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La Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri a Roma: una chiesa nata in un luogo insolito, antiche terme romane

chiesa di Santa Maria degli angeli e dei martiri a Roma

Nata nel 1561 per volontà di Antonio Lo Duca, sacerdote siciliano devoto al culto degli angeli, e che vi dedicò tutta la vita fino alla morte avvenuta il 30 febbraio 1564, pochi giorni dopo la scomparsa di Michelangelo, il 20 luglio 1920 la chiesa romana di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, situata in quella che era allora chiamata Piazza Esedra, fu innalzata dal Papa Benedetto XV a Basilica. Della sua costruzione era stato incaricato Michelangelo, ormai 86enne; alla sua morte i lavori furono continuati dal suo allievo Jacopo Del Duca. Nel 1700 intervenne sulla chiesa l’architetto Clemente Orlandi che alterò profondamente il progetto michelangiolesco; a lui successe Luigi Vanvitelli che cercò di rimediare all’insensata opera del collega e che vi apportò anche altre modifiche.
Nel corso dei secoli molti furono gli interventi; le alterazioni non impediscono tuttavia di apprezzare Michelangelo, la complessa e ricca articolazione spaziale, la singolarità della planimetria, l’apertura verso gli insediamenti urbani attraverso i due vestiboli.
Dopo l’avvenuto abbattimento della facciata del Vanvitelli, dal 1911 si accede alla Basilica dai resti di un’aula cilindrica delle Terme di Diocleziano, un’entrata del tutto atipica per una chiesa, che non lascia intendere minimamente l’ampiezza degli spazi interni. Le terme in genere, dal I secolo dopo Cristo in poi, erano costruite con aulica grandiosità; gli imperatori vi profondevano i loro tesori perché i posteri più lontani conoscessero lo splendore della loro epoca e la loro generosità verso il popolo romano, che amava recarsi alle terme non solo per le complesse pratiche balneoterapiche, ma anche per partecipare in modo del tutto caratteristico alla fervida vita cittadina, una parte non indifferente della quale si svolgeva appunto in quelle pubbliche strutture.
Quei complessi edifici comprendevano non solo gli impianti termali balneari ma, secondo la tradizione greca, anche il «ginnasio». Si poteva assistere a conferenze e a giochi ginnici nelle esedre e nelle palestre; negli affollati locali di ritrovo, nei portici per il passaggio al coperto si trovava la conferma dell’ultima notizia e i commenti all’ultimo retore di grido; poeti alle prime armi, dei quali ci parlano con ironia Orazio e Petronio Arbitro, cercavano fama nelle terme affliggendo il pubblico con i loro ultimi versi. Marziale ne era perseguitato anche lì: «Et stanti legis, et legis sedenti. In thermos fugio, sonat ad aures». Vi erano poi biblioteche, pinacoteche, sale per audizioni di musica, xysti, ambulationes, dove il pubblico affluiva dopo il bagno freddo, tiepido o caldo, divenuto una piacevole necessità di vita; ma tutto si svolgeva in un ambiente fastoso e raffinato: dalla perfetta funzionalità e tecnica degli impianti, alla sfarzo delle decorazioni musive e architettoniche.
In alcuni passi di scrittori latini, come Plinio il Giovane e Luciano, è rappresentata la vita nelle terme, dove una raffinata espressione di civiltà metteva in pratica un fondamento della dottrina galenica nella sanità del corpo e della mente egualmente e nobilmente esercitati, allietati dal particolare ambiente. Seneca, che nelle terme neroniane poté vedere per la prima volta il tradizionale bagno romano abbinato al ginnasio, innovazione che l’esteta Nerone aveva portato al ritorno dal suo viaggio in Grecia, scriveva che «nelle terme tutto era prezioso». Ancor più preziose furono le terme che Massimiano Valerio Augusto in persona volle curare. Si ispirò a quelle di Caracalla, ma erano più perfette. Classiche nell’architettura, razionali negli impianti, di inimitabile ricchezza negli ornamenti marmorei e musivi, potenti nella struttura ed espressive di una grandiosa epoca imperiale.
