RENZO TURATTO: C’è un dipartimento intento a innovare la P.A. e immettere tecnologie nel circuito
Ogni volta che si manifesta una crisi economica di grandi proporzioni, si viene a determinare quella particolare situazione storico-sociale in cui è possibile immaginare un cambiamento di rotta, magari mettendosi in discussione come società e impegnando se stessi, gli altri e le istituzioni a cercare soluzioni originali a vecchi e nuovi problemi. In tali frangenti, in cui spesso a dominare è la confusione, bisognerebbe tentare di affrontare le difficoltà del mercato non solo come una contingenza negativa, ma anche come una valida occasione per ripensare il presente e il futuro. La riforma della pubblica amministrazione, introdotta nel 2009 dal ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione Renato Brunetta, è volta proprio a favorire quei processi di ammodernamento del Paese utili a rilanciarne ambizioni e potenzialità, promuovendo nuovi strumenti di lavoro e di organizzazione e una diversa modalità di vivere e lavorare nel settore pubblico.
Quattro le parole d’ordine da cui il ministro è partito per proporre un’idea diversa di amministrazione della funzione pubblica: innovazione, semplificazione, trasparenza e merito. Si tratta di fattori primari di competitività del Paese, sui quali puntare per un nuovo tipo di rapporto tra cittadino e Istituzioni, per riprendere a crescere da un punto di vista economico sia come mercato interno sia a livello globale, e per una P.A. che dovrà essere, però, più aperta al dialogo e ai contributi che vengono dalle imprese, dalle università, dal terzo settore, dai singoli cittadini. Il piano di e-Government 2012, messo a punto da Brunetta, definisce proprio quell’insieme di progetti di innovazione digitale che, nel loro complesso, hanno come fine ultimo quello di modernizzare, rendere più efficiente e trasparente la Pubblica Amministrazione, migliorandone la qualità dei servizi erogati a cittadini e imprese e diminuendone i costi per la collettività. Alcuni di questi piani sono già in esecuzione, come nel caso di «Linea Amica» o dell’iniziativa «Mettiamoci la faccia»; altri, come la posta elettronica certificata (PEC), sono sulla linea di partenza.
Il Dipartimento per la Digitalizzazione e l’Innovazione Tecnologica è la struttura di supporto di cui si avvale il ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione ai fini del coordinamento e dell’attuazione di tali politiche di promozione dello sviluppo della società dell’informazione, nonché delle previste innovazioni per le amministrazioni pubbliche, i cittadini e le aziende. Renzo Turatto, che ne è il responsabile, descrive in che modo è possibile intervenire, in maniera proficua, all’interno della complessa struttura amministrativa, e quali possono essere le conseguenze principali di tali operazioni sul Sistema Paese. Esperto di Economia monetaria, Microeconomia e Scienza delle Finanze, Turatto è autore di numerose pubblicazioni di Economia del lavoro, di Economia industriale e di Economia pubblica. Dal maggio 2008 al maggio 2009, dopo una lunga esperienza all’interno del Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha ricoperto l’incarico di capo della Segreteria tecnica del ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione, di cui ora sovrintende per la digitalizzazione e per l’innovazione tecnologica.
Domanda. Tema centrale di questo Forum P.A. 2010 è «La crisi e poi?». Secondo lei, quali sono le prime risposte da dare al Paese per uscire dalla contingenza economica negativa in cui ci troviamo e costruire un futuro fondato sul merito e sull’innovazione?
Risposta. Il tema dell’innovazione è centrale per l’Italia, sotto diversi punti di vista, perché riguarda l’intero Sistema-Paese e va a coinvolgere molti settori considerati critici, come le infrastrutture di rete e i servizi da offrire al cittadino. È qui che la pubblica amministrazione sconta un certo ritardo, soprattutto considerando che l’innovazione rappresenta una delle leve attraverso cui agire per aumentare la produttività di tutto il sistema. Due sono le linee guida su cui concentrarsi: l’innovazione di sistema e l’innovazione della pubblica amministrazione. Il Governo, ovviamente, si sta muovendo su entrambi i fronti, introducendo innovazione per le imprese e per i cittadini, consapevole che essa, se inserita all’interno della P.A., è funzionale all’intero sistema economico e produttivo.
D. Parlando del Piano e-Gov 2012, in che modo è possibile rafforzare la competitività e stimolare la crescita dell’economia e dell’occupazione a partire dalla digitalizzazione delle reti e dei servizi, in un Paese come l’Italia in cui la divisione digitale è ancora un problema da affrontare?
