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CHRISTINE LAGARDE: LA MODERNA VESTALE DELLA CASSAFORTE MONDIALE

a cura di Luigi Locatelli

Nello scorso mese di marzo i computer del Fondo Monetario Internazionale hanno subito l’intrusione di pirati informatici. Un episodio grave, preoccupante per l’importanza e la delicatezza dei dati raccolti dall’organizzazione finanziaria sui conti pubblici dei Paesi membri. Se divulgati in maniera impropria e non corretta, potrebbero essere «dinamite politica in molti Stati», soprattutto nell’attuale momento di crisi, con la necessità per il Fondo di partecipare al salvataggio dell’economia di Grecia, Irlanda e Portogallo. Il suo portavoce David Hawley non ha fornito particolari né formulato ipotesi sull’origine dell’attacco, limitandosi a dire: «Stiamo indagando e il Fondo è completamente funzionante». Ma la gravità dell’accaduto è sottolineata dal fatto che la Banca Mondiale, a titolo di precauzione, ha interrotto ogni collegamento tra i computer delle due istituzioni. Il tema è delicato perché la maggior parte degli Stati fanno parte del Fondo. Tom Kellermann, esperto di sicurezza informatica che sta verificando l’accaduto, ritiene che l’attacco sia stato molto sofisticato e abbia richiesto lo studio delle misure di sicurezza e di un codice ad hoc per penetrarvi. Un lavoro lungo, complesso, di alta specializzazione, difficilmente attribuibile, come accade spesso, come opera di studenti molto dotati ma burloni, in grado di giocare con tecnologie altamente sofisticate per vincere una sfida ritenuta impossibile, senza altri scopi. Sono vicende di cui non vengono diffuse volentieri informazioni dalle vittime, al più generiche notizie di poche righe.
Non sappiamo cosa sia accaduto in altre aree del mondo occidentale, ma è sufficiente ricordare, per quanto riguarda l’Italia, come siano state archiviate in fretta le informazioni del blocco dei computer della società Poste Italiane che, durato una decina di giorni, in giugno ha impedito pagamenti di pensioni, bollette, vaglia e conti correnti; quello per un breve periodo di una grande banca nazionale; le incursioni nei database di 18 atenei della penisola; e per due volte, in aprile e in luglio, i computer di Aruba, il grande provider europeo fornitore di hosting per mail, posta certificata e data base. Possono essere frutto dei giochi di hacker casalinghi, ma sono episodi gravi e diffusi che è prudente non sottovalutare.
L’attacco ai computer del FMI è avvenuto prima che Dominique Strauss-Kahn, il politico francese a capo del Fondo, venisse arrestato a New York per una vicenda fin troppo squallida negli episodi e nei comportamenti dei protagonisti, ma clamorosa per le immediate dimissioni dall’incarico di primaria importanza internazionale oltre all’eco suscitato, e il cui vero obiettivo e le cui complicità rimangono ancora da decifrare: c’è stata forse un’alta progettazione comune di questi episodi, con risultati da raggiungere, personaggi da colpire, strumenti e metodi da applicare? La spettacolare vicenda di Strauss-Kahn ha di fatto oscurato i cyber criminali e l’ampio accesso acquisito a dati sensibili che al momento potrebbero girare favorendo le speculazioni di esperti, danneggiando banche, imprese, bilanci statali, personaggi di rilievo e di alta responsabilità pubblica.
Ora la reale domanda cui dare una risposta certa è quanto le azioni degli hackers in diverse aree siano la prima mossa di un disegno a più ampio respiro, e di cui la cameriera del Sofitel Hotel di New York è solo una modesta e forse inconsapevole comprimaria dal passato e dalle frequentazioni ambigue; disegno elaborato allo scopo di rendere vulnerabile l’alto vertice del Fondo approfittando delle sue incontinenze sessuali. Una strategia di ampio respiro rivolta in due direzioni: quella globale, di natura strettamente finanziaria, da usare per speculazioni di grande portata; oppure quella ristretta alla politica interna francese per influenzare rinnovi o cambiamenti in cariche importanti, favorire candidature e alleanze elettorali destinate a provocare nuovi assetti di vertice all’Eliseo.
