Il nostro sito usa i cookie per poterti offrire una migliore esperienza di navigazione. I cookie che usiamo ci permettono di conteggiare le visite in modo anonimo e non ci permettono in alcun modo di identificarti direttamente. Clicca su OK per chiudere questa informativa, oppure approfondisci cliccando su "Cookie policy completa".

CHI L’AVREBBE DETTO? DALLA NAIA AI CORSI DI FORMAZIONE PER I GIOVANI

In collaborazione con lo Stato Maggiore della Difesa.

del tenente colonnello FILIPPO PLINI, Ministero della Difesa - UG

 

Lo snellimento, la razionalizzazione, l’efficienza della pubblica amministrazione hanno toccato un po’ tutti i settori dello Stato. Dove più dove meno ma, se ci si guarda intorno, molte cose sono cambiate e stanno cambiando: dai servizi postali agli uffici comunali, dagli sportelli degli uffici delle Entrate ai servizi anagrafici e catastali. Non sono tutte rose e fiori, d’accordo, ma il pachidermico macchinario arrugginito ha cominciato a muoversi.
Indubbiamente alcuni settori sono molto più articolati e complicati da svecchiare, da ammodernare in maniera fruttuosa e intelligente: giustizia, istruzione, ricerca, salute e difesa sono tra questi. Il Ministero della Difesa è, a mio avviso, uno di quei comparti in cui ormai da un decennio è stato avviato un profondo rinnovamento che, superata l’inerzia iniziale, si sta rapidamente evolvendo verso un sistema efficiente, organizzato e flessibile.
L’esercito di professionisti, che alla fine degli anni Novanta sembrava una chimera, è una realtà talmente evidente da suscitare l’interesse e la stima perfino dei giovani. Chi non ricorda la vecchia naia come uno spauracchio da cui fuggire? Dodici mesi buttati, sprecati? Quanti erano i giovani che desideravano arruolarsi? Pochi, sicuramente.
Certo è che chi declina la propria età in «anta» piuttosto che in «enta» ben ricorda, al pari di classici ritornelli, che il significato del servizio di leva era ben lungi dall’essere un concetto caro ai giovani e alle rispettive famiglie. E così, per estensione, anche tutto il mondo militare. Fenomeno comprensibile, visto che nel secolo scorso l’Italia è stata partecipe e afflitta dalle due Grandi Guerre mondiali che tante vittime, militari e non, hanno mietuto.
E difatti, il termine non certo vezzeggiativo di «naia» ha le proprie basi etimologiche proprio a ridosso del primo conflitto mondiale, quando questo vocabolo, di origine veneta, costituì il termine caratteristico con il quale le truppe alpine, quelle maggiormente impegnate sul fronte nord-est italiano, indicavano il servizio militare. Secondo alcuni dizionari «naia» deriva dalla parola latina «natalia»; significa quindi inizialmente nascita, per poi estendersi a razza e per assumere in seguito una sfumatura dispregiativa di gentaglia, riferendosi probabilmente al servizio militare prestato sotto superiori scarsamente stimati per via degli obblighi imposti.
Secondo alcune interpretazioni, invece, sarebbe un’abbreviazione della parola veneta «tenaja», cioè tenaglia, in quanto ai tempi di Napoleone, quando venne istituita la coscrizione obbligatoria, e parlo del 1861 o giù di lì, i giovani si sentivano strappati da casa dalla tenaglia dello Stato che li obbligava a fare il servizio di leva. Un po’ come un dente viene strappato da una tenaglia. Oppure, secondo altri, la disciplina militare era come sentirsi tra le ganasce di una tenaglia, compressi cioè a far qualcosa che non andava.
Il servizio di leva non durava certo un anno, ma si poteva estendere anche per periodi più lunghi a seconda del periodo storico. Per tale motivo la naia era vista come una disgrazia, perché lasciava le famiglie prive del sostegno economico di giovani braccia che dovevano impugnare le armi al fronte. Concetto che poi si è rafforzato, anche in assenza di conflitti, per la ormai arcaica gestione del personale per la quale i soldati venivano di norma comandati in servizio in luoghi lontani dalla propria regione, così da forzare il miscuglio di soggetti provenienti da aree diverse del Paese e favorire la cementificazione dell’unità nazionale.
Adesso è solo un ricordo, vivo e neanche troppo lontano, comunque un ricordo. Oggi il servizio militare limitato, introdotto dal Ministero della Difesa quale proposta formativa e orientativa per i giovani, è stato letteralmente preso d’assalto: per 1.200 posti disponibili le domande sono state più di 8 mila. E per i prossimi anni i posti disponibili aumenteranno per far fronte alle richieste.
Questa iniziativa può sembrare un’inversione di tendenza, ma in realtà non lo è: considerato che il servizio di leva obbligatorio, essendo previsto dalla Costituzione, non è stato abolito ma solo sospeso, essa ha l’obiettivo di formare 15 mila giovani in tre anni. L’iniziativa, soprannominata «mini naia» ma che del vecchio servizio militare ha poco o nulla, prevede lo svolgimento di una serie di corsi formativi a carattere teorico-pratico, con il fine di fornire nozioni di base riguardanti il dovere costituzionale di difesa della Patria, le attività prioritarie delle Forze Armate.
Paradossalmente, bisogna pagare per fare il corso, anche se è considerata come una cauzione per il materiale che viene consegnato in dotazione. Oltre a svolgere le attività di reparto (la «vita di caserma»), si acquisiscono conoscenze sulle operazioni delle Forze Armate, quelle che più frequentemente vengono svolte dagli uomini in divisa: in particolare le missioni internazionali di pace, il contrasto al terrorismo internazionale, il soccorso alle popolazioni locali, la protezione dei beni culturali, paesaggistici e ambientali e le attività di concorso alla salvaguardia delle libere istituzioni, in circostanze di pubblica calamità e in altri casi di straordinaria necessità.
In tre settimane si ha l’occasione di frequentare sessioni di istruzione formale, attività fisiche e ginnico-sportive ed esercitazioni pratiche, frequentare corsi addestrativi, apprendere le nozioni fondamentali di carattere sociale ed umanitario, oltre che operativo; e infine, ma non da ultimo, si ha l’opportunità per far rinascere e riscoprire quei fondamentali valori caratteristici e istituzionali per le Forze Armate , tra cui la Costituzione e i suoi principi ispiratori. Tre settimane durante le quali, oltre a conoscere le Forze Armate da dentro, vivendole, si ha la possibilità di verificare le personali predisposizioni e inclinazioni per orientarsi meglio nel proprio futuro. Oltre che, perché no?, scoprire una «vocazione» militare.

Tags: Ministero della Difesa forze armate Difesa Novembre 2010 SMD - Stato Maggiore della Difesa

© 2017 Ciuffa Editore - Via Rasella 139, 00187 - Roma. Direttore responsabile: Romina Ciuffa