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Occhio all'energia - Rinnovabili, un progetto paese non piu' dilazionabile

L’Italia in fatto di mix energetico è nel gruppo di testa, ha raggiunto la quota di rinnovabili prevista al 2020 e continua  a crescere modificando il rapporto tra fossili e rinnovabili

Risparmio energetico e riconversione abitativa civile e industriale rappresentano le strategie ineludibili nel moderno orizzonte socio produttivo, nell’ambito di una moderna politica di riequilibrio ambientale. Le scelte individuate dalla Conferenza COP21 di Parigi dello scorso anno hanno delineato con assoluta chiarezza lo scenario di non ritorno per la sopravvivenza del pianeta qualora non fosse realizzata da qui al 2050 una sostanziale riconversione nella produzione di energia, al fine di contenere da un lato il riscaldamento globale entro i 2 gradi centigradi rispetto all’era preindustriale, dall’altro la drastica contrazione della CO2. Ne derivano precise indicazioni per ridurre in prima istanza le emissioni, successivamente per diminuire l’inquinamento da anidride carbonica, il tutto attraverso ricerche avanzate nonché innovativi processi di antinquinamento e di possibile riutilizzo della CO2 sottraendola, in questo modo, alla circolazione nell’atmosfera terrestre.
Le nuove politiche energetiche si orientano, pertanto, con crescente incisività verso una sostanziale riconversione, finalizzata ad un elevato risparmio energetico, da conseguire attraverso l’adozione di molteplici azioni, con il ricorso a tecnologie di avanguardia. Ciò determina una sostanziale inversione di tendenza rispetto ai decenni passati. Non si tratta esclusivamente dell’utilizzo di fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica, bensì di mettere a punto sistemi integrati capaci di un’accentuata riduzione dei consumi, uniti a modelli sociali e stili di vita in grado di ottimizzare le risorse in una fase di transizione energetica particolarmente spiccata. «Smart grid» e «smart city», robotica e industria 4.0 sono alcuni dei paradigmi sui quali ci si muoverà nei prossimi decenni, mentre già oggi azioni concrete muovono i primi passi e danno vita ad uno scenario energetico profondamente diverso anche da quello della fine del ‘900.
La produzione di energia, soprattutto elettrica, si sposta dalle grandi centrali termiche - ma a questo punto anche dai siti delle rinnovabili - verso modelli di produzione di autogenerazione diffusa, sia per ciò che riguarda le abitazioni civili sia gli opifici. La trasformazione dei servizi, soprattutto quelli legati alla mobilità e al riscaldamento, è destinata a cambiare il volto delle nostre città. L’auto elettrica è già oggi un mezzo in uso, anche se le infrastrutture dedicate sono assai esigue e la tecnologia di accumulo e di gestione delle batterie non garantisce una mobilità diffusa ed una permeabilità sull’intero territorio nazionale. Sarà, in ogni caso, un appuntamento di un futuro prossimo, così come la riconversione della mobilità collettiva, autobus, pulman, treni locali. La transizione energetica, è bene precisarlo, ha traguardi dai tempi medio lunghi: ciò significa che nei prossimi decenni questo cambiamento risulterà sempre più pervasivo, ma occorreranno alcuni decenni presumibilmente, perché le centrali termo elettriche assumano una nuova veste e una nuova vita.
Si tratta oggi di definire scenari e strategie per il risparmio e la riconversione dei sistemi, in modo tale da modificare progressivamente il mix delle fonti energetiche riducendo quelle fossili e modificando le grandi reti infrastrutturali dell’energia, con il ricorso, già prospettato dalla stessa Authority nella relazione annuale sulla sua attività, ad un uso quanto più pervasivo possibile dell’energia elettrica prodotta da grandi medie e piccole centrali, in modo da concentrare le emissioni, da favorire le moderne tecnologie di mitigazione dell’impatto ambientale, cosicché si superi l’attuale modello di gestione basato, ad esempio, sul riscaldamento diffuso e personalizzato, abitazione per abitazione.
È facile comprendere a quale investimento pubblico e privato darà luogo una politica di risparmio energetico. Questa potrà fungere da volano per un rilancio competitivo del nostro Paese, è in grado di mobilitare risorse finanziarie per centinaia di miliardi di euro e nuova occupazione stabile sia di tipo tradizionale, sia innovativa per funzioni e servizi al cittadino e all’impresa, che oggi ancora non esistono sul mercato.
