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ELEZIONI INUTILI, IL FUTURO PARLAMENTO GIà C’è, è STATO ELETTO SULLA CARTA

L'editoriale di Victor Ciuffa

 

Al punto in cui siamo arrivati, in previsione delle elezioni politiche fissate per il 24 e 25 febbraio prossimo, se nella testa della gente, sia pure frastornata e inebetita da inutili trasmissioni televisive di politica-spettacolo, è rimasta una minima capacità di ragionamento e di riflessione, c’è da porsi una sola domanda: ma perché farle, queste elezioni? Detto in altre parole: perché disturbarsi tanto? Perché spendere cospicui capitali pubblici, ma anche privati, in questa dura congiuntura economica? La risposta a questa domanda, fornita dalla fine del regime fascista ad oggi quindi scontatissima, consistente nell’inviare al governo del Paese i rappresentanti del popolo, non è più valida, non è più vera, costituisce un macroscopico falso, una gigantesca turlupinatura in danno della massa ingenua che ancora insiste a credervi, o fa finta di credervi. Questo non è più vero già da qualche anno, ma si conferma soprattutto in questa occasione elettorale. Paradossalmente la verità è una sola: il nuovo Parlamento, quello che dovrebbe nascere appunto il 24 e 25 febbraio, è stato già eletto, i nuovi parlamentari stanno preparando le valige per Roma, anzi qualcuno, anziché affannarsi a raccogliere voti come facevano un tempo i candidati, se ne va al mare. Non a Porto Rotondo, tanto più che stavolta le elezioni si svolgono in pieno inverno mentre solitamente si facevano in giugno o al massimo a fine maggio, ma perché ben più attraenti, caldi e confortevoli lidi tropicali garantiscono loro perfino la riservatezza. Due o tre elezioni fa, un mese prima dell’apertura dei seggi elettorali, un candidato uscente di mia conoscenza partì per un soggiorno di venti giorni nei Caraibi; tornò abbronzatissimo, appena in tempo per votare. Delle elezioni, dei voti, delle cene elettorali, dei raduni in grandi cinematografi, delle parrocchie, delle borgate non si curò affatto: il suo leader ne aveva inserito il nome in buona posizione nella lista elettorale e, in base ai precedenti risultati e ai voti che tale lista verosimilmente avrebbe riportato anche nella nuova consultazione, il mio amico sarebbe stato sicuramente eletto. Oggi, con la vigente e ormai imperitura legge elettorale, la situazione è la stessa: già si conoscono il numero dei voti che le varie liste otterranno, il numero dei seggi che ognuna conquisterà, i candidati il cui nome figura in quei primi posti; non c’è bisogno di essere scienziati della politica, tecnici elettorali, super Cencelli o indovini: un qualunque cittadino dotato di pazienza, curiosità e tempo da perdere, potrebbe annunciare già la composizione del nuovo Parlamento, per almeno i due terzi degli eletti se non per i tre quarti. Certamente un margine di incertezza può esservi, sorprese possono sempre verificarsi. Ad esempio, rispetto al passato potrebbe entrare in Parlamento una discreta rappresentanza di cosiddetti «grillini». Comunque un Paese di oltre 56 milioni di abitanti va alle urne con immane sforzo fisico ed economico-finanziario solo per inserire una piccola parte di parlamentari effettivamente eletti dal popolo. Ci si potrebbe allora domandare: perché, da chi sono eletti gli altri? Torniamo alla questione cruciale: sono gli stessi di prima, che si sono autoconfermati ed hanno cooptato qualcun altro, organico e funzionale a loro. Obiettivamente dobbiamo ammettere che anche questo potrebbe essere uno dei tanti sistemi elettorali praticati nel mondo e che i nostri politici tentano sempre di scopiazzare, parzialmente o totalmente, come se il nostro sistema politico-istituzionale, o meglio la nostra Costituzione, sia la peggiore esistente. Possibile che in questo campo gli eredi degli inventori del diritto romano abbiano, per eliminare la possibilità di nuove dittature, architettato una Costituzione che ci starebbe riportando proprio alla dittatura, se non auspicata certamente favorita da qualche leader maximus tanto acclamato? In realtà la Costituzione, dinanzi alla quale ipocritamente si inchinano tutti - tranne l’attuale presidente della Repubblica che ne è uno strenuo, cosciente e sincero difensore - viene da tutti sbeffeggiata. In essa non c’è scritto che il popolo elegge il capo del Governo, ma che lo nomina il Capo dello Stato sentite le indicazioni dei Gruppi parlamentari. Adesso addirittura il capo del Governo viene indicato con una singolare procedura scopiazzata male da altri Paesi, le «elezioni primarie», approssimativamente gestite dai partiti quando proprio questi, in 65 anni, non hanno ottemperato alle prescrizioni della Costituzione stessa sugli aspetti principali della loro vita interna, come i bilanci finanziari ed altro. La verità è che, soprattutto in questi ultimi decenni, gli italiani non hanno più una Costituzione ma un’Incostituzione, anche se, con sottili sofismi, i professori in materia, i costituzionalisti, distinguono tra Costituzione formale e Costituzione materiale. Ma se la Costituzione materiale, attuata, giustificata, prevale in tutti gli atti dello Stato e della vita dei cittadini, se quindi è di fatto legittima, allora l’altra, quella vera, è illegittima, è un simulacro, è un fantasma, non ha alcuna rilevanza e valore reale, pratico. Ma i sostenitori di quella materiale non hanno il coraggio e forse la forza e il consenso popolare per modificarla; però a un presidente del Consiglio passato, in carica o in pectore, non dovrebbe essere permesso di attaccare la Costituzione formale, né con discorsi né con gesti e comportamenti ufficiali. Solo i semplici cittadini hanno il diritto di discuterne, quanto meno con un referendum, come quando essa fu istituita. Purtroppo la legittimità non alberga più nella testa dei politici interessati, né in quella della gente disinteressata ma disinformata o meglio addirittura frastornata, influenzata, ingannata da certe televisioni

Tags: Febbraio 2013 Victor Ciuffa politica

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