Crisi superata? no, è superabile, ma solo a passo di gambero
L'editoriale di Victor Ciuffa
Quante idee, proposte, condizioni, decreti, disegni di legge e provvedimenti amministrativi e fiscali sono stati oggetto in questi mesi di dibattiti e attività, in campo politico ed amministrativo, svolte, anche con impegno e passione, ai massimi livelli per uscire dalla protratta crisi economica? Ma tutti gli sforzi degli organi competenti, in primis del Governo e del Parlamento, non hanno dato sostanziali risultati: ma solo un’ondata di false affermazioni, comunicati e commenti sciorinati in tv, secondo i quali la ripresa economica e dell’occupazione è avviata. Il che non è vero, né per il momento possibile, perché l’aggettivo «auspicabile» in italiano indica una speranza, un’eventualità, non una realtà.
Governo e Parlamento continueranno a vivere ma senza un’effettiva e consistente ripresa economica non potranno, nonostante la validità di alcuni loro personaggi, «rivoltare la frittata». Alla fine cosa deve fare la gente? Continuare a pagare le tasse e a veder svanire in scandali, furti e corruzione i frutti dei propri sacrifici. Non può fare da sola quello che, prima della crisi, i consumatori sono riusciti ad ottenere con i propri sacrifici, per arrestare l’inflazione che procedeva con il continuo e inarrestabile aumento dei prezzi dei prodotti petroliferi, presto giunto al capolinea della deflazione.
È solo questo il sistema con il quale potrà riavviarsi una ripresa accompagnata dai risultati connessi nei consumi, nella produzione, nell’aumento dei redditi familiari e aziendali, nell’occupazione, negli investimenti, nello sviluppo. Occorre pertanto conoscere di quale sistema si tratti, la sua possibile attuazione, la partecipazione di istituzioni, aziende industriali e artigianali, famiglie e singoli lavoratori. Il costo dell’operazione sarebbe pesante, ma ripristinerebbe le condizioni per una ripresa dello sviluppo grazie ad un sostanziale cambiamento di rotta. Più che capitali finanziari, il procedimento richiederebbe capitali morali, valori umani e professionali concreti, anziché nuove richieste e pretese relative a presunti o inesistenti diritti.
Per arrestare la crisi e avviare la ripresa occorre ricordare come e petché si è arrivati ad essa. È frutto di un processo lungo, durato decenni, durante i quali la classe politica e dirigente del Paese tranne in qualche breve momento, tutto ha fatto fuorché fornire un buon esempio di solerzia, risparmio, oculatezza, onestà. Basta ricordare l’assistenza sanitaria elargita dalle mutue che rimborsavano i medicinali, su prescrizioni mediche di farmaci al posto dei quali gli assistiti ritiravano nelle farmacie profumi e saponette.
E la corsa degli automobilisti a cambiare auto all’uscita di ogni nuovo modello che di nuovo aveva solo uno specchietto, un vetrino o una modanatura cromata? E l’aumento progressivo delle cilindrate con crescenti consumi di carburante, manutenzione e tasse? O la moda degli anni 80 dell’acquisto di motociclettoni appariscenti, volgari, costosi e insicuri? È la storia dello sviluppo dell’economia italiana, attaccata di tanto in tanto da qualche crisetta presto risolta grazie a consumi e spese pubbliche crescenti. E i vari boom dell’edilizia e delle periferie, dei pranzi fuori casa, in trattoria, come quelli nei Castelli Romani o in altre regioni, delle vacanze o meglio dei «ponti» e settimane di vacanze, forzate anche dai sindacati. E della motorizzazione con i conseguenti esodi di masse fuori città o fuori regione; la frequentazione dei villaggi-vacanze tipo Club Mediterranée e Valtur, e poi il boom delle crociere, la corsa alle seconde o terze case al mare o in montagna, di gestione sempre più costosa? Era l’Italia di 50, 40, 30 o 20 anni fa; quella di abiti e accessori «firmati», dell’inutile ma incontenibile regalistica natalizia; dell’assenteismo negli uffici pubblici, delle uscite abusive dai Ministeri di impiegate con la «sporta» in mano per fare la spesa; degli scioperi-scampagnata o scioperi-gita; dei sabati festivi, delle settimane corte, bianche e comunque prolungate con interruzione della produzione e della voglia di lavorare; con l’osservanza di festività artificiose e il pagamento delle stesse anche agli immigrati che ne ignorano l’esistenza e gli avvenimenti giustificativi. Oggi chi gestisce la RaiTv di Stato, quali messaggi le fa trasmettere, quali principi di comportamento soprattutto morale e giuridico suggerisce alle masse, private ormai, proprio anche dalla tv, di principi morali, educazione, istruzione, solidarietà e di altri valori fondamentali? Proprio in questi giorni, in relazione alla crisi economica, si assiste a clamorosi esempi di menzogne diffuse dalle emittenti statali, oltreché private, con indifferenza per gli effetti negativi che hanno nei comportamenti di una massa poco attenta, non acculturata, ingenua, priva di esperienza, acritica. Questo avviene con la continua ripetizione della frase: «La ripresa è cominciata».
Spesso un Governo svolge una campagna di comunicazione «sub-liminale», criptica, impopolare. Un altro esempio? L’annuncio dell’assunzione al lavoro, nei primi mesi dell’anno, di oltre 70 mila soggetti. Miracolo che né Papa Francesco e neppure San Francesco sarebbero capaci di compiere tacendo su chi sono i 70 mila neo-assunti, e perché sono stati così rapidamente impiegati. Spesso in campo sociale si verificano estesi fenomeni le cui cause sono conosciute a politici e legislatori. Nelle assunzioni temporanee per sostituzione di lavoratrici in maternità le «sostitute» tornano disoccupate al rientro delle titolari. Lo stesso fenomeno riguarda il presunto aumento di nuove imprese iscritte alle Camere di Commercio: artigiani che un anno si cancellano, e quello dopo si re-iscrivono per evitare noie fiscali. Anche questo serve per ingannare la gente: come avveniva un tempo, a Porta Portese, con il gioco delle tre carte: «Questa vince, questa perde...».
Tags: Aprile 2015 Victor Ciuffa