INTERNET SPECCHIO DEI TEMPI. INUTILI LE CENSURE, PERFINO LE RIVOLUZIONI CORRONO SU RETE
di ROMANO BARTOLONI, presidente del Sindacato Cronisti Romani
Una volta, durante una conferenza sulle tecniche di giornalismo svoltasi nella Scuola Sottufficiali dei Carabinieri a Velletri, un allievo sollevò un’obiezione calzante ed emblematica ai nostri giorni. Perché i cronisti si ostinano a dare la caccia alle notizie, quando nelle conferenze stampa, tramite comunicati e via email, si offre un panorama completo delle operazioni di polizia giudiziaria?
In effetti, rispetto a un passato di silenzi e di diffidenze, le abitudini sono cambiate profondamente e grazie a una più matura sensibilità verso il valore dell’informazione e alla padronanza delle tecnologie, sono stati compiuti passi da gigante nelle comprensione delle esigenze della cronaca da parte di uffici stampa, relazioni esterne, settori comunicazione, marketing ecc., i cui addetti, secondo il rapporto del dicembre 2009 della pubblicazione degli editori «Prima Comunicazione», hanno raggiunto il numero record di 14.218 pareggiando praticamente i conti con i giornalisti a tempo pieno dei mass-media.
Tuttavia, giornali e radiotv operano in un mercato che incoraggia la libera concorrenza, e le ragioni della tempestività e della completezza delle notizie non collimano tuttora con i lenti e laboriosi meccanismi delle indagini, e con un’informazione pubblica fatta prevalentemente di annunci. I cronisti vogliono saperne di più, controllare con i propri occhi il dritto e il rovescio della medaglia, al fine di dare un senso compiuto di perché e di percome ai fatti accaduti e agli impegni presi.
Dal canto loro gli investigatori si preoccupano che la fuga delle indiscrezioni possa bruciare l’inchiesta e favorire la scomparsa degli indizi e delle prove, mentre gli amministratori pubblici temono gli effetti dirompenti della critica. Per entrambe le parti la rivoluzione tecnologica ha prodotto un terremoto nei metodi di gestione dei fatti e nella produzione delle notizie. Sembrano lontani anni luce i tempi in cui i giornalisti si scontravano con gli amministratori locali che pretendevano dalle cronache cittadine la risonanza, a loro misura, dell’informazione di servizio locale, non riuscendo ancora a capire che i cambiamenti prodotti nel modo di fare comunicazione responsabilizzano gli enti locali, almeno quelli più grandi, e che spetta a loro un ruolo diretto e interattivo con i cittadini.
I municipi di Roma, Milano, e delle più importanti città italiane hanno realizzato, nel mondo di internet, portali istituzionali proponendo sportelli virtuali e servizi online. Non solo, ma organizzando l’homepage, la pagina di apertura del portale, come un vero e proprio giornale, promuovono una comunicazione quotidiana sulla propria attività e sullo stato dei servizi erogati alla cittadinanza. A volte, come nel caso del Comune di Roma, l’assetto su scala editoriale è esemplare. Del tradizionale ufficio stampa rimane soltanto l’etichetta. L’homepage è regolarmente registrata come testata giornalistica quotidiana presso la sezione Stampa del tribunale.
Nel rispetto della legge sull’ordine professionale e della legge 150 del 2000 sulla gestione dell’informazione nella pubblica amministrazione, la redazione, numerosa come quella di un quotidiano di media dimensione, è composta di giornalisti persino sindacalizzati e con tanto di comitato di redazione. È guidata da un direttore responsabile, Simone Turbolente, che è anche capo dell’ufficio stampa e portavoce del sindaco. Secondo uno schema classico di collegamento con i mass-media, produce un notiziario con la differenza, rispetto a ieri, che viene trasmesso in via telematica e a getto continuo. La redazione cura, inoltre, l’architettura dell’homepage e svolge un’attività multimediale per il giornale online, per Televideo ecc. Infine, il portale è diretto da una figura responsabile del dominio internet nei confronti del garante della comunicazione.
Nel campo della comunicazione interattiva il 2009 è passato alla storia come l’anno dei social network. Come nella Casa Bianca dell’era di Barack Obama e in altri palazzi di Governo nel mondo, da noi prima il Vaticano e poi il Quirinale hanno cominciato a parlare alla gente attraverso YouTube. Il canale della Santa Sede è stato inaugurato il 23 gennaio dello scorso anno e nella prima settimana ha registrato 750 mila accessi. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha debuttato nella rete sociale con il messaggio di fine d’anno.
Nel bene come nel male, la rete presenta uno spaccato dei tempi, ed è diventata lo specchio, deformato o deformante quanto si vuole, degli umori e dei malumori della gente. Che non si placano rompendo lo specchio. Colpire internet, dicono gli avvocati di Google denunciata per video scabrosi, è come «processare i postini per il contenuto delle lettere che portano». Nei regimi dittatoriali, in Cina come in Iran, si tenta invano di mettere la sordina alla voce digitale sui fermenti della popolazione. Filmati e blog su scontri e tensioni fanno il giro del mondo, diffusi e ingigantiti dalla stampa e dalle tv. Inutili le censure: le rivoluzioni ora corrono su Facebook e su Twitter e lanciano la sfida in diretta mondiale.
Inevitabile il rovescio della medaglia. La cittadella televisiva del Grande Fratello è spiata da più di 80 postazioni perennemente accese, a disposizione dei registi di turno. La numero 71 è fissa sul bagno, per la precisione su tazza e bidet. Non arriva mai alla messa in onda, ma per problemi di sicurezza (un malore) è attiva. Per gli appassionati del reality di Canale 5 Mediaset, sono garantite la diretta tv e le registrazioni più invasive delle umane debolezze. Per tutti gli altri, un organizzato ufficio stampa distribuisce spezzoni di filmati, notizie, commenti, morbosità, illazioni. Anche questo fenomeno, che sembra il lato oscuro della rete, appartiene alla comunicazione della nostra epoca.
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