Dalla fine di giugno i problemi che coinvolgono il Fondo Monetario sono nelle mani di Christine Lagarde, chiamata rapidamente a sostituire Strauss-Kahn nel ruolo di undicesimo direttore generale. Decifrare la vicenda del Sofitel Hotel con quanto ne è seguito sotto il profilo giudiziario può essere per lei di minimo interesse, ma capire ideatori, autori, esecutori, protagonisti evidenti e occulti di quanto riguarda in maniera diretta o indiretta il Fondo Monetario Internazionale, prestatore di ultima istanza dell’economia globale, è rilevante nell’interesse dell’organismo internazionale di cui lei è adesso alla guida, e dei Paesi che ne fanno parte.
Parigina di 55 anni ed ex ministro delle Finanze francese, è abituata a essere la prima donna a ricoprire cariche di rilievo: è stata la prima a fare il ministro dell’Economia in un paese del G8 e la prima a conquistare in quattro anni la guida dell’autorevole studio legale di Chicago Baker & McKenzie. Ha anche un pedigree internazionale e una padronanza perfetta dell’inglese che ne fanno una figura più internazionale che francese, caratteristica che avrà la propria importanza nei cinque anni che trascorrerà in un’istituzione internazionale che raccoglie 187 Paesi e in cui quelli emergenti hanno un peso sempre maggiore.
Alla vigilia della scadenza del termine per la presentazione delle candidature, i possibili sostituti di Strauss-Kahn erano di fatto due: Agustin Carstens, governatore della Banca Centrale del Messico che ammetteva di dover fare una corsa tutta in salita, e la francese Christine Lagarde. Mentre il messicano cercava di convincere Jim Flaherty, ministro delle Finanze di Ottawa, a dargli l’appoggio del Canada, Christine, senza ammettere esplicitamente la propria candidatura, si era già messa in movimento avendo ben chiaro che Strauss-Kahn avrebbe dovuto dimettersi. Rientrata da un viaggio nell’America Latina fitto di impegni, volava in Cina facendo tappa a New Delhi per «lavorare ai fianchi», come ha poi rivelato, il Governo indiano.
Con le miglia volate e i consensi raccolti con il suo parlare conciso e deciso, la Lagarde, senza altre dichiarazioni ma soltanto unendo i voti dei Paesi dell’Unione Europea che rappresentano più di un terzo del capitale, al 16,8 per cento rappresentato dagli Stati Uniti, aveva già incamerato la maggioranza assoluta. È probabile che un’elezione così configurata possa provocare, all’interno del Fondo, nuove richieste di revisione dei diritti di voto dal momento che, malgrado alcune recenti misure di riequilibrio tra gli azionisti, il peso del mondo occidentale rimane superiore a quello degli altri continenti e diverse disparità appaiono ingiustificate: il Brasile, ad esempio, tuttora pesa meno del Belgio.
La stessa gestione di un’istituzione internazionale, con otto europei su ventiquattro direttori del «board» che governa l’istituto, può giustificare le richieste di nuove revisioni delle regole agli occhi del nuovo direttore generale; il quale, o meglio la quale, prescindendo dal computo aritmetico dei diritti di voto, potrebbe cogliere l’occasione per creare un proprio nuovo rapporto di fiducia con i Paesi dell’Asia che, pur avendo pochi voti, rappresentano ormai un terzo dell’economia mondiale. La brevissima campagna elettorale, se possiamo definire così i rapidi viaggi di Christine, ha già avviato di fatto questo processo: in India è stata ricevuta con molta cordialità dal ministro dell’Economia, il suo amico Mukherjee, e dallo stesso premier Singh, economista anche lui.
È stata in Arabia Saudita e in Egitto, prima di tornare in Brasile. In Cina ha incontrato il vicepresidente Wang Qishan e, sebbene Eswar Prasad, l’ ex capo del «desk» cinese del FMI, ora accademico e ricercatore alla Brookings, tenga a sottolineare che Pechino non si sente ancora pronta per puntare al vertice del Fondo, è già noto che la Cina voglia collocare a fianco del nuovo direttore generale un proprio uomo, il banchiere centrale Zhu Min, che potrebbe diventare uno dei tre «deputy», magari con funzioni vicarie, al posto dell’americano John Lipsky che lascerà l’incarico tra due mesi.
