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conseguenze sociali e psicologiche della crisi economica: come reagire

FABIO MASSIMO GALLO presidente sezione Lavoro Corte d’Appello

di FABIO MASSIMO GALLO, presidente della sezione Lavoro della Corte d’Appello di Roma

Il 15 marzo scorso, nella prestigiosa sala Assunta dell’ospedale San Giovanni Calibita Fatebenefratelli, sull’Isola Tiberina in Roma, si è svolto un interessante convegno sul tema «Crisi economica e crisi d’identità», organizzato da Pier Luca Zuppi, psichiatra, dirigente medico dello stesso ospedale, e da Nicoletta Salvi, brillante e attivissima psichiatra della medesima struttura. La finalità dell’incontro, coordinato dal dottor Zuppi, era l’indagine sulle diverse ricadute dell’attuale crisi economica su soggetti che, per la perdita del lavoro o la forte diminuzione delle proprie disponibilità economiche, si trovano a dover fronteggiare situazioni fino a pochi anni o mesi prima, impensate, da soli o con le proprie famiglie; indagine finalizzata alla ricerca di soluzioni per ridurre quanto più possibile le conseguenze negative delle nuove situazioni di disagio.
Alla tavola rotonda hanno partecipato operatori di diversi settori, in particolare Andrea Gaddini di Lazio Sanità, la stessa Salvi e Patrizia Baldassarre, psichiatra presso l’ospedale ospitante, Rosaria De Maria, psicologa di Prato, Francesca Zuccari, della Comunità di Sant’Egidio, Chiara Caprini del servizio sociale dell’ospedale San Giovanni Calibita Fatebenefratelli, Don Andrea Manto, della Pastorale sanitaria di Roma; e, inevitabilmente, un magistrato del Lavoro. Tutti hanno apportato il proprio contributo di esperienze ed idee, con intensa partecipazione e indubbio arricchimento reciproco. Di particolare interesse, anche perché non frequente in simili occasione, la presenza del regista Carlo Benso, autore del film opera prima Fuorigioco.
Sul piano storico, è emerso che la crisi economica che da ormai un quinquennio grava su gran parte del pianeta con riflessi pesantissimi sul nostro Paese, ha effettivamente prodotto un generale impoverimento della società, come confermato, con riferimento specifico alla capitale, dalla dottoressa Caprini, da anni operatrice dei servizi sociali, e dalla Zuccari la quale ha riferito che negli ultimi anni è aumentato continuamente il numero degli italiani che frequentano stabilmente la mensa, e che si tratta di presenze durature mentre gli stranieri si avvicendano piuttosto rapidamente in quanto prevalentemente di passaggio; la stessa ha altresì segnalato che è aumentato il numero degli italiani che si avvalgono delle strutture di accoglienza e dei servizi, avendo perso l’abitazione per l’impossibilità di pagare il canone di locazione; o talvolta, per debiti, l’abitazione di proprietà.
Sulla scorta della propria ampia esperienza, la dottoressa Zuccari ha ancora evidenziato che spesso le persone che si recano presso la comunità non hanno bisogno solo di assistenza materiale, ma anche di essere ascoltate e confortate, perché la crisi in cui si trovano è relazionale e non solo economica; ed ha infine rilevato i sintomi di una crisi culturale che aggrava quella materiale, perché si assiste ad una sopravvalutazione del lavoro come momento produttivo, con conseguente disistima anche personale per il soggetto che non è più produttivo.
Con riferimento a un aspetto particolarmente doloroso ed attuale, Andrea Gaddini ha riferito che da stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità emerge un’oggettiva coincidenza tra l’aumento della disoccupazione e la crescita di suicidi e omicidi, e che secondo fonti dell’Unione Europea, si è verificato in Italia, dal 2008 al 2010, un aumento del 58 per cento dei suicidi; tuttavia al vertice di questa triste classifica si colloca per lo stesso periodo la Finlandia, seguita dall’Austria, mentre l’Italia occupa uno degli ultimi posti, seguita da Grecia e Spagna.
Si deve allora concludere che, mentre è accertato un rapporto tra crisi economica e salute, non è ancora possibile ricollegare con sicurezza - a parte singoli casi che suscitano emozione ma non sono fortunatamente molto rilevanti statisticamente - la crisi economica alle scelte estreme, visto che il più virtuoso dei Paesi europei, la Finlandia, è quello ove si verifica il maggior numero di suicidi. Anzi occorrerebbe forse evitare di enfatizzare certe situazioni, per non aggravare lo sconforto e non creare il pericoloso effetto di emulazione, sempre in agguato in presenza di notizie a forte impatto emotivo.