La zona scelta da Massimiano per le nuove terme fu la nobile Regione VI Augustea, tra il colle Vicinale e il Castro Pretorio. Il luogo formava un’altura pianeggiante dove i rari edifici furono espropriati con poca spesa. Su un’area rettangolare di metri 376 per 361 fu realizzata la tipica disposizione termale imperiale, con un poderoso recinto esterno e fabbriche rotonde ai lati, in cui si inserivano emicicli sui due lati più corti; nei due più lunghi, in uno il prospetto principale, parallelo alla odierna Via Volturno, dava accesso al frigidarium, grande piscina per nuotatori , nell’altro si apriva il theatrum, immensa esedra le cui linee generali sono conservate da quelle attuali, all’inizio di Via Nazionale, con le consuete gradinate da cui gli spettatori assistevano a spettacoli e giochi ginnici, limitata da un’altra parete adorna di edicole a colonne a festoncini di grande effetto decorativo.
Dei 130 mila metri quadrati di superficie un quarto era occupato dal reparto termale con i tre caratteristici ambienti a differente temperatura: calidarium, tepidarium e frigidarium coperto. Nella sala più ampia e sontuosa con triplice volta a crociera, oggi si ammira Santa Maria degli Angeli. Otto gigantesche colonne di granito egiziano sono tuttora visibili nella chiesa. L’imponente costruzione fu iniziata nel 298 d.C. e completata tra il maggio 305 e il luglio 306. Assorbì migliaia di braccia; tutti coloro che nelle milizie avessero rifiutato di obbedire al comando di onorare gli dei tradizionali sarebbero stati obbligati ai lavori nelle cave di pietra e di rena, nella fabbricazione dei mattoni e nella costruzione degli edifici. Ingente il numero dei martiri cristiani.
Piazza dell’Esedra, con la maestosa Fontana delle Naiadi, è una delle più moderne piazze di Roma, ma il luogo dove sorge ha una storia molto antica, quella delle terme di Diocleziano. Costruite in solo 8 anni dal 298 al 306 d.C., rimangono le più grandi di Roma e del mondo romano. La costruzione assorbì migliaia di braccia, a Roma e oltremare: greci ed egiziani nelle cave dei marmi pregiati; carpentieri che nelle foreste dovevano provvedere al legname per le impalcature e le armature delle volte e degli archi; trasportatori, addetti alle vettovaglie e al vestiario.
Tutti coloro che nelle milizie avessero rifiutato di obbedire al comando di onorare gli dei tradizionali sarebbero stati obbligati ai lavori nelle cave di pietra e di rena, nella fabbricazione dei mattoni e nella costruzione degli edifici. Nel V secolo, a causa della distruzione degli acquedotti da parte dei Goti, quelle terme caddero in disuso, e per secoli venereo depredate di ogni materiale di valore, fino a diventare cava di pozzolana per i costruttori del Medioevo. Quelle imponenti rovine lasciano immaginare migliaia di persone magistralmente dirette che, contemporaneamente, davano vita ai più svariati lavori: disegnare, costruire, scolpire, dipingere, nello stesso spazio e tempo.
Una gigantesca statua di San Bruno, fondatore dei Certosini, dello scultore francese Jean Antoine Houdon, accanto all’angelo-acquasantiera, della scuola del Bernini, accoglie il pellegrino a ricordare la presenza dei monaci certosini che, dal 1581 al 1873, abitarono la chiesa e il monastero, oggi museo. In Santa Maria degli Angeli, antico e moderno armoniosamente si fondono senza discontinuità, e la bellezza del sacro genera il fascino di una cultura di arte, scienza e fede.   

Tags: Maggio 2013 arte Roma architettura aree archeologiche Chiesa architetti

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