea che, al di là dell’esito delle elezioni politiche, ci costringerà a essere virtuosi. Proprio alla vigilia dello scioglimento delle Camere, il Parlamento ha infatti approvato in via definitiva la legge che attua il Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell’Unione economica e monetaria sottoscritto dai Paesi dell’area euro il 2 marzo 2012, cosiddetto Fiscal Compact. Per salvare la moneta unica ed evitare la fuoriuscita di Paesi come la Grecia, la Spagna e l’Italia, 25 Stati europei, incalzati dalla pressione dei mercati finanziari, hanno accettato così di sottoporsi a una disciplina rigorosa in materia di finanza pubblica. In primo luogo il Trattato richiede l’introduzione, di preferenza a livello di Costituzione, del vincolo di pareggio di bilancio. Il Trattato impone anche altri obblighi. Infatti, gli Stati firmatari dovranno attivare meccanismi automatici di correzione nel caso di deviazioni significative dagli obiettivi di medio termine concordati a livello europeo. In caso di superamento del rapporto tra il debito pubblico e il prodotto interno lordo del 60 per cento, scatterà l’obbligo di ridurre il disavanzo a un ritmo medio di un ventesimo all’anno. Gli Stati dovranno comunicare al Consiglio dell’Unione europea e alla Commissione europea i piani di emissione del debito pubblico, e sostenere le proposte o le raccomandazioni della Commissione europea nel caso in cui questa ritenga che uno Stato membro abbia violato il criterio del disavanzo. Dovranno istituire un organismo indipendente di sorveglianza, responsabile a livello nazionale del rispetto dei vincoli comunitari. Il Trattato concede agli Stati membri alcuni margini di flessibilità in presenza di circostanze eccezionali. Prevede che, nel caso in cui uno Stato si trovi in una situazione di disavanzo eccessivo, esso debba predisporre un programma di partenariato economico e di bilancio, con una descrizione dettagliata delle riforme strutturali da definire e attuare per una correzione effettiva e duratura del disavanzo. Il programma in questione è approvato dal Consiglio dell’Unione europea e dalla Commissione europea, ed è assoggettato a un monitoraggio nella fase attuativa. In caso di non ottemperanza agli impegni da parte di uno Stato, gli altri Stati possono adire la Corte di giustizia che emana una sentenza vincolante. Ove quest’ultima resta inattuata, la Corte, adita da parte di uno Stato membro, può comminare sanzioni finanziarie a titolo di penalità fino allo 0,1 per cento del prodotto interno lordo. In definitiva, la libertà di azione degli Stati membri è sempre più limitata e il controllo reciproco tra Stati, con arbitro ultimo la Corte di Giustizia, rafforza quello della Commissione europea. L’Italia si è adeguata al Trattato modificando anzitutto la Costituzione. La legge costituzionale 20 aprile 2012 numero 1, che condizionerà già la manovra finanziaria del 2013, ha riscritto l’articolo 81 della Costituzione che già disciplinava il bilancio dello Stato e imponeva l’obbligo di copertura finanziaria delle leggi di spesa. Ha anche integrato l’articolo 97 della Costituzione con una norma secondo la quale le Pubbliche Amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea, «assicurano l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico». La legge costituzionale ha messo il giogo anche alle Regioni, Province e Comuni. Oltre ad assicurare l’equilibrio dei rispettivi bilanci, esse «concorrono ad assicurare l’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea». Gli enti territoriali possono ricorrere all’indebitamento per finanziare spese di investimento, ma solo «con la contestuale definizione di piani di ammortamento e a condizione che per il complesso degli Enti di ciascuna Regione sia rispettato l’equilibrio di bilancio». La legge costituzionale ripristina inoltre la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di «armonizzazione dei bilanci pubblici», in precedenza rientrante nella competenza legislativa concorrente dello Stato e delle Regioni. Insomma, il sistema dei vincoli europei si propaga dallo Stato, che è il responsabile ultimo degli equilibri di finanza pubblica nei confronti dell’Europa, via via alle Regioni, alle Province, ai Comuni. In attuazione della legge costituzionale, come già