R. In tema di pubblica amministrazione le principali linee di intervento sono due: una di tipo regolativo, ossia la legge Brunetta, che fa particolare riferimento al merito, alla trasparenza, alla valutazione dell’azione amministrativa; l’altra, che riguarda il piano di e-Government, ovvero la piattaforma di governo per l’attuazione del processo di digitalizzazione della pubblica amministrazione. Tra le priorità sul tavolo abbiamo vari settori di intervento, come la scuola, la giustizia e la sanità, aree che coinvolgono una porzione considerevole della cittadinanza, su cui in questi anni si è intervenuto in maniera decisiva. Il problema è che, nonostante i passi in avanti che ci sono stati, il cittadino non ha recepito fino in fondo gli sforzi sostenuti.
D. Ci sono novità per gli utenti già segnalate in questo Forum P.A. 2010?
R. Nella scuola è stato fatto un consistente lavoro di razionalizzazione dei sistemi formativi, sviluppando un’infrastruttura di rete cui ogni istituto scolastico è collegato, e all’interno della quale si mettono in condivisione nuovi servizi online dedicati all’istruzione, ma in pochissimi ne sono informati. Una novità, presentata proprio in occasione del Forum P.A. ma attiva da qualche settimana, è un esteso sistema di comunicazione scuola-famiglia, a sua volta connesso al network scolastico e il suo sistema informatico. Altri interventi ugualmente rilevanti si stanno attuando sul fronte della sanità e della giustizia. Nel settore della sanità è da poche settimane in funzione il sistema di certificazione e trasmissione dei documenti on line, avviato in via sperimentale e che nei prossimi mesi verrà collaudato per valutarne l’efficienza. Al termine di questo processo i certificati medici, invece di essere consegnati nelle mani del paziente e poi essere portati al datore di lavoro o all’Inps, a seconda che il lavoratore sia impiegato nel settore pubblico o in quello privato, saranno inviati esclusivamente on line. Potranno invece essere spediti dallo studio medico all’Inps via web attraverso gli applicativi che hanno a disposizione i medici. L’Inps, a sua volta, effettuerà l’invio al datore di lavoro. Questo è un processo totalmente esente dall’impiego di carta, con un risparmio colossale di risorse stimato in 100 milioni unità cartacee e 50 milioni certificazioni in meno, con un risparmio complessivo di 500 milioni di euro tra costi postali, costi di amministrazione e costi per i cittadini, senza considerare la rilevanza del fattore tempo.
D. Uno dei fattori chiave per l’ammodernamento della Pubblica Amministrazione, oltre l’innovazione tecnologica, è costituito dalla formazione del personale all’uso di tali tecnologie e dei nuovi mezzi di comunicazione. Ci sono dei piani dedicati a quest’aspetto?
R. Il problema è solo marginalmente di tipo tecnologico, poiché lo sforzo è certamente organizzativo e di organico, ma non di formazione: la Pubblica Amministrazione italiana ha un problema di età, non di formazione. I programmi formativi previsti presentano dei livelli di qualifica più elevati che nel settore privato, lo dimostrano numerosi studi statistici. Il problema è che in tanti casi abbiamo a che fare con personale anziano, e questo costituisce il vero nodo su cui lavorare e su cui chiedere la collaborazione di tutte le strutture, a livello centrale e a livello regionale.
D. A che punto siamo con l’utilizzo della posta elettronica certificata (PEC), e quanti ancora non si sono dotati di tale strumento?
R. Al momento sono attive circa un milione e mezzo di caselle di posta elettronica certificata, forse anche di più. Molte di queste caselle sono attualmente utilizzate da imprese e da professionisti, per i quali la dotazione della casella di posta elettronica certificata è obbligatoria dal novembre 2009. A partire dal 26 aprile anche noi come P.A. provvediamo a una distribuzione gratuita di caselle di posta elettronica dedicate ai cittadini, non ai professionisti, e finalizzate ai rapporti con la pubblica amministrazione.
D. Chi è il destinatario di tale iniziativa?
R. Qualsiasi cittadino italiano di età superiore ai 18 anni ha diritto ad avere una casella di posta elettronica certificata. 40 milioni di italiani avranno la possibilità di accedere a una casella di posta, ma spetterà a loro valutare se sfruttare o no l’opportunità che stiamo fornendo. Il vantaggio è enorme: una volta attivata, infatti, la posta certificata equivale a una raccomandata con ricevuta di ritorno, perché dal punto di vista normativo e legale, mail e raccomandata avranno il medesimo valore. La stragrande maggioranza delle operazioni che prima prevedevano lo scambio di documenti, ora si potrà eseguire comodamente per via elettronica. Si va da un ricorso a un adempimento di tipo fiscale, fino all’iscrizione del figlio a scuola, tolti i casi in cui la presenza fisica del cittadino è necessaria per legge. Ovviamente i documenti dovranno essere, a seconda dei casi, firmati oppure no. La posta elettronica certificata è un’infrastruttura su cui abbiamo investito molto e su cui contiamo come strumento per facilitare tutta una serie di processi amministrativi e burocratici che gravano generalmente sul cittadino. Si pensi solo al problema di chi deve mandare raccomandate all’estero: ora basta accedere al portale della posta certificata ed effettuare trasmissioni di documenti verso qualsiasi parte del mondo. Un grande vantaggio per i cittadini ma anche per la P.A.; tra l’altro, sono previsti dei controlli e delle sanzioni anche di tipo oneroso per i dirigenti che non provvederanno all’esecuzione delle direttive del ministro Brunetta. Proprio in questi giorni stanno partendo le prime verifiche: quindi tutte le amministrazioni devono avere la PEC attiva, pubblicarne l’informazione sull’homepage del proprio sito e iscriversi all’elenco telefonico delle teche e delle P.A., gestito da DigitPA (il vecchio CNIPA). In questo modo, ogni cittadino che scrive all’amministrazione pubblica utilizzando la PEC ha il diritto di vedersi rispondere.
