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Il rilancio della politica degli appalti: un sistema integrato per la gestione dei rifiuti

di GIUSEPPE BORGIA consigliere dell’autorità per la vigilanza sui contratti pubblici

Il mercato dei contratti pubblici è caratterizzato da una domanda che, negli ultimi anni, ha risentito degli effetti negativi della crisi economica iniziata nell’anno 2008; effetti che, come specificato in numerose occasioni dall’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, non sono stati immediati poiché le pubbliche Ammini-strazioni effettuano una programmazione in largo anticipo, individuando quali e quante risorse economiche del proprio bilancio destinare nel medio periodo alle specifiche esigenze. Si evidenzia, pertanto, un’incidenza delle fasi economiche recessive diversamente apprezzabile nel tempo, a seconda che si prenda come riferimento la domanda privata o quella pubblica.
Dal lato dell’offerta, invece, il settore dei contratti pubblici è stato sensibilmente influenzato da due fenomeni principali: il cosiddetto «credit crunch», ovvero stretta creditizia, per indicare un calo significativo o un inasprimento improvviso delle condizioni dell’offerta di credito da parte degli istituti bancari, che alzano i propri tassi di interesse precludendo l’accesso al credito in mancanza di idonee garanzie, e il fenomeno dei ritardati pagamenti da parte delle pubbliche Amministrazioni.
La combinazione di questi due fenomeni ha condotto alla crisi e, in molti casi, alla successiva cessazione dell’attività delle micro, delle piccole e delle medie imprese, che principalmente risentono in maniera grave della mancanza di liquidità. Tornando al tema della domanda che caratterizza il mercato dei contratti pubblici, si sottolinea che nell’anno 2012 è stato registrato un duplice calo sia nel numero degli appalti sia nell’importo dei medesimi: i contratti aggiudicati, nell’insieme, sono diminuiti di circa il 13,4 per cento, mentre l’importo di aggiudicazione ha subito una contrazione pari a circa l’8 per cento rispetto all’anno precedente.
I dati forniti, figuranti nella Relazione annuale al Parlamento, si riferiscono ai soli appalti di importo compreso tra 150 mila e 5 milioni di euro, nella considerazione che questi rappresentano l’85 per cento circa del totale, con una maggiore incidenza nei settori ordinari, mentre la domanda nei settori speciali è caratterizzata da importi più elevati. Il numero delle procedure attivate riguarda per il 37 per cento circa i lavori, che si traduce nell’importo dei contratti affidati pari al 25 per cento del totale; mentre nel settore dei servizi, macroarea nell’ambito della quale rientra il settore della gestione e dello smaltimento dei rifiuti, di fronte a poco più del 32 per cento del totale delle procedure, risultano essere stati affidati contratti per un importo pari ad oltre il 48 per cento del complessivo volume appaltato.
Dal dato appena esposto si evince che l’importo medio di un contratto di servizi pubblici nei settori ordinari, pari a 2.419.054 euro, è notevolmente superiore al corrispondente valore di quelli di lavori, pari a 1.103.579 euro, e di forniture, pari quest’ultimo a 1.367.247 euro.
Ove si concentri l’attenzione sul settore dei servizi di importo superiore a 150 mila euro, in particolare, emerge in maniera univoca il ruolo preponderante rivestito dai contratti di affidamento di servizi fognari, di raccolta dei rifiuti, di pulizia e ambientali, che costituiscono il 18 per cento del totale delle procedure, raggiungendo addirittura circa il 38 per cento dell’importo complessivo riscontrato nell’anno 2012. Dal punto di vista della tipologia di procedura prescelta per l’affidamento dei servizi si fa notare come nel 57 per cento circa dei casi si sia trattato di procedura aperta, nel 27 per cento di quella ristretta e, infine, nel 14 per cento della procedura negoziata.
È inutile rammentare che sullo stato di attuazione del sistema di gestione integrata dei rifiuti il Consiglio dell’Autorità, nel novembre del 2008, aveva già disposto l’avvio di un’indagine conoscitiva attraverso l’acquisizione di documentazioni e di informazioni da parte di Regioni, di Province autonome e di Comuni capoluogo di provincia. Orientata a verificare le modalità di affidamento dei servizi anche alla luce della giurisprudenza comunitaria e alla previsione contenuta nell’articolo 23 bis della legge 133/2008, l’indagine è proseguita nel corso del 2009, concludendosi con l’adozione della Deliberazione n. 2 del 13 gennaio del 2010.