Di ingegno rapido, abituata alla sintesi, esplicita quasi fino alla brutalità ma con un sorriso aperto e amichevole, la Lagarde, pur non essendo laureata in Economia e non avendo una sola pubblicazione in materia, saprà muoversi con abilità nel quadro di relazioni internazionali in cui dovrà operare e che forse vorrà allargare, con l’accortezza di evitare scelte che possano irritare il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, particolarmente nel primo periodo di incarico. Ed è questa una difficoltà per le evidenti insicurezze che il capo della Casa Bianca cerca di dissimulare sotto frasi dall’apparenza amichevole come «Lo so che non è facile, ma è tempo di mangiare questo piatto di piselli» per annunciare la necessità di ridurre il debito federale di 4 mila miliardi di dollari in dieci anni, insieme alla contemporanea richiesta al Congresso di alzare l’attuale tetto del debito ora fissato in 14 mila miliardi di dollari, evitando tuttavia di fornire cifre e progetti.
Il vero nome del neo direttore del FMI è Christine Madeleine Odette Lallouette, nata a Parigi il primo gennaio 1956. Il cognome Lagarde è del primo marito dal quale ha divorziato e con il quale ha avuto due figli, Pierre Henri di 24 anni e Thomas di 22. Un secondo divorzio poi, da sei anni, il legame con un imprenditore di Marsiglia, Xavier Giocanti. Nazionale di nuoto sincronizzato in gioventù, ama fare yoga, immersioni e giardinaggio. Figlia di professori universitari, ha compiuto gli studi in un college del Maryland. Si è laureata in legge nel 1981 a Paris X-Nanterre e, dopo il master in Scienze politiche ad Aix-en-Provence, è tornata negli Stati Uniti come assistente del deputato al Congresso William Cohen, che diventò capo del Pentagono sotto Bill Clinton. Nello steso anno fu assunta da Baker & McKenzie di Chicago, uno degli studi legali più prestigiosi del mondo, entrando a far parte del comitato esecutivo nel 1995.
Nel 1999 fu nominata presidente del consiglio di amministrazione, in un mondo di uomini spietati, con una tecnica sottile che ama ricordare non senza compiacimento: «Trattare con gli uomini non è complicato. A quelli che sono belli bisogna dire che sono intelligenti, e a quelli che sono intelligenti bisogna dire che imponendosi sono belli». Di lei il segretario al Tesoro Usa Tim Geithner ha detto: «Intelletto fulmineo, vero calore umano, capace di superare le divisioni». Nel 2005 è tornata in Francia ed è entrata in politica. La prima nomina è avvenuta nel Governo di Dominique de Villepin come ministro del Commercio estero; poi nel Governo Fillon le è stato affidato il dicastero dell’Agricoltura.
La sua ascesa con l’arrivo di Nicolas Sarkozy all’Eliseo culmina nel 2007 con la nomina a ministro dell’Economia: una carriera in continua e rapida crescita che, a proposito del «mistero Lagarde», ha fatto scrivere al Nobel per l’ economia Paul Krugman «È seria, responsabile e giudiziosa, ed è quello che mi preoccupa». Finché il 28 giugno scorso il Comitato esecutivo del Fondo Monetario Internazionale, colmando la vacanza creatasi in seguito alle dimissioni del suo connazionale Dominique Strauss-Kahn, l’ha chiamata nella sede, all’angolo fra la 19esima e Pennsylvania Avenue di Washington, come nuovo direttore generale, con una retribuzione annua di 467.940 dollari al netto delle tasse, maggiore del’11 per cento rispetto a quella del suo predecessore, e un’indennità di 83.760 dollari per le spese di rappresentanza, rispettando la consuetudine ormai cinquantennale di nominare un europeo alla guida dell’organismo.
