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SALCIS: DALLA TOSCANA LE DOP CINTA SENESE, PECORINO E PROSCIUTTO

Prima tappa del tour enogastronomico in occasione della seconda edizione di BuyFood Toscana è un’azienda che a ragione può definirsi storica, originandosi dall’attività di Armando Morbidi, norcino; dagli anni Venti del secolo scorso ora come allora la Salcis produce salumi (e non solo), attività che ancora resta immutata se non per le ovvie innovazioni.

Ci accoglie Antonio Morbidi, nipote del fondatore Armando, e racconta quello che ormai è storia: Salcis sta per Società Anonima Lavorazione Carni Insaccate Siena, nata nel 1941 in quanto a causa del contingentamento ai norcini senesi fu richiesto di unirsi per mettere insieme ognuno i propri maiali, preziosissimi all’epoca. Alla Salcis aderì quindi anche il nonno di Antonio, proprietario dal 1925 del negozio ancora esistente in via Banchi di Sopra. Poi, in seguito alle migrazioni pastorali sarde degli anni Sessanta, l’attività venne estesa alla produzione di formaggi, e infine negli anni Ottanta la famiglia Morbidi acquisì l’intera proprietà dai pochi fondatori rimasti non più interessati al business.

Questo il passato; attualmente la Salcis produce salumi e formaggi di vario tipo e genere senza tralasciare prodotti di nicchia quali il buristo, un insaccato tipico toscano costituito da cotenna, parti della testa, sangue del maiale insaccati nello stomaco... ma si sa, del maiale non si butta via nulla. Il fiore all'occhiello della produzione però sono, com’è facile immaginare, i prodotti dop e igp: il prosciutto toscano dop, il pecorino toscano dop, la cinta senese dop, la finocchiona igp.

La storia del prosciutto toscano dop ha origini lontane ma è sotto i Medici che la produzione viene regolamentata con norme ancora oggi osservate su cui vigilavano gli “ufficiali di grascia”, preposti al controllo del mercato alimentare cittadino intervenendo su qualità della merce, prezzi e tutte le attività collegate, persino la costruzione e manutenzione di ponti e strade per facilitarne il trasporto (l’export era già presente). Tra le corporazioni di arti e mestieri in Toscana, della conservazione delle carni suine si occupava l’arte dei beccai, i quali tenevano quadernucci che fungevano da registro; detti “quadernucci della grascia” si sono rivelati utili per provare il legame storico del prodotto con il territorio quando è stata richiesta la denominazione di origine protetta.

Il consorzio del pecorino toscano nasce nel 1985 e nel 1996 ottiene la dop; la zona di origine nella quale si produce il latte, lo si trasforma in formaggio e lo si porta a fine stagionatura è tutta la Toscana, i comuni di Allerona e Castiglione del Lago in Umbria e Acquapendente, Onano, San Lorenzo Nuovo, Grotte di Castro, Gradoli, Valentano, Farnese, Ischia di Castro, Montefiascone, Bolsena e Capodimonte nel Lazio. Il pecorino toscano a pasta tenera ha un periodo di maturazione minimo di 20 giorni che può essere prolungato fino a 45/60 giorni, mentre quello stagionato è a pasta semidura e deve maturare per almeno 120 giorni ma può stagionare fino ad un anno. Gli ultimi dati 2018 rilasciati dal consorzio di tutela del pecorino toscano dop risalgono al maggio 2019 e parlano di circa 19 milioni di litri di latte lavorati dai 17 caseifici consorziati, con una produzione certificata di 3.345 tonnellate (oltre 1 milione e 391 mila forme); vendute 2.328 tonnellate di pecorino toscano tra fresco e stagionato, con un fatturato al consumo di circa 50 milioni di euro (Italia 35 milioni di euro, estero per circa 15 milioni di euro). In merito alle esportazioni nel 2018, si parla di un fatturato aumentato del 25 per cento rispetto al 2017, pari a circa 15 milioni di euro al consumo. In particolare, il pecorino toscano dop piace sempre più nel Regno Unito, in Germania, Belgio, Austria, Paesi Bassi e Svizzera, mentre oltreoceano è apprezzato negli Stati Uniti, primo mercato nell’export extraeuropeo, seguiti da Canada, Australia e Asia.

La finocchiona igp prende il nome, come facilmente immaginabile, dalla speziatura dell’impasto mediante semi o fiori di finocchio, aglio, sale, pepe e vino rosso, se desiderato, fino a massimo un litro ogni 100 kg di impasto da insaccare.

Con l’ultimo fatturato 2019 di 12 milioni di euro, la Salcis ha esportato il 35% dell’intera produzione ma tra le dop e igp è il pecorino toscano a farla da padrone: il 50% della produzione infatti viene esportato, principalmente negli Stati Uniti, in Australia e nell’Unione Europea. Segue la finocchiona igp, spedita nell’Unione Europea per il 25%; stesso mercato di sbocco per le dop prosciutto toscano e cinta senese che hanno un 5% della produzione destinato all’export.

Di recente l’azienda ha avviato un allevamento di pecore di razza Lacaune (nella foto sotto), circa 1.300 capi il cui latte viene usato per il pecorino toscano dop e per il cacio di Fogliano, località dove è situato l’innovativo ovile “Monna Lisa” che ospita questi pacati animali. Ogni pecora rende 3,5 litri di latte al giorno (circa 2 milioni di litri di latte per anno) e la vita media è di 7 anni circa, con un reintegro del 25% ogni anno per mantenere stabile il numero dei capi.

Prosciutto e formaggio: dopo un pasto così, manca solo di assaggiare i dolci tipici della Toscana.

 

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