GIOVANI: IL CORAGGIO DI FARE COOP SUI TERRENI SOTTRATTI ALLA MAFIA
di IVANO BARBERINI
presidente dell’Alleanza
Cooperativa Internazionale
e dell’Archivio Disarmo
I giovani stanno male. I sintomi del malessere sono evidenti e riempiono la cronaca con fatti che scuotono l’opinione pubblica senza tuttavia che ci si interroghi seriamente sui perché e sui percorsi da intraprendere per migliorare la situazione. Il disagio dei giovani, scrive il filosofo Umberto Galimberti, è molto grave e preoccupante. L’artefice principale è «l’ospite inquietante» di cui già parlava Nietzsche oltre 100 anni fa: il nichilismo, la mancanza di un fine, di risposte ai perché, la perdita di valore dei valori supremi. I giovani di cui parlano i media sono psico-apatici, non provano sentimenti per gli atti che compiono.
Sono atteggiamenti estremi che ne denunciano la fragilità emotiva, l’estraneità al mondo in cui vivono e la mancanza di un orizzonte. Il futuro non è vissuto come una promessa ma come una minaccia. Del passato i giovani non hanno memoria. Il presente rappresenta l’unica dimensione nella quale ottenere ogni cosa possibile. A ciò si aggiungono il precariato, la mancanza di autosufficienza economica o il piegarsi a umilianti condizioni per ottenere un lavoro. La paura di un simile futuro prolunga la fase dello studio, mentre il vero processo formativo si fonda sul sapere non separato dal fare. In sostanza la società moderna riserva ai giovani uno spazio di inutilità.
In una situazione di questo tipo difficilmente matura l’esperienza dell’autonomia. Questa stato di cose rispecchia, per molti versi, un malessere più vasto che coinvolge l’intera società alle prese con le incognite e le paure provocate da cambiamenti troppo rapidi e profondi per essere assimilati e gestiti tempestivamente. Competizione globale, flussi migratori, omologazione culturale trainata dalla globalizzazione cambiano le basi della società, portano al collasso della solidarietà rompendo i vincoli che costituiscono la base del benessere sociale.
Il sistema di relazioni si indebolisce drammaticamente, insieme al concetto di «bene comune»; la voglia di comunità si traduce nella costruzione di fortini chiusi, di difesa dal diverso. Paure e sofferenze sono vissute in solitudine. La scuola vive nell’incertezza del proprio ruolo e non riesce a svolgere un’opera educativa, la famiglia non rappresenta più un punto di riferimento per i giovani. Le patologie - droga, eccesso o rifiuto di cibo - rivelano disagio e bisogno di socialità e di rimozione del malessere psichico anche rifugiandosi nelle medicine.
La società sta male, sostiene il sociologo Ilvo Diamanti, perché non sa proporre modelli di autorità, non sa a quali valori affidarsi, non investe nel futuro. Si vive in un’epoca che annulla artificiosamente le differenze tra giovani e anziani con una sorta di rimozione del passare del tempo e di condanna all’eterna giovinezza: atteggiamenti singolari per una società che ha il primato dell’invecchiamento, con una conseguenza grave: il disinteresse ad investire sui giovani. Tuttavia il quadro non ha solo ombre. Vi sono esempi positivi, capaci di produrre fatti innovativi nelle culture e realtà sociali ed economiche, che ravvivano la speranza in un futuro migliore.
È il caso delle cooperative sociali di Libera Terra, costituite per gestire le terre confiscaste alle mafie, quattro in Sicilia e, più recentemente, una in Calabria e una in Puglia. La lavorazione dei terreni consente di produrre e vendere alimenti biologici di qualità come pasta, farina, olio, vino, passata di pomodori, marmellata, legumi e altri prodotti. Una cooperativa si fonda sul concetto di libertà economica e di solidarietà. La diffusione di una cultura fondata sulla legalità e sull’impresa associata può rappresentare un’efficace contrapposizione alla cultura della violenza, del privilegio e del ricatto che contraddistingue i fenomeni mafiosi del nostro Paese. La creazione di cooperative in quei territori dimostra che è possibile ricostruire una realtà sociale ed economica fondata sulla pratica della cittadinanza attiva e dell’imprenditorialità coniugata con la partecipazione.
Essere liberi di trovare un lavoro in base alle proprie capacità, senza essere costretti a chiedere favori a politici e mafiosi assume anche un alto significato simbolico. La costituzione di queste cooperative non è stata certo facile. Ricorda Gianluca Faraone, presidente della Coop Placido Rizzotto, che al momento della nascita arrivarono 120 domande per 15 posti di lavoro; la metà di esse proveniva dal territorio di insediamento cooperativo.
In quel tempo la forma cooperativa non era ben conosciuta. Oggi, grazie anche a quell’esperienza, la situazione è considerevolmente migliorata. Nella recente costituzione della Coop Pio La Torre le domande sono state inviate da oltre 300 ragazzi, l’80 per cento dei quali provenienti dall’area di Corleone, distante 8 chilometri dall’agriturismo gestito dalla cooperativa. I giovani che hanno dato vita a questa erano disoccupati, privi di mezzi finanziari. Si sono rivolti alle banche per finanziare gli investimenti con scarsi risultati, perché essendo di proprietà dello Stato, i terreni assegnati non garantivano gli eventuali prestiti.
Anche per questo il sostegno del movimento cooperativo e di altre organizzazioni è stato ed è importante. La Legacoop e la C.N.A. hanno costituito un Consorzio Fidi insieme alla Coopfond, all’Unipol e alla Banca Etica per favorire l’accesso al credito. La costituzione dell’agenzia «Cooperare con Libera Terra», promossa da Conapi, Don Ciotti, Legacoop di Bologna, Coop Italia, Coopfond e Unipol, ha lo scopo di favorirne lo sviluppo. L’anno scorso, i prodotti venduti a Coop Italia sono stati pari a 1.200.000 euro. La Coop Adriatica è socio sovventore della Placido Rizzotto e acquista circa il 40 per cento della produzione complessiva.
Anche le istituzioni valutano con serietà i progetti presentati dalla cooperativa. Tuttavia la lentezza amministrativa rimane un problema grave. Dal momento del sequestro dei terreni alla loro assegnazione passano fino a 12 anni. Oltre al senso di abbandono che trasmette, questo lungo periodo è causa di ingenti costi, quali quelli per il reimpianto dei vigneti abbandonati. I giovani che hanno dato vita a quelle cooperative dimostrano spirito di sacrificio, talento, impegno, coraggio e determinazione. In vari casi i soci hanno lavorato per mesi senza stipendio, destinando interamente i guadagni agli investimenti in macchine e terreni. Le sfide da affrontare ora sono tante e difficili. Tutte richiedono coraggio.
La cooperativa è una impresa e come tale deve affrontare le sfide dell’efficienza e del cambiamento. Il coraggio non è assenza di paura, ma agire nonostante la paura. L’agriturismo della Coop Pio la Torre sorge nei casolari che furono di Totò Riina, dista 8 chilometri da Corleone e 8 dal primo posto di polizia: una situazione da brivido per quei ragazzi che osano sfidare il potere mafioso. La condivisione tra loro anche della paura infonde coraggio e volontà di andare avanti. Simbolicamente quelle cooperative dimostrano che è possibile attivare energie sane e fresche anche in aree molto difficili. Basta volerlo e adottare politiche e iniziative appropriate.
Tags: agricoltura scuola famiglie giovani imprese aziende agricole artigianato contrasto alla mafia imprenditoria agricoltura sociale cooperazione Sicilia Giugno 2008