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DECRETO DI STABILITÀ: GLI EFFETTI SUL MONDO DEL GIOCO E SUGLI INTROITI PER L'ERARIO

All’indomani dell’approvazione del decreto legge di stabilità, che ancora una volta si è «occupato» del gioco pubblico con misure suscettibili di garantire un gettito per l’erario di un miliardo e 400 milioni, può essere utile una riflessione sui problemi del settore, coinvolgendo in primo luogo le responsabilità di operatori e pubbliche istituzioni. La prima considerazione è che la crescita degli ultimi anni ha attirato sul settore l’attenzione dell’erario e dei Governi dal momento che, potenziando l’offerta di gioco pubblico, si sono garantiti alle casse dello Stato introiti crescenti senza porre mano in modo esplicito alla leva fiscale; è stato così possibile affermare di «non aver messo le mani nelle tasche degli italiani» anche se la crescita del gettito è stata in larga misura frutto di una tassazione più o meno occulta sul gioco, che ha colpito non solo operatori ma anche giocatori.
Un primo interrogativo riguarda le caratteristiche strutturali del mercato del gioco pubblico: è plausibile che sia suscettibile di espansione pressoché all’infinito? Non sarebbe meglio interrogarci sugli effetti del continuo ampliamento dell’offerta di gioco? Interrogativo tanto più pressante in relazione al crescente peso dell’offerta di gioco on line che porta con sé problemi complessi, dalle procedure di identificazione del giocatore alla garanzia che non vi abbiano accesso i minori. La materia, già all’attenzione del libro verde del commissario europeo Michel Barnier, è scottante in relazione alla novità introdotta dal decreto di stabilità che ha reso possibile l’esercizio del poker on line non solo sotto forma di torneo ma in modalità cash: i giocatori potranno accedere a siti nei quali, usando la carta di credito, giocheranno direttamente contro altri giocatori essendo in palio non fiches ma denaro.
Non è difficile immaginare i problemi connessi: in primo luogo l’influenza che questa modalità può avere sull’atteggiamento psicologico del giocatore il quale, operando in una dimensione reale e virtuale insieme, rischia di perdere il senso del limite nell’importo delle giocate e di essere maggiormente esposto al rischio di compulsività; in secondo luogo è necessario adottare procedure rigorose per l’identificazione del giocatore sia per evitare che il gioco diventi strumento di riciclaggio, sia per garantire che al gioco on line accedano minori.
Tali problemi non sono peculiari del poker cash e neppure in generale del gioco on line; riguardano tutto il settore del gioco lecito con vincite in denaro, che ha conosciuto in Italia una grande diffusione da meno di un decennio: dalla realizzazione nel 2004 della più grande rete pubblica di apparecchi da intrattenimento - le slots presenti in quasi tutti i bar e in molti esercizi commerciali - alla liberalizzazione delle scommesse sportive e degli skill games decisa dal ministro Pierluigi Bersani, all’introduzione delle videolotteries voluta dall’attuale Governo per reperire risorse pronta cassa con il decreto «salva Abruzzo».
Ed eccoci al secondo interrogativo: se la realtà è questa, qual è l’atteggiamento più responsabile da assumere di fronte alle questioni, complesse e delicate, poste dal gioco pubblico, che alimenta quella che per fatturato è stata definita la terza industria del Paese? La tentazione di ricorrere a una scorciatoia proibizionista è forte, lo dimostrano l’atteggiamento dei media e gli atti del Parlamento. Del gioco si mettono in evidenza aspetti problematici se non esplicitamente negativi: il rischio che forti interessi economici espongano il settore all’azione di organizzazioni criminali, la presenza di sacche di gioco clandestino, la diffusione di comportamenti compulsivi con gravi conseguenze individuali, familiari e sociali. Un quadro non privo di fondamento, anche se effetto di disinformazione e superficialità come quando ci si ostina a chiamare videopoker gli apparecchi da intrattenimento collegati alla rete pubblica, equiparando macchine legali e controllate, che restituiscono ai giocatori il 75 per cento delle somme giocate, con apparecchi illegali, non di rado programmati per far perdere pesantemente il giocatore.
I problemi non vanno sottovalutati ma non giustificano, a mio parere, misure puramente restrittive che possono soddisfare una demagogia imperante incapace di risolverli. L’ampia diffusione del gioco non è un fenomeno congiunturale ma strutturale. Il proibizionismo sarebbe una risposta inefficace, rischierebbe di aggravare i problemi spingendo masse di giocatori tra le braccia della criminalità organizzata, che soddisferebbe in proprio e clandestinamente la domanda di gioco. Così pure la totale liberalizzazione o un ulteriore e indiscriminato allargamento dell’offerta di gioco possono essere la soluzione, che va invece individuata nella gestione pubblica, razionale e controllata del fenomeno, nella consapevolezza che è in ballo in primo luogo la tutela del cittadino-giocatore oltreché gli interessi legittimi di operatori ed erario.
Serve un cambio di passo culturale: occorre in primo luogo conoscere la realtà del settore per affrontarne i problemi, senza sottovalutazioni né demagogie. Troppo spesso si ha l’impressione che i mass media se ne occupino in chiave prevalentemente sensazionalistica, o che il legislatore veda in questa industria solo una fonte di facili introiti per lo Stato. Proprio perché i problemi e i rischi connessi alle dipendenze e alle forme compulsive possono essere origine di drammi individuali e familiari, occorrono serietà e senso di responsabilità.
Sulla promozione del gioco sicuro e responsabile si sono registrate iniziative meritorie di associazioni di categoria e concessionari del settore, coordinate con le campagne dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato. Anche in questo campo serve uno scatto: è necessario che gli operatori mettano a disposizione risorse per il contrasto e la prevenzione di dipendenze, ludopatie e comportamenti compulsivi, come previsto dal decreto di stabilità; ma soprattutto che si promuovano studi approfonditi dei comportamenti a rischio, con il contributo delle tecniche dell’intelligenza artificiale, per predisporre strumenti che aiutino il giocatore a leggere il proprio comportamento di gioco e a controllarne gli eccessi. Ricerche e studi che richiedono investimenti significativi che sarebbe opportuno venissero promossi in collaborazione tra associazioni di categoria, operatori e istituzioni. Costituirebbero un segnale significativo della volontà di sottrarre questi temi all’improvvisazione e all’estemporaneità con cui troppo spesso sono stati affrontati.

Tags: Abruzzo giochi e scommesse Settembre 2011 Francesco Tolotti

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