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ripresa come l’araba fenice. dicono che c’è ma nessuno l’intravede

L'editoriale di Victor Ciuffa

 

Riportando quanto il presidente del Consiglio Enrico Letta e il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni avevano affermato, con una preveggenza ed una tempestività inimmaginabili, il giorno prima, il 5 agosto scorso i giornali hanno pubblicato una notizia clamorosa che probabilmente avrebbe dovuto migliorare le vacanze degli italiani in vacanza. Dico probabilmente perché sembra difficile che di colpo, in piena estate, il 5 agosto, quando alla stasi determinata da due o tre anni di profonda crisi economica mondiale si è aggiunta quella delle ferie reali, volontarie o forzate, ci fosse qualcuno così ingenuo in Italia da credere a simili sconvolgenti e miracolosi annunci.
Ma poiché spesso l’aggravamento, l’attenuazione, il superamento delle crisi, la ripresa ed altri fenomeni economici derivano da fattori psicologici, a prescindere dalla reale situazione dell’economia, della produzione e dell’occupazione, l’iniziativa abbinata del presidente del Consiglio in carica e del suo ministro dell’Economia è stata oggettivamente positiva. Se non altro ha distolto un pò l’attenzione generale dalle fortunose vicende giudiziarie di Silvio Berlusconi, dalle relative infuocate polemiche e dai rischi politici connessi.
In passato, in occasioni analoghe sia pure meno gravi, ho avuto modo di osservare e di scrivere che per innescare la ripresa dell’economia non occorre dimostrare l’esistenza di nuovi dati reali positivi nei diversi settori; è sufficiente che su un solo giornale compaia un titoletto a due o tre colonne annunciante appunto la ripresa; nei giorni e nelle settimane seguenti i titoli simili si moltiplicheranno e la ripresa si metterà effettivamente in moto perché operatori economici, imprese e famiglie si sentiranno più sicuri e metteranno mano ai loro depositi bancari o postali.
L’attuale Governo si è mostrato capace non solo di portare avanti qualche provvedimento utile alle imprese, all’occupazione, alla produzione, ma anche, pur di riavviare la ripresa, di scatenare una grandiosa operazione psicologica. Come può chiamarsi infatti, dopo ben 9 pagine dedicate alle vicende giudiziarie berlusconiane, un’intera decima pagina del Corriere della Sera del 6 agosto scorso, aperta dal titolo, «a 9 colonne» come si diceva un tempo, «Vicini alla ripresa, banche più solide»?
Contagiato e travolto da questa fittizia operazione mediatica, il giorno dopo, 7 agosto, Il Messaggero, dopo 5 pagine dedicate alla querelle berlusconiana, ha aperto la sesta con un grande annuncio dal titolo a 4 righe e corpo 60 «Riparte la produzione. Saccomanni: recessione finita». Il tono trionfalistico del ministro si attenuava però quando egli, secondo il giornale, aggiungeva: «Credo che l’economia entrerà in ripresa; siamo ad un punto di svolta del ciclo».
Insomma, era cominciata o no la ripresa? Se ancora doveva - e deve tuttora - cominciare, significa che la grande crisi ancora deve finire. Dubbiosa anche la Banca d’Italia: «I segnali di ripresa sono giudicati reali dal Governo, mentre Bankitalia vede il punto di svolta tra il terzo e il quarto trimestre», cioè alla fine di settembre. E Marco Valli, capo economista dell’Unicredit: «L’Italia potrebbe davvero avere imboccato la strada della ripresa». Potrebbe? Come? A suo parere dipenderà dall’esportazione di abiti, scarpe, cucine e poltrone. Ma l’industria? «La ripartenza sarà molto debole», ha frenato Giorgio Squinzi, presidente della Confindustria.
Inaugurate le vacanze a casa o a Passoscuro con il trionfale annuncio di Saccomanni secondo il quale la ripresa era partita, che cosa è successo in agosto e, più in particolare, che cosa si ritrovano gli italiani non solo a fine mese, ma soprattutto all’inizio dell’autunno, con la prospettiva dell’inverno, delle nuove spese da affrontare come tutti gli anni per il guardaroba invernale, le scuole dei figli, il riscaldamento, le bollette energetiche e soprattutto le tasse rincarate? Che cosa gli hanno procurato in agosto i pubblici amministratori, oltre ai soliti ed anzi maggiorati sprechi e spese per festival, canzonette, miss, trallallà paesani e rionali, luminarie e fuochi artificiali?
Gli hanno procurato, e gli stanno confezionando, ovviamente l’aumento del costo della vita, e conseguentemente la riduzione dei redditi individuali, familiari, imprenditoriali. Non sappiamo se certi politici, certi pubblici amministratori e spesso anche certi giornalisti, sono in buona o in malafede quando riportano alcune cifre e statistiche; e non parliamo poi dei risultati di certi sondaggi fai-da-te spacciati sempre più dai giornali e soprattutto dalle maggiori emittenti televisive.
Un esempio: periodicamente vengono trionfalmente diffusi dati relativi ad aumenti delle cosiddette Partite Iva, cioè delle iscrizioni alle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura di lavoratori autonomi, artigiani, professionisti, ditte individuali, piccole e medie imprese. Iscrizioni che preluderebbero ad un aumento automatico di occupazione, produzione, consumi, redditi e profitti. La verità è completamente diversa. Perché dopo un paio di anni tantissime di quelle Partite Iva si cancellano dai registri delle Camere di commercio, smettono l’attività, scompaiono ufficialmente dal mercato ma continuano ad operare, naturalmente in nero.
Il motivo? La tassazione troppo alta, che non consente di «fare impresa». Per cui, per timore di essere chiamati prima o poi a rispondere al Fisco delle loro sottodimensionate dichiarazioni dei redditi, chiedono la Partita Iva, cercano di adeguarsi ai numerosi e pesanti adempimenti imposti loro dalle leggi, e quando non ne possono più, rinunciano ad essa. Il Fisco è pressoché impotente dinanzi a un fenomeno simile, quando assume notevoli dimensioni. Come in questo periodo di generalizzata crisi economica. 

Tags: Settembre 2013 Victor Ciuffa

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