Dalla verifica svolta a suo tempo è emerso che la filiera della gestione dei rifiuti, concepita dal legislatore come un ciclo chiuso, risulta frammentata e affidata spesso a vari gestori nelle sue diverse fasi di raccolta, spazzamento, trasporto, recupero e controllo, in contrasto con il decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152 su Norme in materia ambientale. Infatti, dopo oltre dieci anni dall’entrata in vigore del decreto Ronchi e degli aggiornamenti del citato Codice dell’ambiente, le Regioni non hanno ancora dato piena applicazione alla normativa: solo pochi ATO, ovvero Ambiti territoriali ottimali, sono stati individuati, soprattutto nel Centro-Nord, e pochissime, pressoché assenti, le relative Autorità di ambito; il mancato trasferimento delle competenze in materia di gestione integrata dei rifiuti alle citate Autorità ha comportato il perdurare della frammentazione dei servizi dei rifiuti non soltanto dal punto di vista territoriale ma anche nella gestione delle varie attività di raccolta, trasporto, recupero e smaltimento, e del connesso controllo di tali operazioni e delle discariche dopo la chiusura.
Un positivo segnale verso il ricorso al gestore unico settoriale è rappresentato dalla Regione Toscana, la quale con legge n. 69 del 28 dicembre 2011 ha istituito l’Autorità per il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani nell’Ambito territoriale ottimale Toscana, ed ha stabilito, in via definitiva, che l’affidamento del servizio in oggetto all’interno della zona considerata, delimitata territorialmente dalle province di Livorno, Lucca, Massa Carrara e Pisa, sarebbe stato affidato a una società mista pubblico-privata; è recente la pubblicazione di un bando, relativo al settore che qui interessa, per un importo a base di gara di circa 5 miliardi di euro.
L’accennata frammentazione emerge anche dall’analisi dei dati raccolti dall’Osservatorio dell’Autorità, nei quali raggiungono il numero di 25 le note classificazioni basate sulle CPV - vocabolario comune per gli appalti pubblici adottato dal regolamento CE n. 213/2008 - usate dalle stazioni appaltanti per individuare l’oggetto dei singoli contratti nel settore dei rifiuti. Ove si prendano le mosse dalla constatazione di questa notevole varietà di CPV, i dati degli appalti ad esse riferibili risultano, nell’anno 2012, pari a 5.534 procedure di fronte all’importo complessivo di circa 11 miliardi di euro, pressoché il doppio dell’importo delle procedure espletate nell’anno precedente; per circa il 60 per cento del totale indicato si è trattato di appalti di importo compreso nel valore di 150 mila euro, mentre costituiscono una minoranza quelli di importo superiore ai 500 mila.
Se, poi, si esaminano i dati sotto il profilo della procedura di affidamento adottata, si rileva come in circa l’80 per cento delle ipotesi le stazioni appaltanti abbiano fatto ricorso alla procedura negoziata - 3.813 procedure rispetto a un totale di 5.534 -; e, nell’ambito di questa, prevalentemente all’affidamento di 2.655 in economia; nel 10 per cento delle fattispecie sono, invece, i ricorsi all’affidamento diretto sono stati 533 e, in misura meno marginale, ossia 907, i ricorsi alla procedura aperta. Ove si assuma, infine, come criterio di analisi quello che fa riferimento alla natura della stazione appaltante, è possibile rilevare come nel corso dell’anno 2012 circa il 30 per cento delle procedure, ossia 1.941, siano state intraprese dai Comuni, seguite dalle 1.291 degli Enti concessionari e delle imprese di gestione di reti, e dalle 533 delle infrastrutture di servizi pubblici nel settore di gestione dei rifiuti e da quelli analoghi multi servizi.
Come è prevedibile considerate le rispettive competenze istituzionali di cui sono titolari secondo l’ordinamento italiano, i soggetti pubblici che, al contrario, ricorrono meno frequentemente all’affidamento di contratti nello specifico settore richiamato, sono, per un totale di 29, le Amministrazioni centrali quali Ministeri e Presidenza del Consiglio dei ministri, ad eccezione del Ministero della Difesa in virtù probabilmente dell’estesa organizzazione periferica, anche a carattere industriale, che ne caratterizza la struttura.    

Tags: Luglio Agosto 2013

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