Altro motivo di riflessione particolarmente significativo, e condivisibile, è stato introdotto dalla dottoressa Salvi la quale ha sottolineato come non si possa pensare di ridurre a patologia da curare con terapie mediche il disagio di chi si trova, per la perdita del lavoro o anche a seguito di una separazione dal coniuge, in una oggettiva situazione di disagio e conseguente sconforto e sfiducia in se stesso. È necessario, al riguardo, affrontare il problema in modo multidisciplinare e non esclusivamente in chiave psichiatrica.
Un contributo concreto e positivo è venuto dalla dottoressa Rosaria De Maria, che si occupa del servizio pubblico e delle tossicodipendenze di Prato, la quale ha evidenziato la necessità del sostegno psicologico per le persone che hanno perso il lavoro, e come sarebbe opportuna un’azione in tal senso anche da parte delle organizzazioni sindacali, le quali invece sono, allo stato attuale, più attente all’aspetto della perdita del posto di lavoro che ai risvolti psicologici di tale evento; ha inoltre riferito la scarsa efficacia dei corsi di riqualificazione professionale, se manca una partecipazione aperta, costruttiva e non rinunciataria da parte del soggetto che ha perso il proprio lavoro ed è chiamato a cimentarsi in altri settori.
Lo stesso dottor Zuppi aveva già segnalato, a sua volta, come la capacità di reazione di fronte alla crisi economica dipenda anche dalla capacità individuale di adattamento. Certamente, come magistrato delle controversie di lavoro, sono ben consapevole della centralità dell’attività lavorativa nella vita delle persone, non solo sotto il profilo economico, ma come realizzazione della dignità personale. Tuttavia è bene tenere presente che, come sottolineato da Don Andrea Manto, in linea peraltro con le considerazioni di quasi tutti i precedenti interventi, occorre superare la concezione che valuta l’uomo per quello che fa e produce, rivalutando per contro altre componenti della persona ed altri valori morali e culturali.
Solo così, in effetti, si può evitare che colui che perde il lavoro si senta davvero un emarginato, un soggetto inutile a sé, ai suoi cari e alla società. Accade a volte, ed è stato riferito nel corso della tavola rotonda, che la perdita del lavoro venga vissuta drammaticamente anche al di là delle conseguenze economiche, che talvolta vengono attutite anche grandemente dagli aiuti delle famiglie o da una condizione economica tranquilla dell’interessato. E questo è il tema affrontato nel film Fuorigioco, che racconta di un uomo che, occupando un posto di lavoro elevato, quando perde il posto perde non già la tranquillità economica, ma il prestigio, l’appagamento psicologico e, in certa misura, il potere.
Il superamento della visione materialista - capitalista non meno di quella marxista - che in definitiva fonda il valore della vita sulla produzione e sul lavoro, e la consapevolezza che il lavoro è una componente fondamentale, ma non l’unica, della personalità umana, aiuterebbero certamente a reagire innanzi tutto a quelle situazioni in cui la perdita del posto di lavoro, o la chiusura dell’azienda di proprietà, non si accompagnano alla completa povertà; ma potrebbero anche dare il coraggio di affrontare e sopportare le situazioni più drammatiche, con la consapevolezza che il valore dell’uomo non dipende da quello cha ha, ma da quello che è.
Tuttavia, se è vero che prevenire è meglio che reprimere - e, in medicina, è meglio che curare -, è altamente auspicabile che venga superata quella crisi economica e occupazionale che mette duramente alla prova un numero sempre crescente di persone in tutto il mondo. Crisi economica che trova la sua causa proprio in quella ricerca del profitto spinta alle estreme conseguenze, che si pone anch’essa come causa ed effetto nello stesso tempo della perdita dei valori morali ed etici dell’Uomo.    

Tags: Maggio 2013 lavoro psicologia disoccupazione lavoratori Fabio Massimo Gallo

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