La mancanza di una strategia energetica nazionale in Italia rappresenta un freno ed una ulteriore difficoltà nel governo di questi processi e negli indirizzi di medio e lungo termine. Le politiche sin qui adottate dai Governi con incentivi fiscali per il recupero edilizio e la riqualificazione energetica hanno interessato, dal 1998 al 2016, oltre 14,2 milioni di interventi ossia il 55 per cento delle famiglie italiane stimate dall’Istat. Sono cifre elaborate dal Cresme insieme al Servizio Studi della Camera dei Deputati. Scelte articolate in modo diverso negli anni che hanno attivato investimenti per circa 237 miliardi di euro, 205 miliardi dei quali per il recupero e solo 32 miliardi per la riqualificazione energetica.
Il volume degli investimenti per il 2015 è risultato di 25.147 milioni di euro, dei quali 3.060 per la riqualificazione energetica. Sono proiezioni valutate dall’ufficio studi della Camera che per il 2016 prevedono un incremento degli investimenti fino a 29.241 milioni di euro. Qualora queste cifre fossero confermate, l’anno in corso risulterebbe come quello di più elevati investimenti promossi dalle agevolazioni fiscali. Le ricadute sul lavoro nel quinquennio 2011-2016 avrebbero generato 1.460.223 occupati per una media annua di oltre 243 mila lavoratori.
Le scelte di finanza pubblica elaborate dal Cresme delineano un saldo per il sistema Paese di 18,4 miliardi di euro, con un significativo risparmio energetico e conseguentemente di CO2. Nuove politiche di efficienza debbono essere messe in campo per favorire una riconversione, non solo del patrimonio immobiliare, bensì di una serie di attività e servizi connessi allo sviluppo produttivo e sociale dell’Italia.
Il monitoraggio e la valutazione del risparmio energetico affidato all’Enea consente una diretta e positiva ricaduta degli interventi, ma non contribuisce a definire gli obiettivi di medio e lungo periodo che il nostro Paese deve realizzare e quali scelte non facoltative siano a carico di imprese o soggetti industriali pubblici o privati. La banca dati nazionale istituita presso il Gse (Gestore Servizi Energetici) dovrebbe assicurare un monitoraggio puntuale per i settori dell’efficienza energetica e della produzione da fonti rinnovabili. Sarà necessario implementare le politiche di riconversione energetica anche a moderni dispositivi multimediali per il controllo a distanza degli impianti di riscaldamento, di produzione di acqua calda o di climatizzazione di unità abitative o siti industriali, affinché si realizzi un efficace ciclo virtuoso.
Lo studio del Cresme evidenzia dal 2011 al 2016 due dinamiche sostanzialmente diverse per gli andamenti degli interventi agevolati nel recupero edilizio e di quelli per l’efficienza energetica. Nel primo caso si registra una crescita degli importi di spesa da 13,4 a 25,7 miliardi di euro. La spesa per il risparmio energetico si attesta invece stabilmente tra i 3 e i 3,6 miliardi di euro. Il risparmio energetico stimato dall’Enea nel periodo 2007-2014 è di circa 1,02 megatep di energia. Il risparmio conseguito per il solo 2014 testato di 0,117 megatep l’anno di energia primaria equivalenti a poco più di 0,110 di energia finale.
Questo sforzo indica una tendenza che deve essere fortemente ampliata e consolidata. Le misure sino ad oggi adottate in Italia e in Europa aumentano l’efficienza energetica ma sono ben lontane dal conseguire i risultati attesi e più volte richiamati dalle diverse istituzioni internazionali. Lo scenario globale dell’attuale transazione energetica può essere rappresentato da un tir enorme come la Terra che ha iniziato una prima grande sterzata sul piano della storia. Cambiare strada richiede azioni complesse, ardue e costose che inevitabilmente richiederanno decenni. Tuttavia è in gioco il futuro della civiltà umana, quindi il nostro tir energetico non potrà che lasciare il prima possibile l’autostrada dei combustibili fossili, per imboccare l’itinerario della riduzione delle emissioni inquinanti e successivamente quello delle energie pulite.
