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INVEST IN TUSCANY, GIABBANI: LA TOSCANA OFFRE UN AMBIENTE OTTIMALE PER GLI INVESTIMENTI ESTERI (ANCHE IN ICT)

Filippo Giabbani Toscana-Invest in Tuscany

Reportage Toscana agribusiness 

È al centro dell’Italia ma anche dell’Europa, ed è conosciuta in tutto il mondo per moda, nautica e Made in Italy, manifattura e agricoltura, turismo e ovviamente lifestyle. Ha raggiunto nel corso degli anni un posizionamento molto elevato, e ora la Toscana invita gli investitori esteri a considerarla una fucina di nuove opportunità anche in altri settori meno tradizionali.

Grazie a diverse caratteristiche, la Toscana offre un ecosistema “investment friendly” per le aziende che volessero lanciare un business o aprire una sede in questa meravigliosa regione, in tutto il mondo conosciuta per la sua bellezza e qualità della vita. Quello che è meno noto è che in Toscana si può trovare un’economia dinamica, con un pil elevato e una tradizione profondamente radicata nei settori della produzione, design e marketing del Made in Italy, specialmente nell’ambito fashion e yacht building, con aziende quali Gucci, Ferragamo, Prada, Celine, Dior, Perini Navi, Azimut Benetti, Codecasa, Sanlorenzo; un coacervo di talenti soprattutto per quanto riguarda la ricerca scientifica, le life sciences, il settore smart industry con robotica, automazione e meccanotronica; un’apertura nei confronti degli affari che si traduce in norme a supporto degli investitori; infine, grazie alla sua posizione, facile accesso a un’ampia fetta di mercato e itinerari di turismo anche di olio e vino.

Filippo Giabbani, responsabile delle politiche ed iniziative regionali per l’attrazione degli investimenti, settore noto all’estero come Invest in Tuscany e voluto nel 2010 dal presidente Enrico Rossi ispirato da un analogo ufficio durante una visita ufficiale negli Stati Uniti, racconta l’utilità di questa direzione specializzata nel supporto di nuovi investitori e nell’assistenza a quelli già insediati, avvalendosi di un network di partner pubblici prima, durante e dopo lo stabilirsi delle aziende, per comprendere l’economia locale e accelerare i tempi della burocrazia. Nel 2018-19 sono stati 50 i progetti di cui ci si è occupati. Secondo i dati FDI Markets del Financial Times, riferiti solo a imprese a controllo estero, nel quinquennio 2014-2018 la Toscana è la terza regione per investimenti diretti esteri (fdi), dopo Lombardia e Lazio. Ad oggi, sono 714 le società appartenenti a 509 gruppi il cui 59% è a controllo europeo, 17% America settentrionale, 9% Asia orientale. Di queste il 29% appartiene al manifatturiero e il 20% al commercio all’ingrosso. È la Francia il primo investitore, con 120 imprese; seguono Usa (115) e Germania (80). In totale il fatturato è di 25 miliardi di euro, di cui 9 miliardi generati dalle aziende americane. L’agribusiness è il settore che più contribuisce a una fiorente economia, con un fatturato di 11,3 miliardi di euro (il 3,5% dei 340 miliardi dell’agribusiness italiano), 28.900 aziende e 56.000 lavoratori. Nello specifico, il fatturato agribusiness è determinato proprio dall’agricoltura per il 55%; seguono poi le industrie del food (33%) e di vino e bevande (12%). Tra i casi di successo nell'agricoltura, Invest in Tuscany menziona i vini dei toscani marchesi Antinori e dei marchesi Frescobaldi e tra le acquisizioni estere quelle degli americani McCornick che hanno acquistato Enrico Giotti spa e Drogheria & Alimentare e il gruppo cinese Bright Food che ha acquisito la maggioranza dei produttori di olio (Sagra e Filippo Berio).

“La Toscana presenta già da tempo un forte posizionamento anche sul piano degli investimenti, forse però sottodimensionati quelli esteri. Tra i settori che più hanno potenzialità c’è l’agribusiness, soprattutto in questo periodo post Covid-19: si presta più attenzione ai valori che già contraddistinguono la Toscana, che sono la sostenibilità e la salubrità”. Sono infatti 31 i prodotti agroalimentari con denominazione di origine dop e igp registrati, 58 le produzioni di vino certificate (41 doc, 11 docg, 6 igt), centomila gli ettari dedicati al biologico. Numeri grazie ai quali la Toscana fornisce il 10,4% della produzione certificata italiana; più in generale la quota sull’export agrifood italiano è del 6,1%. Molte ancora le nicchie da sviluppare. “Di fatto essere concentrati su quelli che sono cibi salutari e lasciare sullo sfondo le produzioni più industrializzate sono elementi che si sposano bene con la mentalità del periodo”, continua Giabbani. Le coltivazioni biologiche in Toscana si estendono su 138.000 ettari, praticamente una coltivazione su tre, con una percentuale di produttori del 6,7% più alta della media nazionale che è del 4,4%. 

”L’altro settore è l’ICT, l’information & communication technology, che ad oggi esprime delle grandissime competenze e potenzialità dal punto di vista della ricerca in Toscana: una realtà acclarata dal punto di vista della ricerca in virtù delle 3 università di Firenze, Pisa e Siena; dei 5 istituti di istruzione superiore (Alta Formazione Sant’Anna e Normale a Pisa, Alti Studi IMT a Lucca); dei 17 istituti del CNR. Ad oggi però l’ICT potrebbe essere in grado di attirare maggiori investimenti, principalmente per due motivi. Innanzitutto perché per una azienda che si insedia vi è la possibilità di collaborare direttamente con queste eccellenze e in secondo luogo poiché suddetti centri di istruzione ‘producono’ fior di studenti, pertanto le aziende potrebbero avvalersi di un ampio bacino di talenti che altrimenti rischiano di allontanarsi, diretti in altre aree dove vi è maggiore opportunità di lavoro. Un’azienda che si insediasse a Pisa troverebbe inoltre una buona organizzazione dal punto di vista infrastrutturale, per via dell’aeroporto e dell’autostrada tirrenica, che è un collegamento con Firenze. Ecco, è una realtà che oggi forse ha attratto meno investimenti di quelli che potrebbe dal punto di vista delle sue potenzialità; oltretutto c’è anche una lunghissima tradizione, se pensiamo che proprio a Pisa è stata costruita la CEP-calcolatrice elettronica pisana, primo calcolatore italiano. Tradizione, competenza, talenti, una buona dotazione infrastrutturale: ci sono tutti gli ingredienti per essere maggiormente attrattivi in questo ambito”.

 

(dati estrapolati da una ricerca KPMG per Invest in Tuscany)

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