Il nostro sito usa i cookie per poterti offrire una migliore esperienza di navigazione. I cookie che usiamo ci permettono di conteggiare le visite in modo anonimo e non ci permettono in alcun modo di identificarti direttamente. Clicca su OK per chiudere questa informativa, oppure approfondisci cliccando su "Cookie policy completa".

  • Home
  • Articoli
  • Articoli
  • A TRIESTE OLIO CAPITALE DI NUOVO IN PRESENZA CON OLTRE 170 ESPOSITORI E BUYER

A TRIESTE OLIO CAPITALE DI NUOVO IN PRESENZA CON OLTRE 170 ESPOSITORI E BUYER

Dopo i due anni di stop a causa della pandemia, si tiene nuovamente Olio Capitale, evento fieristico al Trieste Convention Center in Porto Vecchio, organizzato dalla camera di commercio Venezia Giulia attraverso la società in house Aries e dedicato a produttori e buyer: 170 aziende produttrici provenienti da Italia e Grecia e buyer da Germania, Austria, Serbia, Croazia, Danimarca, Olanda, Francia, Inghilterra, Svizzera, Estonia e Giappone. Inoltre, grazie ai finanziamenti del programma operativo del Fondo europeo per gli affari marittimi e per la pesca (Feamp) 2014/2020, il ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali (Mipaaf) sostiene l’evento e attraverso la direzione generale della pesca marittima e dell’acquacoltura promuove il prodotto ittico nazionale abbinato all’olio extravergine di oliva, nell’ambito di una dieta mediterranea universalmente riconosciuta quale regime alimentare ricco di proprietà benefiche.

Secondo Antonio Paoletti, presidente della cciaa Venezia Giulia, «questa è la fiera della ripartenza. Una scommessa fortemente voluta dalla camera di commercio Venezia Giulia assieme all’associazione Città dell’Olio per riportare al centro del dibattito agroalimentare nazionale l’olio extravergine di oliva, alimento alla base della dieta mediterranea e del made in Italy nel mondo. Il settore agroalimentare sta subendo le conseguenze dovute alla guerra in Ucraina e quelle di una generalizzata incertezza economica; dopo il Covid e le sue conseguenze, ora c’è il conflitto e la drammaticità che ha generato a livello sociale ed economico».

Aggiunge Alessandro Sietti, responsabile marketing territoriale e fiere di Aries: «Olio Capitale dopo due anni di assenza è tornato alla grande, la macchina è ripartita e sta funzionando bene. 170 sono le aziende aderenti all’edizione 2022, che hanno incontrato una trentina di operatori stranieri individuati un po’ da tutta Europa e dal Giappone. Gli incontri con i buyer si stanno svolgendo presso gli stand, mentre i visitatori più attenti ai prodotti tipici stanno venendo per contattare le aziende, assaggiare e acquistare direttamente l’olio dai produttori: numerose sono infatti le degustazioni guidate in fiera».

Gli oli si possono inoltre assaggiare all’oil bar, il banco dove è possibile scegliere tra centinaia di etichette presenti in fiera, che in questa edizione aggiunge la suddivisione tra monocultivar e blend. Il 70% dei visitatori del salone è alla ricerca di nuovi fornitori per quanto concerne la grande distribuzione, la vendita al dettaglio e l’import-export: «Rispetto all’edizione 2019 l’affluenza è cresciuta. Assolutamente positiva la risposta da tutte le regioni olivicole e dai buyer, che a marzo non sarebbero potuti venuti mentre ora si è sbloccata la situazione da tutta Europa mentre da altri paesi bisognerà attendere ancora un anno; ormai lo slittamento è purtroppo da prendere sempre in considerazione».

E i preparativi per Olio Capitale 2023? Continua Alessandro Sietti: «Per quanto riguarda la prossima edizione, l’idea è riposizionarsi comunque nel mese di marzo perché l’olio ha la propria stagionalità e pertanto anche la fiera. La nuova location del Porto Vecchio ha indubbi vantaggi dal punto di vista della presentazione delle aziende, è uno spazio adeguato: come dico sempre, nelle fiere il contenitore è importante. Miglioramenti da fare ovviamente ce ne sono, soprattutto dopo due anni di Covid bisogna lavorare nel recuperare le abitudini del pubblico alle grandi manifestazioni alle quali è previsto un certo tipo di afflusso».

Il mercato (nota diffusa da Olio Capitale)

Il settore olio di oliva trova nel bacino del Mediterraneo l’area principale di coltivazione dell’ulivo, diviso fra Europa, Asia e Africa. La Spagna rappresenta il 45% della produzione mondiale seguita dall’Italia con il 15%. La produzione mondiale di olio da olive si attesta fra le 3.000 e le 3.500 migliaia di tonnellate, di cui 65-70% prodotto all’interno dell’Unione Europea fra i quattro principali produttori, in ordine decrescente, Spagna, Italia, Grecia e Portogallo. Al di fuori dell’Unione Europea i paesi maggiormente produttori sono la Tunisia e il Marocco in Africa, la Turchia e la Siria in Asia.

