Caso Casamonica. Cronaca nera: perduta a Roma l’occasione per fare il punto
L'editoriale di Victor Ciuffa
I giornali di tutto il mondo hanno pubblicato centinaia di articoli sulla situazione della legalità e illegalità a Roma. E, da parte loro, le televisioni ne hanno diffuso le immagini, in particolare quelle più scioccanti relative ad episodi connessi alla criminalità e alla malavita, che hanno fatto guadagnare a Roma il titolo di Città-mafia. Il funerale del capo della famiglia Casamonica ha ammantato poi la cronaca nera romana che ora viene percepita all’estero con una patina anche di simpatia nella sua assurdità.
Non c’era mai stato, in questo secondo e lunghissimo dopoguerra, un periodo con un vuoto politico-amministrativo come quello attuale. Gli episodi che la cronaca nera registra sono quotidiani, ma trascorrono giorni, settimane e mesi e non viene fatto nulla almeno per contenerli. Sembra che i politici siano spariti, che non ci siano più. L’esempio dell’amministrazione comunale di Roma è estremamente eloquente: con il sindaco in vacanza negli Stati Uniti, e con assessori, consiglieri comunali e dirigenti di primarie aziende fornitrici di servizi pubblici comunali stretti tra avvisi di garanzia, indagini di Procure, polemiche e divisioni all’interno dei gruppi politici.
Insomma tutto il mondo assiste al vuoto di potere e alla mancanza di interventi. Soltanto il 27 agosto scorso è stato nominato coordinatore per il nuovo Giubileo e assistente del sindaco per l’attività dell’amministrazione comunale Franco Gabrielli, che era stato promosso prefetto il 2 aprile scorso. Ma tutto questo non basta perché a molti cittadini sembra che continui la mancanza di un principio o di una serie di principi morali che dovrebbero comunque guidare l’azione politica e soprattutto l’Amministrazione degli interessi pubblici.
Nella stampa inoltre il lettore, il cittadino, dovrebbe trovare ribadita ogni giorno una filosofia cui politici e amministratori locali dovrebbero ispirarsi nella gestione del settore pubblico. A che e a chi serve riempire giornalmente le pagine di cronaca dei quotidiani - cronaca nera, ovviamente - quando il giorno dopo sarà assolutamente come il giorno prima se non peggio, in quanto la stampa porterà in primo piano un altro dipartimento, o un altro settore di attività svolta dal Comune o un’altra azienda pubblica cui è interessato il cittadino, mentre amministratori, dirigenti e funzionari puntano ovviamente a coprire l’operato dei colleghi, essendo magari indagati già anche loro.
Comunque non si è svolto finora un approfondito dibattito della categoria giornalistica su questo succedersi troppo frequente di scandali, di malamministrazione, di sequenze di reati, addirittura di fenomeni di mafia. Non è da oggi che si parla di infiltrazioni mafiose. Nel Lazio le Procure della Repubblica hanno fornito ai giornali e all’opinione pubblica concreti elementi ed esempi di infiltrazioni nel tessuto economico romano e laziale.
In particolare sono stati emanati dalla Magistratura pesanti provvedimenti e compiuti interventi di sospensione o chiusura di attività, di esercizi pubblici. La famosissima «Via Vittorio Veneto» indicata semplicemente da tutti come Via Veneto mostra evidentissimi interventi della Magistratura: in essa il caso del Cafè de Paris è clamoroso anche perché la sospensione della sua attività ha gettato in uno stato di abbandono e di degrado un ampio tratto di strada, anzi il tratto più frequentato da turisti stranieri ed anche italiani, e più caro a tutti i romani.
Ma nel descrivere lo svolgimento dell’assurda cerimonia del funerale di Vittorio Casamonica, nessun giornale ha messo in luce il livello di provincialismo di tanti italiani e pseudo romani - i veri romani raramente sono provinciali -, che hanno di fatto messo in risalto la falsa teatralità di certe occasioni e di certi comportamenti, come gli applausi al termine delle commemorazioni funebri delle persone scomparse.
Ebbene anche l’assenza della stampa italiana e romana nei fatti di malcostume, di cattiva amministrazione e di reati veri e propri andrebbe rimarcata per sollecitarne una maggiore partecipazione e soprattutto una spinta ad agire per ripristinare valori e principi comportamentali diffusi e profondamente radicati anche nella stampa negli anni successivi all’ultima guerra mondiale. Nel pieno del «semestre nero», ossia del periodo più nero incontrato dalla stampa romana, in occasione del suddetto funerale Casamonica, Il Messaggero ha così intitolato una cronaca sul fatto: «Messa blindata a Roma. L’ira contro i cronisti: non siamo l’Isis»: ovvero un’autodifesa di quella famiglia.
Sono da addebitarsi a pochi guaglioncelli nostrani la pericolosità e la riottosità di sparuti elementi nati e cresciuti nelle più malfamate periferie dove ad eccellere sono state l’assenza della legge, l’ignavia dello Stato e l’inerzia delle strutture pubbliche. Ritengo che tutti i giornalisti, di ogni età ed esperienza, siano d’accordo, dinanzi alla situazione odierna, della necessità di un risciacquo della categoria, cioè di dibattiti e di riflessioni non finalizzate alla conquista di posti di potere negli organismi elettivi della categoria che poi si trasformano in posti di potere nella società, nella politica, nel Governo, nel Paese, sia pure dopo anni di pseudo lavoro giornalistico alle dipendenze di politici, quindi a livello pressoché di porta-ordini e quindi porta-idee, porta-principi, porta-sentimenti. E porta-borse. Ma un risciacquo della categoria difficilmente verrà da queste strade, essendo, più o meno, tutti i giornalisti collegati e influenzati dalla politica.
Negli ultimi mesi si è intravista una minima attività del Sindacato Cronisti Romani il quale, dovendo rinnovare i propri vertici, ossia il consiglio direttivo, ha immesso in esso propri iscritti, e in special modo giornalisti di età avanzata o comunque distintisi negli anni per il lavoro nelle redazioni di cronaca di vari ed illustri giornali. Il SCR quindi, praticamente esistente da oltre cento anni, potrebbe essere lo strumento per riattivare il dibattito e la riflessione all’interno non solo del comparto, ma di tutta la professione. Anche e soprattutto perché, nonostante il mutare di tempi, delle abitudini, dei modi e degli strumenti per fare il giornalista, ancora adesso per creare un’ottima categoria di questi professionisti occorre farli operare adeguatamente nelle cronache dei quotidiani e dei periodici più qualificati. E possibilmente lontani dalla politica.
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