Il coordinamento tra gli Stati e le economie diviene così asse portante per ridurre in modo simmetrico e convincente la concentrazione atmosferica di CO2. I problemi che investono direttamente l’Italia riguardano in pari misura il contesto internazionale; si va dalla geopolitica agli scenari industriali, tecnologici, finanziari, oltre a quello sociale. Una profonda trasformazione esplicitata con rigore e lungimiranza da una ricerca della Bloomberg New Energy Finance. Gli investimenti e fonti energetiche pulite entro il 2040 dovrebbero ammontare a circa 11.400 miliardi di dollari, il 64 per cento dei quali per impianti solari ed eolici, anche in forma diffusa. Tra un ventennio, almeno il 25 per cento del parco automobilistico mondiale farà uso di veicoli elettrici; il mix energetico delle fonti arriverà ad almeno il 30 per cento a livello mondiale rispetto al 5 per cento attuale, l’Italia in questo è nel gruppo di testa, ha raggiunto la quota di rinnovabili prevista al 2020 e continua a crescere modificando il rapporto tra fossili e rinnovabili.
La capacità di impianti ecologici per la produzione elettrica ad emissioni zero raggiungerà, secondo questa ricerca, il 60 per cento nel 2040. Uno sforzo significativo, ma oltre le apparenze altrettanto limitato, poiché per invertire la tendenza sul riscaldamento globale servirebbero in aggiunta a quelli già stanziati altre 212 miliardi di dollari ogni anno. Il costo dell’energia prodotta dagli impianti dovrebbe scendere a 40 dollari per megawatt all’ora rispetto alla forbice attuale molto condizionata dal mercato petrolifero, che può oscillare tra i 75 e i 200 dollari. La riconversione energetica, prevede Bloomberg, attrarrà dunque circa il 43 per cento degli investimenti nel lungo periodo. Le fonti fossili dureranno comunque bel oltre il 2050 nelle previsioni attuali, a meno che vi sia qualche rivoluzione tecnologica capace di alterare queste proporzioni nel medio periodo. Quello che scenderà progressivamente nel modo positivo è il ricorso al carbone. Si dovrà, di pari passo, provvedere ad una diffusa elettrificazione a livello mondiale che è ben lungi dall’essere realizzata; basti pensare che ad oggi oltre un miliardo di persone non dispone di elettricità. L’agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile pone dopo la vita, la fame e l’acqua, l’energia al settimo posto delle 20 priorità.
L’uso di combustibili fossili nei Paesi del G20 nell’ultimo anno registra un sensibile declino, nonostante la riduzione dei prezzi del petrolio, del carbone e del gas. Il rapporto tra i consumi di energia elettrica e la crescita economica si sta lentamente invertendo, ma non tocca ancora i trasporti e l’industria.
La quarta rivoluzione industriale, quella digitale, non a caso denominata 4.0, è orientata in modo radicale verso un drastico contenimento del fabbisogno di energia e delle immissioni. L’accordo di Parigi firmato da 177 Paesi si pone l’obiettivo di contenere il riscaldamento del clima entro i 2 gradi centigradi, per raggiungerlo gli scienziati internazionali del National Center for Atmospheric Research americano sostengono che si debba arrivare ad emissioni umane a zero entro il 2085. Dovremmo riuscire con un insieme di tecnologie innovative a rimuovere dall’atmosfera almeno 15 miliardi di tonnellate di CO2 l’anno entro la fine del secolo.
La cattura e lo stoccaggio dell’anidride carbonica prodotta dagli impianti appare attualmente molto problematica e costosa, la ricerca dovrà compiere quei passi in avanti che durante il Novecento sono stati di fatto impediti dallo strapotere economico finanziario della lobby dei petrolieri.
Le società elettriche in Italia hanno colto il senso di questa grande transizione energetica. Stanno di conseguenza ridefinendo il proprio business indirizzando gli investimenti sul risparmio energetico, le nuove tecnologie, la riqualificazione ambientale e la crescita delle rinnovabili. Costituiscono un obiettivo comune, messo a fuoco da Terna, per una maggiore efficienza delle rete di trasmissione ad altissima tensione, come pure da Enel, capace di diversificare il proprio mercato, spingendo sulla digitalizzazione del business sia riguardo la gestione delle reti sia alla clientela. L’Enel figura al venticinquesimo posto della classifica top 100 stilata a livello mondiale per le politiche di diversificazione ed inclusione secondo l’indice di Thomas Reuters su 5 mila aziende rispetto ai dati sociali, di sostenibilità e di governance.
