MOBILE SEMPRE PIÙ RILEVANTE IN ITALIA: 45 LE ORE MENSILI CONNESSI DA SMARTPHONE. MOBILE ADVERTISING IN CRESCITA
Interessanti i dati diffusi dall’osservatorio mobile b2c strategy della School of Management del Politecnico di Milano, che studia le innovazioni tecnologiche e di business abilitate dalla diffusione degli smartphone e l’impatto che producono sul processo di relazione tra azienda e consumatore. Il mobile sta diventando un canale di vendita diretto assai rilevante in Italia, nel 2017 quanto un quarto degli acquisti eCommerce complessivi, oltre che cruciale anche nelle decisioni di acquisto che si concretizzano poi da pc o fisicamente.
La navigazione si sposta sempre più su mobile: secondo l’osservatorio, gli italiani che accedono mensilmente a internet da mobile (smartphone e tablet) sono 31,1 milioni: di questi, il 37% utilizza solo dispositivi mobili (più di chi usa solo il pc) (secondo la misurazione comScore di dicembre 2017, utenti 18+). Tale percentuale aumenta fino al 61% se si guarda il giorno medio (Audiweb, novembre 2017, utenti 18-74 anni). Sono quindi oltre 11 milioni gli italiani che accedono a internet esclusivamente da mobile; la restante parte usa anche il desktop. Lo scorso anno, a marzo, si è registrato lo storico superamento del numero di utenti che navigano solo da device mobili rispetto a quelli solo dal pc, tuttavia a concentrare gran parte dell’attività online da smartphone è un numero limitato di applicazioni essenzialmente di proprietà di Google e Facebook.
Il tempo medio trascorso a navigare da mobile rappresenta il 64% del totale speso online ed è pari circa a 45 ore al mese delle quali l’88% è consumato all’interno di un’app (comScore, dicembre 2017).
Proprio per effetto di questi numeri sulla diffusione e sull’utilizzo dello smartphone il mobile è diventato un canale molto rilevante e il mercato del mobile advertising cresce del +49%, superando nel 2017 il miliardo di euro: aumenta quindi l’utilizzo di questo touchpoint da parte delle imprese lungo tutte le fasi del processo di relazione con il consumatore (pubblicità, promozione, vendita, pagamento, servizi di pre e post-vendita). Rappresentando così il 40% del mercato digitale e il 14% del totale mezzi, si riduce la differenza tra la spesa delle aziende su questo canale e il tempo di navigazione degli utenti, che supera il 60%. Secondo Marta Valsecchi, direttrice dell’osservatorio, l’incremento degli investimenti deriva in particolare dal maggiore impatto del mobile all’interno di campagne digital multipiattaforma, sia per lo spostamento di audience su questo canale che per la scelta degli editori di declinare su mobile alcuni formati tipici del desktop e di migliorare le modalità di misurazione delle visualizzazioni, oltre a offrire pacchetti di total digital audience. Per quanto riguarda gli investitori, la pianificazione cross-canale è più semplice e scalabile, sia in diretta sia nel programmatic adv. Si registra comunque una crescita, anche se contenuta, degli investimenti ad hoc sul canale: in particolare in-app, sfruttando i dati di targeting specifici, sviluppando creatività ad hoc e puntando a obiettivi peculiari del mezzo come il drive to store o l’app download.
A livello di formati, con il 43% del mercato, dominante è il display advertising (video esclusi); trend interessante al suo interno è quello dei formati native, piccolo ma in crescita per capacità di “superare” gli adblocker, potenzialità in termini di minor invasività e maggior engagement e performance in linea o superiori rispetto a quelle ottenute su desktop. Seguono il video advertising, che anche quest’anno cresce maggiormente (+126%) e arriva al 33% del mercato, e la search (+16%, il 20% del totale). Anche se marginali sul totale (3%), crescono gli investimenti in classified ossia su portali di compravendita (+78%); in calo l’sms advertising (-17%), principalmente per la sospensione di questo servizio nel 2017 da parte di una delle principali telco.
L’interesse verso i dati mobile da parte degli investitori è in crescita, in linea con il data driven advertising e parallelamente aumenta l’offerta di nuove tipologie di dati per merito anche dell’ingresso di nuovi player sul mercato, conclude Marta Valsecchi aggiungendo inoltre che, in ambito misurazione, bisognerebbe riuscire ad attribuire il giusto ruolo al mobile anche quando le conversioni avvengono altrove, per una stima dell’impatto delle campagne digitali sul punto vendita fisico e per avere standard e metriche definite di valutazione degli investimenti fatti.