Nella lettera di nomina si legge: «Come direttore esecutivo, dovrà osservare i più alti standard etici di condotta, essere integra, imparziale e discreta. Dovrà impegnarsi per evitare anche la minima parvenza di condotta impropria». Accettando l’incarico, la Lagarde dovrà poi partecipare a un «programma di training etico» a cura di consulenti del Fondo, sebbene non abbia mai avuto problemi di molestie: «Sono troppo alta, ho fatto tanto sport, sanno che potrei prenderli a pugni». Christine Lagarde è stata inclusa più volte nella lista delle 100 donne più potenti del mondo compilata dalla rivista Forbes, nel 2009 addirittura al 17esimo posto. Mentre il Financial Times la indicava come il «miglior ministro delle Finanze dell’Eurozona» per il piano di sostegno all’economia che ha fruttato alle casse dello Stato interessi per 2,7 miliardi di euro. In questo curriculum tutto in positivo, senza ombre né difficoltà reali, l’unica incognita è il possibile coinvolgimento in quello che in Francia è definito l’«affaire Tapie». L’Avvocato generale della Corte di Cassazione francese non l’ha scagionata da un’accusa penale per abuso di potere legato ai postumi dello scandalo del Crédit Lyonnais in cui, nel quadro del caso Adidas, vennero attribuiti a Bernard Tapie 285 milioni di euro di fondi pubblici. Accusa che Christine respinge.
Nello scorso anno in un’intervista al «Financial Times» ha ricordato che «per ballare il tango bisogna essere in due». Intendendo dire che anche la Germania deve fare la propria parte perché la Zona-euro possa funzionare, e chiedendosi se «i Paesi che hanno un surplus nei conti con l’ estero non possano fare un po’ di più». Con la propria chiarezza e decisione la Lagarde proponeva a Berlino la stessa svolta politica che l’America di Barack Obama chiede alla Cina: incentivare la domanda interna e l’ import per non schiacciare gli altri Paesi con la propria competitività e con la tendenza a contenere i consumi.
Non basta; nell’anno precedente ha avviato in Parlamento una discussione affinché la Francia, forte dei 6 milioni di musulmani nel proprio territorio rispetto ai circa 2 milioni della Gran Bretagna, arrivasse a soppiantare il primato della City londinese sulla finanza islamica. E come ministro dell’Economia francese ha respinto la proposta, già approvata dalla Commissione finanze della Camera, di aumentare del 10 per cento le tasse sui profitti bancari. «Non c’è nessun motivo –ha spiegato a Les Echos– di adottare misure che danneggerebbero il sistema bancario francese, che si è comportato bene durante la crisi; non mi sono battuta per due anni e mezzo per cercare di rendere sempre più attraente la piazza finanziaria parigina per rovinare tutto senza un motivo serio».
Terminata l’estate, dal primo novembre prossimo avrà un dirimpettaio di tutto rispetto, Mario Draghi, alla guida della Banca Centrale Europea di Francoforte, in sostituzione di Jean-Claude Trichet. Quali saranno i rapporti tra FMI e BCE? Non ci sono norme scritte né tradizioni in proposito. 67 anni fa, nell’albergo Mount Washington di Bretton Woods nel New Hampshire, si riunirono i leader finanziari d’Europa e degli Usa per disegnare la nuova architettura dell’economia internazionale dopo la fine della guerra; si decise di fare del dollaro il perno del sistema, ponendo due principi base: l’obbligo per ogni Paese di adottare una politica monetaria tesa a stabilizzare il cambio nei confronti del dollaro, e il compito di equilibrare gli squilibri causati dai pagamenti internazionali assegnandolo al FMI.
Da allora tutto è cambiato: la nascita dell’euro e della BCE; la crescita di Brasile, Cina, Russia, India; il crollo della Lehman Brothers che ha spinto le economie mondiali in una crisi finanziaria senza precedenti; la nascita di strumenti finanziari complessi e una diffusa sottovalutazione dei rischi accompagnata da una crescente avidità di pubblico e operatori finanziari; l’inadeguatezza degli Stati accompagnata da normative insufficienti. Sono alcuni degli elementi che oggi condizionano la vita economica.
Di ricette ne sono state elaborate più d’una, ma un ritratto fedele e sincero dell’economia mondiale attuale non può prescindere dalla crisi di Paesi come Grecia, Stati Uniti, Portogallo, Irlanda, Spagna. La fermezza del ministro italiano dell’Economia Giulio Tremonti e del governatore della Banca d’Italia Mario Draghi hanno consentito finora all’Italia di mantenere la propria posizione. Ma con il trasferimento di quest’ultimo nella BCE e con un interlocutore frequente come il FMI il quadro europeo è difficile da prevedere. Draghi e Lagarde, un nuovo binomio da osservare, capire e rispettare con attenzione.

Tags: moneta Settembre 2011 CHRISTINE LAGARDE

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