Il mutamento in atto nell’industria energetica secondo Fabio Inzoli, direttore del dipartimento di Energia del Politecnico di Milano, riguarda principalmente 3 ambiti: la produzione da fonti rinnovabili, la distribuzione a carattere locale e territoriale con micro impianti combinata con l’autoproduzione di energia, e soprattutto la convergenza di 3 industrie tradizionali, quella energetica, quella della mobilità e quella tecnologica. Un mercato ricco in costante crescita soprattutto nel medio e lungo termine sul quale hanno messo gli occhi giganti mondiali come l’Enel per l’Italia e l’Apple statunitense. La ricerca attualmente privilegia le attività finalizzate allo stoccaggio energetico. L’Italia dovrà adeguarsi ad un cambiamento culturale per trarne un considerevole vantaggio competitivo.
La decarbonizzazione mondiale nei prossimi decenni potrebbe favorire l’esportazione di energia con ciclo combinato a gas di cui l’Italia è specializzata e il leader del settore. Un elemento di forte valore geopolitico anche in Europa, per il quale è lecito sollevare dei dubbi. Quando si riuscirà a determinare una politica energetica comunitaria potremmo effettivamente discuterne; in questo caso, dopo decenni di dipendenza, il nostro Paese potrebbe fornire a partner come la Germania l’energia che oggi è prodotta da centrali a carbone.
Lo scenario che abbiamo tentato di delineare evidenzia la necessità di proposte concrete. Alcune le ha avanzate in diverse sedi il segretario generale della Flaei-Cisl Carlo De Masi, con l’obiettivo di finalizzare la rilevante liquidità finanziaria generata dalla bolletta elettrica per gli investimenti energetici. Accanto alla costituzione di un fondo nazionale per lo smaltimento o la sostituzione dei pannelli solari, che entro qualche anno termineranno la loro vita produttiva, e la cui proprietà è ricondotta a circa 650 mila srl di scopo del valore stimato di qualche miliardo di euro, potrebbe esserci il riscatto anticipato dei benefici economici concessi ai piccoli produttori, per la maggior parte famiglie, per installare pannelli fotovoltaici in abitazioni ed aziende: un valore di almeno 2 miliardi di euro.
Terzo, un piano di interventi coordinati per abitazioni civili, siti industriali ed edifici di valore sociale per sostenere i costi della messa in sicurezza del patrimonio immobiliare italiano rispetto alle emergenze del territorio che vanno dal rischio sismico a quello idrogeologico. Mettere a fattor comune queste necessità con l’innovazione tecnologica in senso energetico e ambientale produce un risparmio economico, ciò significa orientare gli investimenti privati e quelli pubblici nel senso di un progetto Paese non più dilazionabile. Bisogna andare oltre gli stimoli fiscali, prevedere un’ampia partecipazione di fondi di investimento nazionali ed internazionali, a partire da quelli di Cassa Depositi e Prestiti in Italia, che potrebbe così diventare un fattore di sviluppo con finalità sociali.
La sostenibilità finanziaria di questi interventi verrebbe assicurata in parte dai risparmi dovuti al minor consumo di energia, e oltre agli incentivi e ai vantaggi fiscali se ne aggiunge inoltre un’altra derivata dalla riduzione degli oneri per imprese e cittadini che debbono far fronte alla messa in sicurezza del patrimonio immobiliare. Un accantonamento preventivo che metterebbe a riparo dai grandi rischi del territorio.
In altri termini la costituzione di un fondo di garanzia annuale per attrarre i capitali ed offrire certezze sulla redditività dell’investimento. Siamo sempre più dipendenti dall’energia elettrica e dalle reti, non dobbiamo sprecarla, né pensare che essa sia illimitata. Il risparmio, anche in energia, sarà la chiave di volta per una crescita sociale, sostenibile, equa, rispettosa dell’ambiente, oltre a contribuire a salvare vite umane in caso di nefaste calamità.    

Tags: Ottobre 2016

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