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EMANUELE SPAMPINATO: Sicilia e-Servizi, ecco quale ponte costruiamo per collegare la regione al resto del mondo

di Emanuele Spampinato, presidente di Sicilia e-Servizi

Un’isola ricchissima il cui immenso patrimonio non rende affatto quanto dovrebbe: questo il problema della Sicilia, che qualcuno vorrebbe condannata a un’irrimediabile arretratezza. E così sarebbe se non esistessero quelle straordinarie opportunità di sviluppo sociale ed economico che sono informatica e telecomunicazioni, grazie alle quali è possibile superare d’un balzo un gap apparentemente incolmabile. Innovare la Sicilia significa guardare al suo immenso patrimonio culturale, ambientale e sociale da un nuovo punto d’osservazione, con il distacco oggettivo degli uomini di scienza. E operare di conseguenza con la massima rapidità attraverso uno strumento agile ed efficace: una società a capitale misto che sappia coniugare esigenze organizzative, tecnologia e capacità industriale. Sarà così possibile per la Sicilia guadagnarsi un ruolo da protagonista nel mondo che sarà sempre più incentrato sui valori della conoscenza.
Per il resto, basterà ripartire non solo dalla nostra posizione geografica di ponte tra Europa e Africa, ma anche dalla posizione culturale di medium tra i produttori di alta tecnologia e i suoi fruitori. Quanto la Regione Siciliana creda nella Società dell’Informazione lo dimostra il grande piano di investimenti messo a punto per sostenere un’autentica rivoluzione culturale destinata a coinvolgere tutti gli ambiti della società regionale: Pubblica Amministrazione, sistema dell’istruzione, mondo produttivo, singoli cittadini. Sicilia e-Servizi spa si propone di realizzare un allaccio virtuale dei residenti al resto del mondo e allo stesso territorio interno della regione siciliana, opportunità di sviluppo sociale ed economico coincidenti con quelle create dall’informatica e dalle telecomunicazioni. L’innovazione diviene un ponte da costruire affinché, percorrendolo, l’imprenditorialità sicula giunga nelle altre regioni italiane, in Europa, in America, nel vicino Mediterraneo, e crei a sua volta nuovo valore.
Nella Società dell’Informazione è presente l’unico e il più efficace canale di crescita di una regione paralizzata dalla maturità imprenditoriale e da una burocrazia frenante. Vanno ringiovaniti i modi che la politica usa per operare attraverso passi essenziali: non amministrare valore, ma crearlo; non misurare i chilometri di fibra ottica realizzati, ma aggiornare i software che su di essa si sviluppano; non isolarsi come farebbe per costituzione un’isola, ma far fronte comune con le altre società regionali che credono nel potere dell’innovazione, in quello non della sola fibra, bensì dell’ottica.
La «e» di Sicilia e-Servizi sta per tecnologia; si tratta di una società mista - il 51 per cento di proprietà della Regione siciliana e il 49 per cento di un socio privato -, che ha il compito di realizzare e gestire tutte le soluzioni di Information & Communication Technology della Regione Sicilia. Rientra tra quelle società regionali che, secondo un modello abbastanza consolidato a livello nazionale, fanno da regia all’adozione delle tecnologie nel territorio e costituiscono lo strumento dell’Amministrazione Pubblica per realizzare e fornire i servizi di informatica e telecomunicazione in collaborazione con le imprese private, in un confronto costante.
Il socio privato è stato selezionato con gara di evidenza pubblica secondo il modello del partenariato pubblico-privato sancito a livello comunitario. Nella gara è stato definito il soggetto che diviene responsabile del servizio da rendere privatamente in qualità di socio operativo o industriale e nell’ambito di una partecipazione a tempo. Obbligate dal bando ad operare tramite una società di capitali congiunta che si configura come socio operativo e industriale, le due società di consulenza selezionate - Engineering e Accenture - hanno creato una joint venture, la società consortile a responsabilità limitata Sicilia e-Servizi Venture.