D. In base alla sua esperienza, quali possono essere le misure più urgenti da adottare per portare la nostra pubblica amministrazione al livello di quella degli altri Paesi europei?
R. Bisogna sempre separare i problemi: quello dell’innovazione e quello della regolazione del rapporto del lavoro pubblico. Noi, con la riforma Brunetta, ci stiamo adeguando agli standard europei per quanto riguarda il lavoro pubblico, in cui sono previsti sistemi efficienti di valutazione e di trasparenza con meccanismi di incentivazione del merito. Grazie alla riforma voluta dal ministro anche in Italia adotteremo i medesimi strumenti regolatori, soffrendo ancora, invece, di ritardi contenuti per ciò che concerne l’innovazione tecnologica. Continueremo a confrontarci con agli altri Paesi europei, ovviamente, ma solo con quelli che hanno le nostre stesse caratteristiche demografiche e strutturali, non certo con l’amministrazione pubblica di Malta, ad esempio, che per raggiungere i medesimi obiettivi deve far fronte a costi infinitamente minori. I problemi ci sono e verranno affrontati e risolti uno ad uno; con la riforma in atto, entro un anno, riusciremo a raggiungere risultati di rilievo.
D. Com’è la situazione italiana in tema di «digital divide», ossia di divario digitale, la differenza nell’accesso alla tecnologia nel territorio?
R. Per quanto riguarda l’accessibilità alla banda larga e alle infrastrutture di rete l’Italia presenta ancora molte realtà in «digital divide», soprattutto nelle aree montane, sia nel nord che nel sud. Le zone rurali e montuose presentano difficoltà maggiori da affrontare anche per costi più ingenti relativi alla posa dei cavi. Ciò nonostante, rispetto agli altri Paesi la situazione non è poi molto negativa e rientra pienamente nella media europea. Il problema principale è dettato dall’uso di questa tecnologia da parte della popolazione, e qui incontriamo un certo ritardo, dovuto sempre all’età media troppo avanzata. A questo bisogna aggiungere l’esistenza di sacche di depressione culturale molto accentuate, dove si rileva un forte rifiuto verso l’innovazione tecnologica e la penetrazione di tecnologie che ormai entrano in tutte le case con estrema facilità. Gli italiani che leggono i giornali attraverso il web sono relativamente pochi rispetto agli altri Paesi, pur essendo vero che abbiamo una penetrazione della carta stampata molto più elevata. In altri Paesi si leggono le notizie on line semplicemente perché, materialmente, non si trovano i giornali, come nel caso dei Paesi dell’Est Europa.
D. A partire dallo scorso anno e per il 2010 il ministero ha attivato una serie di iniziative volte a favorire la trasparenza e a valorizzare le buone pratiche nella pubblica amministrazione, come nel caso di «Linea amica», «Mettiamoci la faccia» e «Operazione trasparenza». In che modo, secondo lei, cambierà il rapporto tra la P.A. e il cittadino nei prossimi anni?
R. Ciò che sta avvenendo nel rapporto tra pubblica amministrazione e cittadino è un processo nuovo che possiamo definire di «empowerment» dei cittadini, cioè di accrescimento culturale, civile e sociale di tutti gli individui. Le iniziative come «Linea amica» e «Rete amica», dedicate allo sviluppo dei servizi digitali on line, sono modi concreti per dare più forza e potere effettivo ai cittadini, creando multicanalità e garantendo così la possibilità di fare domande dirette all’amministrazione, ponendo al centro il rapporto con il cittadino piuttosto che l’organizzazione. La strategia è quella di dire: mettiamo al centro il cittadino e poi adeguiamo gli strumenti per rispondere alle sue esigenze e non viceversa. Partire dal cittadino per pensare e ri-pensare l’istituzione, quindi, perché in questo modo si rende il cittadino il vero motore della trasformazione dell’amministrazione pubblica, evitando lo sterile confronto tra enti e istituzioni pubbliche che non permetterebbe una sostanziale crescita del Paese.
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