L’Italia, con 642.000 aziende, 1.133.000 ettari in coltivazione e 160 milioni di piante, è il secondo produttore mondiale, con una produzione nel 2021-2022 pari a 381.000 tonnellate di olio, dato in crescita del 15% rispetto alla precedente campagna olearia 2020-2021 quando la produzione si era attestata a 331.000 tonnellate. Dato che però risulta inferiore alla media della produzione di olio nel decennio 1989-1999 che è stata in Italia di oltre 540 mila tonnellate di olio d’oliva, ma nel decennio successivo è calata a 476 mila tonnellate (-12%); e nel periodo tra il 2013 e il 2017 è stata ancora più bassa: 376 mila tonnellate. Questi dati in un contesto in cui nel mondo, parallelamente, la produzione è salita del 38% (e il consumo del 42%).

Permangono problemi di tipo strutturale sull’olivicoltura italiana, sia a livello di fittezza di impianti che di produttività complessiva, legati a strutture di coltivazione obsolete e a sistemi da aggiornare, anche se l’olivicoltura collinare di alcune zone della penisola poco si prestano alla modernizzazione, possibile invece in circa il 37% della superficie italiana potenzialmente competitiva.

A livello nazionale le regioni maggiormente produttive sono la Puglia, la Calabria e la Sicilia, che assieme detengono oltre il 70% della produzione. Nell’annata olearia 2021-2022 si è assistito ad un recupero delle produzioni meridionali rispetto all’annata precedente, ma ad una forte contrazione in quelle dell’Italia Centrale e Settentrionale. Al Centro il calo produttivo è stato del 25-50% in media, ma con punte anche del 70%. Al settentrione, in Veneto e Lombardia, causa problematiche climatiche, gelate e grandinate, la produzione ha subito cali anche del 90%; in Liguria mediamente del 50%. La situazione del Friuli Venezia Giulia ha registrato un calo del 70%, con tenuta solamente della varietà Bianchera in alcuni comprensori.

A livello commerciale, l’Italia è il primo paese importatore di olio di oliva, da Spagna, Grecia, Tunisia e Portogallo: nel 2020 per 608.000 tonnellate ed un valore di 1.330 milioni di euro. Parallelamente è il secondo esportatore mondiale, con flussi che si dirigono principalmente verso gli Stati Uniti, la Germania, il Giappone e la Francia, ma in generale in tutti quei paesi del centro nord Europa in cui le condizioni climatiche non consentono la coltivazione dell’olivo: sempre nell’annata 2020 l’export ha assunto valori di 410.000 tonnellate per un controvalore di 1.455 milioni di euro, con un incremento in volume del 22% rispetto all’anno precedente.

Nel contesto internazionale, gli Stati Uniti presentano ampi margini di miglioramento dei consumi poiché la produzione californiana, seppur in crescita, non riesce a soddisfare il mercato interno. Il Sud America è un’area in forte espansione, sia dal punto di vista del consumo che della produzione che si concentra soprattutto in Argentina e in Cile. L’Africa magrebina sta ampliando le sue produzioni e la Tunisia si attesta come principale fornitore dell’Unione Europea. Il mercato asiatico risulta anch’esso in forte espansione, non solamente in Giappone ma anche in Cina e India, nonostante le tradizioni alimentari completamente diverse. Cresce anche la produzione in Australia.

A livello della qualità del prodotto, il 40% degli oli riconosciuti di qualità in Unione Europea è italiano, con ben 42 Denominazioni di Origine Protetta (DOP) e 6 Indicazioni Geografiche Protette, mentre paesi come la Spagna e la Grecia ne contano 29 ciascuna. La produzione italiana di Dop/Igp è pari appena al 3% del totale, con ampi margini di miglioramento.

In crescita la superficie condotta in biologico che interessa ben il 22% dell’intera superficie olivicola italiana, distribuita per il 31% in Puglia, 28% in Calabria, 16% in Sicilia e 6% in Toscana.

Fra i punti di forza dell’olivicoltura italiana si segnalano la capacità di una elevata differenziazione del prodotto, grazie a oltre 500 varietà iscritte nel Registro Nazionale e un territorio con aree vocate dalle caratteristiche pedoclimatiche anche profondamente diverse. Anche il valore paesaggistico, storico e culturale degli oliveti giocano un ruolo importante a favore della produzione nazionale.

La debolezza dell’olivicoltura italiana è legata invece principalmente alla frammentazione della struttura produttiva e ad un contesto territoriale in cui l’olivo costituisce presidio del territorio in situazioni orografiche difficili.

Tuttavia la crescente sensibilità dei consumatori verso le produzioni di qualità consente buone opportunità sul mercato internazionale, anche se la competizione sui costi di produzione e sulla qualità è crescente di anno in anno.

 

Tags: agricoltura turismo fiere camere di commercio Mipaaf - Ministero delle Politiche agricole, alimentari, forestali aziende agricole olio olive Trieste Associazione nazionale città dell'olio Friuli Venezia Giulia Regione Friuli Venezia Giulia export porto di Trieste Olio Capitale olivicoltura giappone

© 2017 Ciuffa Editore - Via Rasella 139, 00187 - Roma. Direttore responsabile: Romina Ciuffa