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OUA - PERCHÉ È INCOSTITUZIONALE LA LEGGE SULLA REVISIONE DELLA GEOGRAFIA GIUDIZIARIA

Sono numerose le illegittimità costituzionali insite nel procedimento legislativo con il quale il Governo ha disposto la revisione della geografia giudiziaria; l’OUA ha chiesto un parere al prof. Giuseppe Verde. La Costituzione esclude che il Governo possa conferire a se stesso l’esercizio delegato della funzione legislativa, ed è inammissibile che la conversione del decreto-legge avvenga con atto normativo proveniente dallo stesso organo costituzionale che l’ha emanato

La normativa sulla revisione della geografia giudiziaria, che prevede una delega al Governo, è contenuta nella legge 14 settembre 2011 n. 148 che ha convertito in legge, modificandolo, il decreto-legge 13 agosto 2011 n. 138, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo. L’OUA ha interpellato il prof. avv. Giuseppe Verde che ha predisposto un parere che segnala numerose illegittimità costituzionali della legge.
Anzitutto va premesso che la disciplina costituzionale della delegazione legislativa si rinviene negli articoli 76 e 77 della Costituzione, mentre l’articolo 14 della legge n. 400 del 1988 definisce le regole procedimentale che il Governo segue al momento dell’esercizio della funzione legislativa delegata. Il Governo non può adottare decreti che abbiano valore di legge ordinaria senza delegazione della Camere. Il Parlamento delega al Governo l’esercizio della funzione legislativa definendo i principi e criteri direttivi, l’oggetto e il tempo entro il quale il Governo dovrà adottare il decreto legislativo.
Secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, la legge delega dovrebbe costituire «il presupposto che condiziona l’esercizio dei poteri delegati del Governo e ne delimita lo svolgimento della relativa funzione, come riconosciuta e determinata dalla Costituzione stessa. In conseguenza di ciò la legge di delega non contiene, nella sua qualità di atto-fonte, caratteri differenziali tali da comportare un regime d’impugnazione diverso da quello proprio delle altre leggi.
Sotto il profilo del contenuto, la legge delega è un vero e proprio atto normativo, nel senso che è diretto a porre, con efficacia erga omnes, norme (legislative) costitutive dell’ordinamento giuridico: norme che hanno la particolare struttura e l’efficacia proprie dei «principi» e dei «criteri direttivi» ma che, per ciò stesso, non cessano di possedere tutte le valenze tipiche delle norme legislative. Pertanto, come non può essere contestata l’idoneità delle disposizioni, contenute nella legge delega, a concorrere a formare, quali norme interposte, il parametro di costituzionalità dei decreti legislativi delegati, così non può essere negata, in linea di principio, l’impugnabilità ex se della legge di delegazione (sentenza della Corte costituzionale n. 224 del 1990).
Pertanto è possibile sostenere l’illegittimità costituzionale di una delega legislativa ove questa violi la Costituzione, indipendentemente dai rilievi che potranno essere mossi nei confronti del decreto legislativo delegato. Ed ove si accertasse l’illegittimità della legge delega per violazione dell’articolo 76 della Costituzione, ne conseguirebbe che il decreto legislativo, adottato sul presupposto di una legge delega costituzionalmente illegittima, è esso stesso illegittimo. In questo caso l’illegittimità della legge delega deriva dall’assenza dei requisiti essenziali richiesti per essa.
Parimenti illegittimo è il decreto legislativo che violi la legge delega non rispettando i principi, i criteri direttivi, l’oggetto, o perché adottato oltre il termine in essa contenuti. Il decreto legislativo si prospetta come atto normativo primario illegittimo dal momento che la legge delega si atteggia a norma interposta fra le disposizioni costituzionali e il decreto legislativo. Ciò precisato, il prof. Verde ha rilevato che la disciplina costituzionale della delegazione legislativa prevede che, ai sensi dell’articolo 72, comma 4, della Costituzione, la legge delega è una di quelle leggi per le quali è richiesta «la procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera».
È in proposito sufficiente ricordare che la delega al Governo non può che essere contenuta in un atto normativo primario del Parlamento. In questi casi si parla di riserva di legge formale nel senso che l’intervento dell’organo legislativo attraverso la legge è finalizzato a controllare l’azione dell’Esecutivo o ad assicurare un concorso del Parlamento rispetto all’esercizio dei poteri del Governo (per esempio legge delega e decreto legislativo).
Ne consegue che la Costituzione esclude che il Governo possa conferire a se stesso l’esercizio delegato della funzione legislativa, così come sarebbe inammissibile che la conversione del decreto legge avvenisse con un atto normativo proveniente dallo stesso organo costituzionale che ha adottato il provvedimento provvisorio di cui all’art. 77 della Costituzione. Si può affermare che il Governo non può «autoattribuirsi la delega», e che «il divieto deve intendersi riferito non solo al decreto legge ma anche alla legge di conversione». Quanto emerge dalla giurisprudenza costituzionale sulla natura della legge delega e sul rapporto fra legge delega e decreti legislativi ha come presupposto fondamentale la distinzione dei ruoli che l’articolo 76 della Costituzione stabilisce per il Parlamento e per il Governo. Ciò premesso, è da chiedersi se l’articolo 76 sia stato rispettato in occasione dell’avvenuta approvazione della legge n. 148 del 2011.
Aiuta, nella risposta, il rilievo che la delega di cui alla legge n. 148 del 2011, che ha previsto la revisione della geografia giudiziaria, è frutto dell’approvazione di un maxi-emendamento su cui il Governo ha posto la questione di fiducia, presentato nel corso di un procedimento legislativo di conversione di un decreto legge. Questo ha dato vita ad una decisione parlamentare in contrasto con quanto disposto dagli articoli 70, 72, 76 e 77 della Costituzione, consentendo al Governo di essere contestualmente promotore e destinatario della delega ed esautorando il Parlamento della funzione assegnatagli dalla Costituzione.
