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jeremy rifkin parla al cobat di energia, la via di una terza rivoluzione industriale basata sulla sostenibilità

Jeremy Rifkin parla al Cobat

Siamo di fronte a una crisi economica particolarmente profonda. Non stiamo attraversando una fase ciclica, bensì strutturale. Tutti i Paesi occidentali la stanno affrontando, l’Italia non è certamente l’unica. La seconda rivoluzione industriale è in declino, i sintomi sono evidenti: il costo dell’energia è in continuo aumento, le quotazioni delle imprese energetiche risentono dell’andamento di questi trend, le tecnologie alla base del ciclo economico delle imprese energetiche non esercitano più alcun effetto moltiplicatore sull’economia, tutte le infrastrutture realizzate sulla base di sistemi inquinanti si stanno rapidamente sgretolando.
Non c’è alcun modo di rivitalizzare lo stato della nostra economia, creare nuove occasioni di crescita professionale per i giovani e nuova prosperità per questo mondo proprio a causa degli effetti del declino della seconda rivoluzione industriale. Per cui apprezzo molto quando si parla di austerity, di riforma fiscale, di riforma dei mercati e del lavoro: ciò di cui abbiamo bisogno è una nuova prospettiva economica mondiale e ne abbiamo bisogno in tempi rapidi.
Un aspetto interessante è che questa prospettiva è a portata di mano, in Italia e nel resto del mondo. La terza rivoluzione industriale è un modello di energia pulita e decentrata che segue il modello flessibile del web. Come le informazioni, l’energia deve essere presa e distribuita in milioni di luoghi, in tutto il mondo, creando un sistema più democratico, sicuro e affidabile. La terza rivoluzione industriale è una convergenza strategica tra energia e informazione. Il Web è un eccellente mezzo di comunicazione e sta emergendo come veicolo di questa rivoluzione: distribuire energia pulita, creare occasioni di approvvigionamento energetico attraverso la Rete. Con la terza rivoluzione industriale abbiamo l’opportunità di creare, in Italia e nel mondo, un nuovo paradigma economico completamente diverso rispetto al passato.
Abbiamo una visione: centinaia di milioni di persone in grado di produrre energia pulita, attraverso l’installazione di distributori di idrogeno, metano e idrometano. Nascerà una rete di energia diffusa che alleggerisce il peso del trasporto, l’impatto inquinante e la bilancia commerciale. Si potrà viaggiare leggeri, con un carburante regalato dal sole e dal vento. In Italia sta nascendo la filiera dell’idrogeno pulito, ottenuto da fonti rinnovabili. Ciò è particolarmente importante perché l’idrogeno ha una doppia funzione: fa da accumulatore, perché permette di immagazzinare l’energia che viene dal sole, dal vento, dalle biomasse, dall’acqua, e da vettore per il settore dei trasporti, un settore che in Italia è basato per oltre il 96 per cento sul consumo di prodotti petroliferi. Idrogeno che si può impiegare, ad esempio, per alimentare veicoli che rivoluzioneranno la nostra idea di trasporto. È un lavoro di ricerca che dura ormai da più di 35 anni, durante i quali sono stati creati milioni di nuovi posti di lavoro, con esternalità positive per migliaia di imprese di piccole e medie dimensioni. L’obiettivo è essere in grado di diffondere la tecnologia «green» in modo capillare, raggiungendo ogni paesino della Penisola, in modo che l’Italia possa diventare un modello per il resto d’Europa. Non è un target impossibile, si può fare: costruendo le autostrade dell’idrogeno ci si può avvicinare all’obiettivo fissato dall’Unione Europea, 20 per cento di energia «green» entro il 2020. L’Italia può riconquistare un «posto al sole» attraverso l’energia pulita.
Personalmente visito da oltre vent’anni l’Italia, sono stato in ogni regione, ho visto ogni città di una certa rilevanza, ho parlato con quasi tutti i leader politici italiani degli ultimi venticinque anni. Ebbene, l’aspetto che più mi ha impressionato è la nuova generazione che sta emergendo, i giovani italiani con meno di 30 anni, cresciuti insieme alle nuove tecnologie informatiche e perfettamente in grado di padroneggiarle: ebbene, sono pronti. Adesso tocca a loro. La mia speranza è che l’Italia sia in grado di completare il passaggio alla terza rivoluzione industriale, verso uno sviluppo economico più sostenibile unito ad una maggiore responsabilità sociale delle imprese.
Dobbiamo prenderci cura di questo piccolo pianeta, tutti insieme. D’altro canto, gli Stati Uniti stanno attraversando un momento storico di grande difficoltà. Abbiamo perso la prospettiva e la fiducia nel futuro. Non penso che i vari politici degli Stati Uniti siano in grado di cogliere pienamente la portata delle sfide che abbiamo davanti. Nessun partito politico sta affrontando la crisi con l’attenzione che merita e ha consapevolezza del fatto che dobbiamo cambiare paradigma economico a livello mondiale. In altre parole, dobbiamo creare in breve tempo la società del post-inquinamento, il mondo a impatto ambientale zero. Si sente mai parlare di questi temi nei dibattiti tradizionali? Per questo la mia speranza è che la nuova generazione emerga e si ponga alla testa di questo cambiamento, per il bene dell’umanità.
Ho votato per Obama nel 2008 e sono rimasto deluso dalla sua prima presidenza, in un quadriennio non è riuscito a cambiare concretamente il Paese. D’altra parte, ritengo che anche i repubblicani non abbiano le idee chiare su come cambiare il Paese. Per questo motivo dobbiamo sostenere politiche economiche «green» a livello locale ed essere sicuri che vadano nella giusta direzione. Non dobbiamo aspettare che un candidato vinca le elezioni e prenda le decisioni al posto nostro: l’iniziativa deve partire dal basso. È una responsabilità di tutti, per il bene delle generazioni future.
            Jeremy Rifkin

 

Economista e saggista, è stato consigliere sulle questioni energetiche di numerosi governi occidentali e della presidenza della Commissione Europea. Ha fondato nel 1977 la Foundation on Economic Trends, che tuttora presiede, esplorando con i propri studi gli impatti potenziali dei cambiamenti scientifici e tecnologici sull’economia mondiale.  

Tags: Aprile 2013 Cobat

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