TAKEDA AUTOMATIZZA LINEA PER PLASMADERIVATI NELLO STABILIMENTO DI RIETI
Raro e prezioso: è il plasma, di cui poco si sa fuori dalla comunità medica ma sulla carenza del quale bisognerebbe sensibilizzare molto di più per l’importanza che riveste. Toccando maggiormente pazienti con malattie rare, l’argomento resta un po’ borderline, ma questi dipendono dai medicinali da esso prodotti e sempre troppo poco si evidenzia che il plasma non è sintetizzabile. Per tali farmaci si ricorre quindi unicamente alle donazioni di sangue, che ne è costituito per circa il 55%. Ciò fa sì che l’Italia, che si avvale di donatori volontari e non remunerati, sia autosufficiente solo per il 75% (più di Spagna o Francia, comunque).
Anche di questo si è parlato durante l’inaugurazione del nuovo sito produttivo di Takeda Manufacturing a Cittaducale (Rieti), uno dei due in Italia dei 30 siti produttivi Takeda in 20 Stati: l’altro è a Pisa e sono entrambi dedicati alla lavorazione delle proteine (sono solo il 7% del plasma) albumina, immunoglobuline e fattori della coagulazione. È stata l’occasione toccare con i primi risultati del piano di investimenti quinquennale annunciato dall’azienda biotech giapponese nel 2021: 350 milioni di euro, teso ad aumentare capacità produttiva ed efficienza attraverso digitalizzazione e automazione dei processi. Con parte di questo investimento si è infatti realizzato un flusso diretto e interamente automatizzato per la rimozione del plasma congelato dai contenitori e per il ricevimento e lo stoccaggio in un magazzino freezer. Toccare con mano in senso metaforico: nell’area può accedere solo il supervisore al lavoro dei robot industriali, che svolgono azioni ripetitive come tagliare le sacche o le bottiglie nelle quali è conservato il plasma. Non ancora in funzione, in attesa dell’autorizzazione definitiva ormai in dirittura di arrivo, lo zero plasma touch flow, come viene chiamato, ha creato 150 nuovi posti di lavoro (mentre a Pisa si è costituita una linea all’avanguardia destinata solo all’albumina - proteina prodotta dalle cellule epatiche fondamentale contro cirrosi epatica, sindrome nefrosica ecc - , che in Toscana arriva dopo il frazionamento - separazione delle proteine utili - svolto a Rieti).
Obiettivo è sostenere il network internazionale di Takeda, attraverso costanti investimenti negli 8 siti industriali per i plasmaderivati in tutto il mondo (in Europa, anche uno in Belgio e uno in Austria): la capacità produttiva è infatti aumentata del 65% negli ultimi quattro anni e un’ulteriore crescita del 50% è prevista entro il 2028. C’è un crescente bisogno di donazioni di sangue e di plasma (sì, si può donare anche solo il plasma con un procedimento specifico, la plasmaferesi: il sangue del donatore viene reimmesso nella sua circolazione).
Nel solo 2023 la richiesta di immunoglobuline in Italia è aumentata del 3,8%: servono ad esempio per la prevenzione di epatite B, tetano, infezioni da CMV ecc, quindi neanche bisogna essere affetti da malattie rare come l’emofilia o le immunodeficienze primitive. E per rendersi conto dell’urgenza, basti pensare che contro queste ultime in un anno occorrono 130 donazioni mentre 1.200 quelle per un emofilico. Visto l’impatto dei farmaci plasmaderivati sulla vita delle persone Takeda collabora con il ssn in seguito all’aggiudicazione nel 2018 della gara per la lavorazione del plasma nazionale del Consorzio interregionale Plasma Network (Pla.Net.): il sangue donato in Lazio (con Ispettorato Generale della Sanità Militare), Campania, Marche, Molise e Toscana torna ai pazienti in queste regioni dopo il processo industriale.
Come ha commentato la general manager di Takeda Manufacturing Italia Francesca Micheli (nella foto mentre taglia il nastro, con il ministro Urso a destra), il sito reatino è cresciuto da una piccola realtà provinciale a un’eccellenza biotech di livello mondiale. L’impianto risale infatti a 50 anni fa, ma è con la recente acquisizione di Shire che sono divenuti Takeda. 750 i dipendenti a Rieti (250 a Pisa), e una crescita quadruplicata in dieci anni, il polo industriale è considerato un’eccellenza nel farmaco biotecnologico, autorizzato all’esportazione anche verso mercati cruciali come USA e Cina oltre a Giappone, Europa e Canada.
“Il pharma è la nuova avanguardia del made in Italy nel mondo”, ha dichiarato il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso sottolineando l’impegno del Mimit per l’attrazione degli investimenti esteri. Attivati infatti fast track autorizzatorie per accelerare l’approvazione di progetti di investimento qualora gli enti preposti non agissero velocemente: a partire da 25 milioni di euro, il ministero può avocare a sé l’iter autorizzativo; sopra i 400 milioni, un’unica conferenza servizi con le Regioni; a partire da 1 miliardo di euro si avvia una procedura d’urgenza, con un commissario straordinario nominato dal Governo. Carlo Riccini, vicedirettore di Farmindustria, descrive invece lo stato dell’arte: “È il secondo settore manifatturiero in Italia per saldo estero e il primo per crescita della produzione, che ha raggiunto 52 miliardi nel 2023 dei quali 49 miliardi per l’export. Nel 2023 ha investito 3,6 miliardi in ricerca e impianti hi-tech. E il Lazio è uno dei motori di crescita, al primo posto in Italia per export, con il 21% del totale e con il 43% di quello manifatturiero regionale”.
Nel futuro di Takeda c’è quindi un grosso impegno nella produzione di plasmaderivati e di farmaci per malattie rare ma anche per oncologia e gastroenterologia; sono oltre 20 i farmaci salvavita in commercio e si attendono 100 nuove registrazioni e approvazioni nei prossimi 3 anni nelle diverse aree di riferimento. E nella vita di certe categorie di malati c’è sicuramente Takeda che ha fatto proprie integrità, lealtà, onestà e perseveranza secondo quello che viene chiamato Takeda-ismo: valori coltivati dal 1781 quando il fondatore Chobei Takeda I inizia a vendere erbe medicinali della tradizione giapponese e cinese a Doshomachi, il quartiere dei farmaci di Osaka, in Giappone.
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