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Sanità- MARTA RISARI: SERVIZIO SANITARIO Più SOSTENIBILE, SE C'è LA PREVENZIONE

La dottoressa Marta Risari, vicedirettore generale del  Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma

A colloquio con Marta Risari, vicedirettore generale del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma. Sul fronte della prevenzione la struttura ospedaliera punta a un nuovo rapporto con i pazienti: «Un ospedale non c’è solo per quando si sta male», lo slogan. E intanto gli studi di settore mostrano che, per un euro investito in prevenzione, il servizio sanitario nazionale potrebbe risparmiarne tre. Condizioni di vita più salutari, attività lavorative progressivamente meno logoranti e passi da gigante nel progresso della medicina sono tre fattori che hanno contribuito a un sensibile prolungamento della vita media. Si vive più a lungo, ma non sempre si vive bene fino in fondo. L’avanzare dell’età è spesso accompagnato da un bisogno elevato di cure, mentre stress, cattiva alimentazione e sedentarietà anticipano, rispetto al passato, i tempi della comparsa di «patologie del benessere» come il diabete, tra le principali cause di morte nel mondo. Vivere non solo più a lungo, ma anche con una qualità di vita che possa reggersi il più in là possibile negli anni, è questione che tocca da vicino i singoli, ma anche la collettività, alle prese con un problema sempre più evidente di sostenibilità dei sistemi sanitari. «Per questo–osserva Marta Risari, vicedirettore generale del policlinico universitario Campus Bio-Medico di Roma–, qualsiasi riflessione sul futuro del nostro servizio sanitario nazionale deve passare anche attraverso un impegno maggiore nella prevenzione, che permetta di spostare parte della spesa sanitaria dalla cura di patologie a misure che ne prevengano l’insorgenza».
Domanda. Quali vantaggi ci si possono attendere da maggiori investimenti in prevenzione?
Risposta. In un recente convegno organizzato dal nostro policlinico universitario con il fondo di assistenza integrativa FASI, sono stati analizzati diversi dati economici al riguardo. I risultati di uno studio dell’European House-Ambrosetti permettono, per esempio, di affermare che, per ogni miliardo investito in prevenzione, sarebbe possibile risparmiare tre miliardi di spese in cura e riabilitazione. Sarebbe necessario un maggiore impegno innanzitutto nella prevenzione delle principali malattie croniche, come quelle cardiovascolari, il diabete, l’obesità, la malattia ostruttiva polmonare e alcuni tumori, che sono causa del 70 per cento delle disabilità e dell’85 per cento dei decessi nel mondo. Le sole patologie cardiovascolari costano al Vecchio Continente 200 miliardi di euro all’anno, se si considerano i loro costi diretti e indiretti, come la perdita di giornate di lavoro. Recenti studi mostrano che già solo la dieta e l’attività fisica possono ridurre del 33 per cento il rischio cardiovascolare. Percentuale che raggiunge il 50 per cento se si toglie anche il fumo.
D. Quanto si investe oggi, in Italia, in prevenzione primaria, ossia in «stili sani di vita» e secondaria, ovvero diagnosi precoce di malattie?
R. Possiamo fare di più. Il rapporto OCSE-UE «Health at a glance: Europe 2012» evidenzia come, in tempi di tagli e di difficoltà, a far quadrare i conti della sanità pubblica il nostro Paese arranca. L’Italia investe in attività di prevenzione sanitaria lo 0,5 per cento della propria spesa sanitaria complessiva, rispetto a una media europea del 2,9 per cento. La Germania investe in prevenzione il 3,2 per cento della propria spesa sanitaria, la Svezia il 3,6, l’Olanda il 4,8. Ma al di sopra della media europea troviamo anche un Paese come la Romania che, nonostante un quadro economico nazionale non paragonabile a quello delle altre nazioni menzionate, investe in prevenzione il 6,2 per cento della propria spesa sanitaria.
D. Quanto farebbero risparmiare più investimenti in prevenzione?