Secondo l’illuminato parere del prof. Giuseppe Verde, è da ricordare che l’articolo 72 comma 4 della Costituzione pone una riserva di legge d’Assemblea: anche l’approvazione di un disegno di legge di delegazione legislativa deve avvenire secondo una «procedura normale» che consenta l’esame e l’approvazione diretta della Camera. L’esame e l’approvazione secondo la procedura normale impongono un rinvio al primo comma dell’articolo 72 e questo, a sua volta, prevede che «ogni disegno di legge è esaminato da una Commissione e poi dalla Camera stessa che l’approva articolo per articolo e con votazione finale».
Nel procedere alla ricostruzione dell’iter procedimentale relativo alla conversione del decreto legge n. 138, si percepisce che si è determinata una situazione particolare: nel contesto del procedimento di conversione in legge di un decreto legge, il Governo ha presentato un maxi-emendamento con il quale ha riscritto il decreto legge n. 138, ed ha parimenti approvato la delega qui in discussione. Si registra, quindi, un attacco forte ad alcuni principi che presiedono al sistema delle fonti e ai rapporti fra Parlamento e Governo. In proposito va richiamata la circolare del presidente del Senato del 10 gennaio 1997 in tema di istruttoria legislativa nelle Commissioni, nella quale si afferma che «l’articolo 72 della Costituzione prescrive che ogni disegno di legge sia esaminato da una Commissione prima di essere sottoposto al vaglio dell’Assemblea. La procedura in sede referente, insieme con l’attività consultiva ad essa collegata, costituisce perciò la fase istruttoria obbligatoria del procedimento legislativo.
I principi che regolano tale fase sono differenziati da quelli propri delle procedure deliberanti, le quali sono dirette alla definitiva approvazione del testo legislativo. La fase istruttoria è, invece, finalizzata all’acquisizione degli elementi utili alla decisione e alla conseguente elaborazione del testo per consentire la deliberazione dell’Assemblea. In vista dell’adempimento di tale compito, l’esame in sede referente è caratterizzato dalla flessibilità e dall’informalità della procedura, in contrapposizione con la rigidità propria delle fasi deliberanti.
Si violerebbe una norma costituzionale sul procedimento legislativo se venisse omessa l’attività preparatoria sul procedimento legislativo. Infatti la Costituzione disciplina, nelle loro grandi linee, i diversi procedimenti legislativi e pone limiti e regole da specificarsi nei regolamenti parlamentari. Il rispetto delle norme costituzionali, che dettano tali limiti e regole, è condizione di legittimità costituzionale degli atti approvati, come la Corte costituzionale ha affermato a partire dalla sentenza n. 9 del 1959, nella quale ha stabilito la propria competenza a controllare se il processo formativo di una legge si è compiuto in conformità alle norme con le quali la Costituzione direttamente regola tale procedimento (Corte costituzionale n. 22 del 2012).
Nel caso specifico, nel dossier della Camera dei deputati n. 317 dell’8 settembre 2011 «Elementi per la valutazione degli aspetti di legittimità costituzionale», si segnala la «costante giurisprudenza del Comitato per la legislazione che, nei propri pareri, ha sempre formulato condizioni volte alla soppressione di tali disposizioni in quanto l’inserimento in un disegno di legge di conversione di disposizioni di carattere sostanziale, soprattutto se recanti disposizioni di delega, non appare corrispondente a un corretto uso dello specifico strumento normativo rappresentato da tale tipologia di legge».
Tale passaggio è ulteriormente confermato dal parere reso dal Comitato per la legislazione nella seduta dell’8 settembre 2011, parere nel quale è stata avanzata la condizione che «siano soppresse le disposizioni di cui ai commi da 2 a 5 volte a conferire una delega al Governo in materia di riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari, in quanto non appare corrispondente a un corretto uso dello specifico strumento normativo rappresentato dal disegno di legge di conversione di un decreto-legge, l’inserimento al suo interno di una disposizione di carattere sostanziale, in particolare se recante disposizioni di delega, integrandosi in tal caso, come precisato in premessa, una violazione del limite di contenuto posto dal già citato articolo 15 comma 2 lettera a) della legge n. 400 del 1988».
In merito alla cosiddetta riserva di legge di Assemblea ex articolo 72 comma 4 della Costituzione, è necessario considerare che - oltre ai disegni di legge di cui all’articolo 72 - i regolamenti parlamentari estendono la riserva di legge d’Assemblea anche ad altri disegni di legge; si tratta di disegni di legge di conversione del decreto legge, dei disegni di legge finanziaria, delle leggi rinviate dal Capo dello Stato, e infine di tutti i disegni per quali è richiesta l’approvazione con voto segreto, considerato che ciò può avvenire solo in Aula.
In tema di riserva di legge di Assemblea si sovrappongono, quindi, due discipline: una costituzionale e una regolamentare. Il vincolo costituzionale per i disegni di legge di delegazione è posto dall’articolo 72 comma 4; per il disegno di legge di conversione il vincolo si manifesta con l’articolo 96 bis del regolamento della Camera dei Deputati e all’articolo 35 del regolamento del Senato. La Corte costituzionale ha da tempo precisato che il giudizio sull’eventualità che un disegno di legge rientri «tra quelli per i quali l’ultimo comma dell’articolo 72 della Costituzione esige la procedura normale di approvazione, escludendo quella decentrata, involge una questione di interpretazione di una norma della Costituzione che è di competenza della Corte costituzionale agli effetti del controllo della legittimità del procedimento di formazione di una legge». (continua qui)

Tags: Ottobre 2012 Maurizio de Tilla avvocatura

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