LA PROPOSTA SULLA STRATEGIA GLOBALE RESPINTA DAL PARLAMENTO EUROPEO
Il 28 febbraio scorso il Parlamento europeo ha respinto, con 332 voti contrari, 241 favorevoli e 87 astensioni, la relazione di Gerard Deprez recante una proposta di raccomandazione, destinata al Consiglio, sui fattori che propiziano l’appoggio al terrorismo e attirano nuove reclute fra i terroristi. Contro la relazione hanno votato il Ppe-De, che si è visto respingere una serie di emendamenti tra cui quello che raccomandava agli Stati membri di informare chiaramente gli immigrati sul fatto che dovevano accettare le misure di integrazione e prendervi parte; nonché l’Uen, l’Ind-Dem e i Verdi-Ale; mentre a favore si è pronunciata la stragrande maggioranza del Pse e dell’Alde e numerosi membri della Gue-Ngl.
La proposta, che aveva comunque subito vari emendamenti, è stata infine respinta dall’Aula a causa di contrasti sorti tra la necessità da un lato di punire ogni tipo di propaganda del terrorismo, e dall’altro di non intaccare il rispetto della libertà di espressione. Nel testo emendato si evidenziava innanzitutto che il terrorismo, in particolare quello jihadista, costituisce attualmente la principale minaccia alla sicurezza dei cittadini dell’Unione Europea, come hanno dimostrato i recenti attentati di Madrid e di Londra, e si sottolineava la necessità di una strategia globale volta non solo a identificare e a perseguire i responsabili degli attacchi terroristici smantellando le organizzazioni di appartenenza, ma anche a colpire tutte le altre attività correlate di reclutamento, finanziamento, formazione e propaganda, prevenendo e punendo ogni attività diretta ad istigare gli individui a commettere atti terroristici con qualsiasi mezzo, compreso l’uso di internet, attraverso l’istruzione e l’integrazione sociale di tutti quei soggetti che possono in qualche modo essere sviati da gruppi radicali violenti.
Inoltre, si raccomandava agli Stati membri e alle Istituzioni dell’Unione Europea di intervenire al fine di prevenire la divulgazione di propaganda terroristica attraverso gli strumenti audiovisivi, applicando tutte le disposizioni di legge vigenti che vietano l’uso di tali mezzi per la diffusione di qualsiasi incitamento alla violenza, all’odio e alla discriminazione fondata sulla razza, sul sesso o sulla religione. In questa prospettiva si sottolineava la necessità di rafforzare la vigilanza contro qualsiasi tipo di propaganda volta ad incoraggiare il reclutamento e la commissione di atti terroristici, ampliando gli strumenti di controllo anche su Internet, a livello sia nazionale che europeo, sulla base di una stretta collaborazione con l’Europol, utilizzando appieno i meccanismi di controllo della direttiva sui «servizi dei media audiovisivi», potenziando il monitoraggio dei luoghi che, divergendo dal loro legittimo obiettivo, sono usati per istigare la violenza. Nello stesso tempo, si sosteneva la necessità di incoraggiare un dialogo effettivo fra le autorità degli Stati membri e le comunità religiose che rappresentano un «Islam moderato», assicurando la partecipazione sociale di queste ultime, la piena ed effettiva uguaglianza tra le persone appartenenti a tale comunità nonché il dialogo interculturale e interreligioso.
Apprezzabile sotto questo aspetto era il richiamo, nel quadro dell’«Anno europeo per il dialogo culturale 2008», alle varie iniziative volte a promuovere il dialogo, la tolleranza e la comprensione tra varie culture, civiltà e religioni. Parimenti apprezzabile era la sollecitazione ad analizzare e comprendere in pieno le ragioni, i motivi e i processi che portano alla radicalizzazione violenta e al terrorismo, invitando gli Stati membri a promuovere energicamente la ricerca scientifica e accademica su tale fenomeno e destinando le necessarie risorse a questo fine; nonché a favorire l’integrazione sociale, evitando accuratamente di identificare una cultura, una civiltà o una religione con il terrorismo, e stabilendo una chiara distinzione tra la stragrande maggioranza dei musulmani e una violenta minoranza radicalizzata. Solo in questo modo, si precisava, è possibile riconquistare il terreno sul quale prospera il radicalismo terroristico, che è alimentato non solo dalla rabbia, dalla frustrazione e dall’isolamento sociale, ma anche dalla mancanza di fiducia nella politica e nella democrazia.
Le stesse misure repressive si rivelano inefficaci e perfino controproducenti se non sono accompagnate dall’offerta di prospettive concrete e di una posizione nella società ai soggetti particolarmente sensibili alla radicalizzazione e al reclutamento. Considerato poi che, oltre all’istigazione, la giustificazione o la glorificazione del terrorismo costituisce un altro fattore che contribuisce alla radicalizzazione violenta e che essa non figura nella definizione armonizzata di terrorismo contenuta nella decisione quadro 2002/475/JHA, nella proposta di raccomandazione si sottolineava, altresì, la necessità di inserirla nell’ambito di applicazione di detta decisione, per essere considerata un reato perseguibile, in modo però da non intaccare la libertà di espressione e la libertà di pensiero.
Ma è stato proprio su questo punto che sono sorti i maggiori contrasti tra gli eurodeputati che, a maggioranza, hanno infine respinto in toto la proposta sottoposta all’esame dell’Assemblea, dimostrando ancora una volta di voler porre limiti alle misure da adottare nell’ambito della lotta al terrorismo se in contrasto con i diritti umani e le libertà fondamentali.