R. Gli studi ci dicono che, se l’Italia si allineasse alla media europea degli investimenti in questo campo, potremmo ottenere, nel giro di dieci anni, circa 8 miliardi di euro di risparmi. Non solo. I benefici che si cumulerebbero, se si mettessero a sistema la prevenzione primaria e quella secondaria, potrebbero valere nel medio termine fino al 10 per cento della spesa globale per il servizio sanitario nazionale. Valutazioni positive si ricavano anche dall’analisi di singole campagne di prevenzione. Quella contro l’hpv -il papillomavirus- in Italia ha prodotto una drastica riduzione delle patologie correlate come condimellosi o tumori dell’utero. Un altro esempio concreto: ogni anno l’Italia spende, per l’influenza, quasi tre miliardi di euro tra costi del servizio sanitario nazionale e dell’INPS e calo di produttività nelle aziende. Il CEIS dell’università Tor Vergata di Roma ha stimato che, se si estendesse la vaccinazione antinfluenzale a tutta la popolazione in età lavorativa, il risparmio globale sarebbe superiore al miliardo e mezzo di euro.
D. È solo un problema di investimenti o anche culturale?
R. Investire in prevenzione significa ovviamente promuovere, con il tempo, una cultura della prevenzione. Tuttavia, la domanda tocca anche la questione di come la popolazione risponde attualmente alle sollecitazioni del «prevenire anziché curare». Non c’è dubbio che la sensibilità su questi temi debba crescere, ma personalmente sono ottimista. Il nostro policlinico ha realizzato, negli ultimi due anni, iniziative nel territorio con quest’obiettivo, e abbiamo riscontrato un interesse molto alto. È bastata la presenza, per poche settimane, di un punto d’informazione del nostro policlinico universitario nell’aeroporto di Fiumicino per avvicinare migliaia di persone che, anche solo attraverso un breve colloquio con il nostro personale medico, hanno riflettuto con sorpresa su quante piccole e grandi cose possano compiere per tenere sotto controllo il proprio stato di salute e, soprattutto, migliorare il proprio stile di vita. Credo vi sia un potenziale di attenzione della popolazione verso i temi della prevenzione, che potrebbe essere sfruttato meglio con misure in grande scala. Nel corso del già citato convegno organizzato con il FASI, sono stati per esempio analizzati modelli assicurativi già avviati in altri Paesi, che presentano misure capaci di raggiungere un’ampia fetta di popolazione. Per esempio, il fatto che assicurazioni private negli Usa e in altri Paesi prevedano riduzioni dei costi se l’assicurato può certificare la regolare esecuzione di attività sportive.
D. Il vostro policlinico universitario ha programmi di prevenzione?
R. Il convegno organizzato con il FASI è stato anche l’occasione per presentare il nostro nuovo programma di prevenzione VALE. È un percorso personalizzato, pluriennale e integrato, che prevede esami e visite specialistiche scelte in modo flessibile e distribuite nel tempo, secondo una ripartizione in 5 macro-aree d’intervento. A questo monitoraggio strettamente clinico si aggiungono misure tese a correggere, laddove necessario, lo stile di vita della persona. Attorno alla regia di un medico internista ruotano per questo, oltre ad altri medici specialisti, anche professionisti dell’alimentazione, della preparazione atletica ed esperti di wellbeing council. VALE è, in sintesi, un programma che segue la persona nel tempo, calibrato sulle peculiarità del quadro di salute e dello stile di vita del soggetto. Vorrei anche sottolineare il significato di un’iniziativa articolata di prevenzione condotta da un policlinico universitario. Prima parlavamo dell’importanza di diffondere una più forte cultura della prevenzione. La scommessa del nostro policlinico universitario, con il programma VALE e con altre iniziative di prevenzione è anche legata all’obiettivo di superare l’idea che un ospedale sia solo un luogo per malati. Finché resteremo legati a questa concezione, accetteremo di varcare la soglia di un policlinico solo quando la malattia è conclamata. Fa invece parte di un’idea moderna di salute che anche una struttura sanitaria ad alta intensità di cura sia percepita dalla persona come un alleato che gli è accanto e lo segue nella vita sana per prolungarne il più possibile nel tempo lo stato di salute.  

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