ricordato, il Parlamento ha approvato una legge quadro di contabilità volta a stabilire i criteri per assicurare l’equilibrio tra le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle Pubbliche Amministrazioni. La legge contiene molte novità: verifiche preventive e consuntive sugli andamenti di finanza pubblica; accertamento delle cause degli scostamenti rispetto alle previsioni e limiti massimi dei medesimi; definizione più precisa delle gravi recessioni economiche, delle crisi finanziarie e delle gravi calamità che consentono il ricorso all’indebitamento; istituzione presso le Camere di un organismo indipendente con funzioni di analisi e di verifica dell’andamento finanziario; facoltà e limiti entro i quali le Regioni, le Province e i Comuni possono ricorrere all’indebitamento e sono obbligati a concorrere alla sostenibilità del debito del complesso delle Pubbliche Amministrazioni; le modalità attraverso le quali lo Stato, anche nelle fasi avverse del ciclo economico, concorre al finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali. Al di là dei molti tecnicismi, all’esito di tutto questo processo riformatore il Governo italiano, a prescindere da ogni colore e inclinazione politica, ha ormai spazi di manovra molto limitati. E ciò in considerazione di due fattori: la pressione fiscale ha ormai raggiunto livelli fin troppo elevati; l’equilibrio di bilancio può essere garantito soprattutto con tagli alla spesa pubblica. Non solo. Ma tutto va negoziato a livello europeo, già a partire dalle prossime settimane. Infatti, gran parte della manovra di bilancio per il prossimo anno che verrà concepita con il Documento di economia e finanza, il DEF, che il Governo dovrà presentare alle Camere entro il 10 aprile di ogni anno, andrà discussa in quella sede. Ciò vale per due sezioni del DEF. La prima riguarda lo schema del Programma di stabilità, che contiene le informazioni richieste dalla normativa dell’Unione europea in attuazione del patto di stabilità e crescita, in particolare con riferimento agli obiettivi da conseguire per la riduzione del debito pubblico e che indica gli obiettivi programmatici di politica economica e il quadro delle previsioni di finanza pubblica per almeno il triennio successivo. La seconda sezione si riferisce allo schema del Programma nazionale di riforma, anch’esso contenente le informazioni richieste dalla normativa europea, in particolare riguardanti lo stato di avanzamento delle riforme avviate con priorità, tempistiche ecc., i fattori macroeconomici nazionali che incidono sulla competitività, i prevedibili effetti delle riforme in termini di crescita dell’economia, di rafforzamento della competitività del sistema economico e di aumento dell’occupazione. Entrambi gli schemi dovranno essere presentati al Consiglio dell’Unione europea e alla Commissione europea nell’ambito del cosiddetto semestre europeo, cioè il periodo iniziale di ciascun anno nel quale avviene un confronto e un coordinamento ex ante a livello europeo relativo alle politiche economiche e alla programmazione economico-finanziaria che si traduce anche in linee guida di politica economica e di bilancio elaborate dal Consiglio europeo, delle quali devono tener conto i Governi e i Parlamenti nazionali. In definitiva, come accadde a Ulisse che si fece legare all’albero della nave per non cedere alle tentazioni delle sirene, la legislatura ora chiusa ha posto sotto la tutela dell’Europa la nostra politica finanziaria e di bilancio. Di tutto questo si è parlato poco durante l’attuale campagna elettorale. E sarà certo difficile per qualsiasi Governo sottrarsi a questo patto di sangue con gli altri Stati dell’area euro, ed è illusorio immaginare di poter rinegoziare prossimamente i contenuti del Fiscal Compact. Semmai, è all’orizzonte un’ulteriore cessione di sovranità, ormai concordata a livello europeo, e costituita dalla creazione della cosiddetta Unione bancaria che attribuirà alla Banca Centrale Europea la vigilanza sulle maggiori banche italiane. Ma questo è un altro argomento, anch’esso potenzialmente dirompente, che pone ancor più in primo piano la questione del deficit di democraticità delle istituzioni comunitarie. 

Tags: Febbraio 2013 Marcello Clarich

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