Per quanto riguarda il mobile browsing, se si considerano siti e app delle 74 più importanti aziende appartenenti ai primi 65 gruppi aziendali per fatturato a livello italiano per 13 settori merceologici (assicurativo, automotive, bancario, food and beverage, retail abbigliamento e accessori, retail editoria, retail elettronica, retail fai da te e arredamento, retail gdo, retail lusso abbigliamento e accessori, telco, trasporti, utility), emerge che il 68% ha un sito responsive, il 15% uno mobile, il 13% adaptive e solo il 4% uno non ottimizzato. Ciò si riscontra anche nella riduzione del numero di mobile surfer che dichiarano di aver abbandonato un sito non sufficientemente veloce o usabile: 46% contro il 57% dell’anno precedente. Tre su quattro mobile surfer utilizzano lo smartphone lungo il processo d’acquisto e il 42% lo usa anche per fare acquisti.
Analytics: circa due aziende su tre tra quelle intervistate già li utilizza per adeguare i contenuti del sito e migliorare la customer experience, ma ancora pochi in tempo reale attraverso suite dinamiche.
Guardando sempre alle principali aziende per fatturato sopra citate, un dato che colpisce è il numero medio di app pubblicate sugli store da ciascuna azienda: circa 5, un terzo delle quali non aggiornate. Il rating medio è discreto, pari a 3,35: in leggero aumento se si considerano quelle principali e maggiormente aggiornate. Chi ha sviluppato le app lo ha fatto mirando a clienti già conosciuti: il 93% di quelle analizzate dà infatti la possibilità all’utente di accedere a un’area personale tramite login, anche se in più della metà di queste è possibile fruire di alcuni servizi o contenuti anche senza registrazione. Circa il 50% replica in toto (7%) o in parte (40%) il sito, oltre un quarto aggiunge funzionalità o servizi specifici, grazie alle peculiarità del mobile (es. geolocalizzazione e fotocamera) ed infine il 25% offre un servizio totalmente diverso. Ancora poche app danno la possibilità di personalizzare l’homepage e meno della metà sfrutta le notifiche push, la gran parte delle quali viene inviata in maniera non personalizzata. Su quest’ultimo punto, lato mobile surfer, emerge che solo il 43% generalmente dà il consenso alla ricezione di notifiche push, soprattutto quando ha capito a cosa servono.
Un trend interessante riguarda le soluzioni di biometria a supporto dei pagamenti e dell’autenticazione degli utenti nell’accesso ai servizi: a livello italiano, gli smartphone dotati di questa tecnologia sono il 46% del totale (comScore di dicembre 2017, utenti 18+) e circa un mobile surfer su tre di quelli con uno smartphone abilitato utilizza già queste soluzioni sempre o spesso mentre un ulteriore 20% solo qualche volta. Tra le aziende top italiane, diverse hanno introdotto tale funzionalità nelle proprie applicazioni, in particolare nel finance, dove circa il 60% delle app censite dà la possibilità di autenticarsi attraverso biometria.
In Italia, il 63% dei mobile surfer vorrebbe poter digitalizzare in un’unica app i contenuti del proprio borsellino (carte di pagamento, carte fedeltà, buoni sconto, biglietti o abbonamenti dei servizi di trasporto/parcheggio o di eventi, badge aziendale, buoni pasto, ecc.). In particolare sono le carte fedeltà l’elemento che maggiormente gli utenti vorrebbero sul proprio smartphone, seguite dalle carte di pagamento e dai buoni sconto. Focalizzandosi sulle carte fedeltà, emerge che il 35% le ha già dematerializzate almeno in parte; di questi, il 10% tutte quelle che ha. Nella maggior parte dei casi (63% di chi le ha dematerializzate) il repository è un’applicazione aggregatore (o mobile wallet).
I volumi di sms bulk, ossia sms per l’invio di comunicazioni, promozioni e messaggi di servizio (anche transazionali) sono in decisa crescita anche nel 2017: +19% rispetto al 2016. Complessivamente si tratta di 4,1 miliardi di messaggi. L’sms, infatti, rimane un canale di comunicazione che consente di raggiungere chiunque (anche chi non ha uno smartphone), ma soprattutto, essendo a pagamento, viene utilizzato con maggiore attenzione e minore pressione da parte dei brand. Questo consente a svariate aziende intervistate di registrare performance importanti, superiori anche ad altri canali. Il 64% dei mobile surfer, inoltre, riceve sms dai brand di cui è cliente spesso o qualche volta e la maggior parte di essi non li considera uno strumento fastidioso (solo uno su cinque non li gradisce). Quest’ultima percentuale cambia però notevolmente se il mittente del messaggio non è un’azienda di cui l’utente è cliente e da cui ha scelto di ricevere messaggi.
I mobile surfer si sono invece dimostrati freddi sul rapporto con i chatbot e sulla possibilità di comunicare con i brand tramite servizi di instant messaging: solo uno su tre prenderebbe in considerazione l’ipotesi di dialogare con un brand attraverso un bot invece che con un umano e solo il 31% si dichiara interessato a usare le chat per interagire con i brand.
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