Sicilia e-Servizi realizza esclusivamente i progetti commissionati dalla Regione siciliana, che costituisce il socio operativo per un tempo di 5 anni dalla costituzione della società. Oltre a tale termine il socio privato non potrà essere riconfermato, ma si procederà a nuova gara oppure la Regione ne acquisirà le quote in modo da lavorare in autonomia. Il socio privato, entrato nel dicembre del 2005, resta di diritto nei 5 anni successivi, ai quali sono aggiunti ulteriori 18 mesi così giungendo alla data del giugno 2012. Nel nostro codice etico ci definiamo «post-moderni», un’accezione che fa riferimento al rapporto esistente tra la parte pubblica e la parte privata; in qualche modo Sicilia e-Servizi è un esempio concreto di partenariato pubblico e privato istituzionalizzato, così come viene definito dall’Unione Europea, nel quale il contratto sociale tra P.A. e mondo privato per la realizzazione, l’erogazione e la manutenzione di determinati servizi è l’espressione più innovativa del rapporto fra pubblico e privato.
Il nostro compito è la realizzazione della Società dell’Informazione attraverso lo svolgimento delle attività informatiche di competenza delle Amministrazioni regionali, la gestione della piattaforma telematica integrata e l’uso di tutte le nuove componenti info-telematiche prodotte. Non si tratta esclusivamente della fornitura di beni e servizi: la tecnologia, infatti, è solo il primo passo di un cammino di innovazione generale che va a modificare i processi di funzionamento dell’Amministrazione e di interlocuzione tra essa e il cittadino o l’impresa. È necessario avere una visione a 360 gradi del presente e del futuro attraverso il coinvolgimento diretto dei privati che offrono tecnologia e, nel contempo, è indispensabile modificare i processi finalizzati al suo utilizzo, cosa non facile. Lasciare questo compito all’Amministrazione senza che essa sia dotata di una visione imprenditoriale risulta particolarmente arduo, ed è questo il motivo per cui si è sviluppato il modello di una società rivolta all’informazione e alla comunicazione tecnologica, mutuato da altre regioni d’Italia come nel caso della Ciesse Piemonte o della Lombardia Informatica.
Le società sono sempre state basate sull’informazione; il punto è come quest’ultima circola. In quella che è per noi la Società dell’Informazione lo spettro è più ampio perché si parla di un’informazione che viaggia in modo nuovo e automatico; l’informatica significa informazione automatica che, tramite le macchine, comincia a girare. All’interno del Fondo per le Aree Sottosviluppate (Fas) che il Cipe dovrebbe riconoscere alle Regioni ad Obiettivo 1, l’unico piano regionale approvato è stato quello per la Sicilia nell’agosto del 2009, con un capitolo di circa 90 milioni di euro per la realizzazione del Cad della Regione siciliana. Tale finanziamento, per quanto ci riguarda, è più rivolto alla modifica dei processi che non alle componenti, essendoci dotati della posta elettronica certificata ed avendo già distribuito i kit per la firma digitale. Le nostre difficoltà riguardano la resistenza al cambiamento. Noi oggi abbiamo il protocollo informatico installato ma la carta ha ancora valenza legale, cosicché il primo è solo la fotografia informatica di un protocollo cartaceo: è questo l’ultimo miglio da percorrere con i fondi Fas.
