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TRASPORTI & RETI. ACCELERA IL TUNNEL NELLO STRETTO DI GIBILTERRA

«In confronto, il tunnel sotto la manica tra Francia e Inghilterra è stato un gioco da bambini!». È il ponte sullo Stretto di Messina? No, è sempre uno Stretto ma è quello di Gibilterra. A parlarne è Giovanni Lombardi, svizzero, uno dei massimi esperti nella realizzazione di dighe e opere sotterranee, nominato recentemente dal Governo di Madrid capo del progetto tecnico preliminare del tunnel che un giorno unirà la Spagna al Marocco, l’Europa all’Africa. «È una sfida senza precedenti nella costruzione di grandi opere, al limite del realizzabile», spiega con orgoglio l’ottantenne ingegnere, e ne ha ben donde.

Circa 40 chilometri di tunnel, 28 sottomarini e altri 10 in terra ferma, collegheranno Tarifa in Spagna a Tangeri in Marocco. Sarà solo ferroviario per due ragioni: guidare un autoveicolo per 40 chilometri in galleria non è da tutti; secondo, perché la tecnologia degli impianti di ventilazione alle profondità del tunnel, cioè a 400 metri, non è ancora in grado di risolvere il problema dell’inquinamento prodotto dai motori a combustione. In sezione il tunnel sembra un gigantesco trimarano largo 50 metri, con i due tubi esterni del diametro di 7,5 metri per il passaggio dei treni ed uno centrale di 4 metri per servizi e sicurezza.

L’idea di collegare le due sponde ha più di venti anni. Inizialmente era prevista la costruzione di un ponte, ma con il tempo è stata preferita la soluzione del tunnel. I primi studi di fattibilità risalgono al 1991, nel 1996 arriva il primo progetto e poi un periodo di galleggiamento fisiologico per opere di questa portata. Però lo scorso anno la Spagna ha dato un colpo di acceleratore lanciando un concorso per aggiornare il progetto del 1996 e, su quattordici concorrenti, ha vinto l’ingegner Lombardi.

Lo scorso settembre l’opera ha cominciato a prendere forma. La società pubblica spagnola Seceg e la marocchina Sned, incaricate di studiare il collegamento stabile tra i due Paesi, hanno concluso un contratto con un consorzio formato da quattro imprese: la spagnola Typsa, capo mandataria; la marocchina Ingema; l’italiana Geodata e la società d’ingegneria di Lombardi. I motivi per aggiornare il progetto sono di natura tecnica. Dal 1996 in poi sono stati effettuati nuovi studi geologici nell’area dello Stretto che devono essere tenuti in considerazione, sono cambiate le regole per la sicurezza e nel frattempo sono sensibilmente migliorate le tecniche costruttive.

Il progetto richiede una spesa di 900 mila euro, un po’ pochino lamentano i progettisti considerando che per le verifiche geologiche occorrerà ricorrere a navi oceanografiche norvegesi, americane o francesi, che costano come minimo un milione di euro ciascuna. Comunque sia, «entro un anno–promette Lombardi–, presenteremo i nostri studi alle concessionarie Seceg e Sned e loro dovranno decidere se andare avanti». «Se decidono di proseguire–precisa Angel Fernandez-Aller, ingegnere della Typsa–, il passo successivo sarà la costruzione di una galleria di perlustrazione che prevede un costo molto sostenuto». Fernandez-Aller tocca un tasto generalmente dolente per le grandi opere, ovvero i costi complessivi della realizzazione. Almeno 5 miliardi di euro, da aggiornare con l’inflazione e tenendo conto dei nuovi requisiti per la sicurezza.

Sulle modalità di finanziamento ancora non risulta nulla di scritto, occorre conoscere prima il livello di «project finanziabilità» del tunnel, ossia la sua capacità di generare profitti di fronte a pedaggi. Per questo motivo le due concessionarie Seceg e Sned hanno commissionato uno studio sui volumi di traffico alla società spagnola Ineco-Tifsa e alla francese Setec. Dalle prime stime si pensa che nel 2015 tra Spagna e Marocco transiteranno circa 8 milioni di passeggeri e nel 2025 si sfioreranno i 10 milioni.

L’attuale traffico di passeggeri nello Stretto di Gibilterra è concentrato nelle stagioni estive quando circa tre milioni di emigranti marocchini ritornano per le vacanze nel loro Paese. Un incremento di traffico dipenderà in larga parte da fattori politici. Se l’Algeria riaprirà le proprie frontiere con il Marocco, chiuse nel 1994, e se le strade del Maghreb miglioreranno, il tunnel potrà avere maggiori margini economici e magari potranno esservi le condizioni per pensare a uno schema di finanza di progetto, o meglio di public private partnership. Anche perché, Eurotunnel docet, un parziale ricorso al capitale di natura pubblica, rimborsabile con tempi molto lunghi e a tassi fuori mercato, è indispensabile per evitare l’esplosione degli oneri finanziari derivanti dall’acquisto di denaro solo sul mercato dei capitali.

Chiusa questa breve parentesi economico-finanziaria, quando si potrà passare in treno dall’Europa all’Africa? Gli ingegneri rispondono con titubanza a questa domanda, perché la risposta è condizionata dalla volontà politica. «Se lo vogliono–dice Fernandez-Aller–, noi possiamo stimare il 2025». Lo vogliono? La decisione di accelerare il progetto dimostra perlomeno una volontà del ministro spagnolo per le Imprese Magdalena Alvarez e del suo omologo marocchino Karim Ghelab di dare un impulso alla creazione, fra i due continenti, di un legame solido in grado di abbattere i muri geografici ma anche quelli sociali e culturali.

Esiste poi la grande opportunità di agganciare il tunnel alle grandi reti europee connettendo il bacino nord-africano al continente europeo. Dante condannò Ulisse all’Inferno perché osò oltrepassare le Colonne d’Ercole; oggi l’uomo le vuole unire e speriamo che non finisca nei gironi del Nimby.

Tags: trasporti infrastrutture reti anno 2006 FLORIO CALENZAI

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