La nostra Sicilia e-Servizi nasce alla fine del 2005, quindi è una realtà decisamente giovane e, facendo la fotografia dello stato dell’innovazione e della tecnologia nella regione, sicuramente ha molta strada da fare, per la quale il piano d’investimenti utilizzerà prevalentemente fondi comunitari e cercherà di impiegare le risorse destinate alla Regione, oltre a reperire ulteriori risorse. Dovremmo piuttosto chiederci se la politica vede l’innovazione come obiettivo prioritario e strategico per lo sviluppo del territorio. Come esce la Sicilia, in tema di innovazione, dal confronto con le altre Regioni d’Europa? L’Eris, ossia l’European Regional Innovation Scoreboard, strumento adoperato dalla Commissione Europea per valutare il livello di innovazione di un sistema, colloca la Sicilia in posizioni di estrema retroguardia. Ciò impone di seguire, innanzitutto, un primo obiettivo quantitativo: oggi siamo 140esimi, dobbiamo puntare a scalare la classifica rendendo la nostra Regione un’opportunità per numero di laureati in materie scientifiche e tecnologiche e di imprese operanti nel settore, per tasso di «digital divide» e, più in generale, per tutti quei fattori che, insieme, costituiscono l’indice aggregato di innovazione. La politica deve farsi carico di una nuova strategia, vedere oltre, avere una finestra di riferimento simile a quella della nuova programmazione comunitaria, che dà un limite - il 2013 - per confrontare gli obiettivi con i risultati. Puntiamo ad avere l’indice di innovazione più alto e spingeremo ogni singola voce che lo costituisce.
Per anni in Italia, soprattutto in Sicilia, si è guardato all’ICT tenendo in considerazione il divario digitale rappresentato dagli accessi alle nuove tecnologie, spostando quindi il problema. La misurazione del grado di innovatività di un territorio va effettuata su qualcosa di immateriale, legato alla conoscenza, all’innovazione dei processi e agli strumenti che li supportano, alle soluzioni organizzative che diventano software. Cambiamo il processo perché comunichiamo in maniera diversa, non utilizziamo carta ma software e l’interlocuzione verbale diviene una soluzione informatica. Invece di misurare le soluzioni informatiche e il loro grado di penetrazione, si è pensato solo a misurare quanto è materiale, i collegamenti a internet e la loro velocità, la quantità di fibra ottica collocata in un dato territorio, mantenendosi dunque su un livello esclusivamente quantitativo e non qualitativo. Il tasso di accessibilità a internet supera abbondantemente il 90 per cento, nel 2004 si assestava intorno al 65 per cento, ma la connessione oggi non è un problema né è idonea a dare un indice dell’innovazione di un luogo: ciò che va verificato è il modo in cui le reti vengono utilizzate, la qualità di questo uso.
Un Codice dell’Amministrazione digitale è stato emanato, con il decreto legislativo n. 82 del 2005, allo scopo di regolare l’emissione e la fruibilità dell’informazione digitale, utilizzando le tecnologie dell’informazione e della comunicazione all’interno dell’Amministrazione; il ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione Renato Brunetta ne ha avviato positivamente l’esame della riforma. Considero il Codice un libro dei sogni che, pur contenendo buoni propositi, non ha mai acquisito quella sistematicità, strutturazione e pervasività nella P.A. e nei rapporti con i privati che da esso ci si doveva aspettare. Il Cad deve disegnare un nuovo modello di funzionamento della P.A. in cui i processi di comunicazione vengano ridisegnati sulla base di soluzioni informatiche: posta elettronica certificata, firma digitale, archiviazione sostitutiva, ossia le tre grandi rivoluzioni che, una volta attuate, sostituirebbero la carta e spingerebbero a modificare i processi di informazione e interlocuzione. Oggi tali strumenti sono difficilmente utilizzati, pur importando un risparmio notevole. Uno dei grandi poteri che hanno i burocrati, e che intendono mantenere, è il controllo del protocollo, la possibilità di cambiare la pratica e sostituirla a proprio comodo, che verrebbe meno una volta che tutto sia stato informatizzato e automatizzato. Ciò costituisce sotto tutti gli aspetti una perdita di potere.
Facendo fronte comune con le altre società regionali per l’innovazione intendiamo andare all’estero, incontrare opportunità di lavoro, ricevere commesse come società regionale e coinvolgere il nostro territorio, così assumendo il ruolo di veicolo per le imprese nazionali che hanno difficoltà fuori dal territorio italiano, facendo da traino per le imprese siciliane e costruendo un ponte virtuale tra la Sicilia e il resto del mondo che valorizzi la nostra isola.

Tags: Sicilia Emanuele Spampinato Forum P.A. Maggio 2010

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