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TOSCANA: LE SFIDE DEL VINO TRA CLIMA ED EXPORT IN EVOLUZIONE

Ogni stagione ha la sua sfida e per il vino toscano - ma è purtroppo un tema generalizzato - è alla lotta al climate change che sempre più impatta sulla viticoltura. Per questa edizione di PrimAnteprima, giornata inaugurale della settimana delle anteprime dei vini toscani nella quale si fa il punto su questo importante comparto regionale, ci si è quindi focalizzati in primis su questo, e inoltre l’ingresso in mercati esteri, nello specifico gli Usa.

Ma prima i dati Ismea: la Toscana si conferma appassionata di biologico con il 17% della superficie vitata bio in Italia (23mila ettari certificati, il 38% del totale regionale che ammonta a circa 61mila ettari. La superficie vitata cresce da 4 anni ed è destinata per il 95,7% a vini a denominazione, rispetto alla media nazionale di non oltre il 65%. Oltre 12mila le aziende attive in Toscana, per una media di 5 ettari ciascuna e una modesta propensione al modello cooperativo (18%, contro il 50% a livello nazionale) per un valore di 1 miliardo 250 milioni. Ridimensionato il tasso di crescita dell’export, mentre la produzione purtroppo è in flessione del 26% circa nel 2023 (stimati 1,7 milioni di ettolitri, quelli bio sono 400mila) per via delle fitopatie sofferte in vigna, in un contesto di sensibile riduzione nazionale a causa, appunto, del cambiamento climatico.

Gravità, urgenza e speranza le parole dell’IPCC nel 2023, di fronte agli ultimi due anni che sono stati i più caldi di sempre. IPCC, Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite, riscontra sempre più saldamente il fattore umano nell’aumento della temperatura di 1,1°C rispetto all’era preindustriale 1850-1900. “All’atto pratico, questo porta a nuove colture come banana, mango, avocado in Sud Italia oppure alla coltivazione di legumi quali ceci e lenticchie, le cui superfici coltivate sono più che triplicate; aumentano il frumento duro o il pomodoro da industria nel Nord Italia (questo addirittura supera in quantità prodotte il Sud), fruttificano le viti in Val d’Aosta e gli olivi in Valtellina”: commenta così gli ultimi dati Bernardo Gozzini, amministratore unico del toscano Consorzio LaMMA (Laboratorio di monitoraggio e modellistica ambientale).

Come contrastare questi dati allarmanti relativamente al clima che cambia? “Se è troppo freddo si avrà un basso livello di zuccheri e gli aromi nel vino saranno acerbi; se è caldo invece quelli aumentano, riducendosi però l’acidità e generando aromi surmaturi” semplifica Gozzini, che prosegue che per continuare ad avere vini in linea con quelli finora ottenuti “bisogna adeguare anche il vitigno, considerando che, in via generale, quelli a bacca bianca prediligono un clima più fresco; quindi, la scelta dei nuovi impianti va fatta sulla media delle temperature della stagione vegetativa oltre che ragionando su quale versante sia meglio per la crescita”. Fondamentale quindi il ricorso a espedienti quali protezione dei grappoli mediante reti ombreggianti e riduzione della superficie fogliare durante l’attività vegetativa per ridurre l’evapotraspirazione mantenendo però l’ombreggiamento sul grappolo; gestione della chioma e del suolo per ridurre la temperatura; irrigazione; potatura ritardata per spostare il germogliamento; uso di nuove varietà”. Ma anche strategie adattive laddove aree morfologicamente complesse - e la Toscana lo è - consentano lo sfruttamento di diverse altitudini ed esposizioni. Laddove possibile, ricorrere all’agricoltura 4.0. Infine, poiché ora cade tanta acqua in poco tempo, e dal 2000 in poi la siccità si è presentata ogni cinque anni, in futuro sarà inoltre sfidante gestire la risorsa idrica.

L’agricoltura 4.0 può aiutare ma quello che serve sono invasi e interventi seri. “Investire in qualità paga sempre, in questo periodo attutisce l’impatto negativo che si ha globalmente - afferma Stefania Saccardi, vicepresidente e assessore all’agroalimentare della Regione Toscana -. Dall’alto numero di aziende agricole che partecipano ai bandi sull’innovazione e agricoltura 4.0 emerge un territorio giovane e vivace che vuole mettersi in gioco. Noi abbiamo il dovere di aiutarli e sostenere con formazione e politiche adeguate”. 58 indicazioni geografiche riconosciute, di cui 52 DOP (11 DOCG e 41 DOC) e 6 IGT; di esse quasi il 60%, 36mila ettari, hanno usufruito della misura ocm vino per la ristrutturazione e riconversione, in vigore da 23 anni. Anche in questo la Toscana è sopra la media nazionale che si attesta al 50%. L’importante ricorso regionale alla misura emerge anche analizzando l’età media del vigneto che per il 55% ha meno di venti anni.

Se il motore della Toscana è il vino, la benzina è l’export. Prendendo come mercato gli Usa, secondo le elaborazioni del direttore dell’Osservatorio del Vino di UIV Unione Italiana Vini Carlo Flamini, nel 2023 le importazioni statunitensi di vino rosso (il top player della Toscana) confezionato sono a 290 milioni di litri, il dato più basso per i consumi. Ciò perché distributori e importatori hanno scommesso nel 2021/22 come anno di rilancio dei consumi ma così non è stato: il 2023 quindi si è caratterizzato per il massiccio destocking (smaltimento) delle ingenti scorte accumulate, il cui stoccaggio ha un costo sempre maggiore a fronte di un mercato sempre più del “just in time”.

Le vendite totale vino verso i segmenti retail (grande distribuzione, liquor store, mass merchandise) e on premise (il consumo sul posto: ristoranti, locali...) sono in negativo, intorno al -7,5% con il picco dei vini rossi e rosati; l’Italia si destreggia per il portafoglio ampio. Non si può però ignorare la suddivisione dei consumatori, che porta a ulteriori riflessioni: dei 245 milioni di legal drinking age quelli che consumano vino sono 80 milioni, divisi per il 18% in core drinkers che bevono sì vino, ma non tutti i giorni (come a noi italiani parrebbe normale: 15 milioni su 30 totali i consumatori italiani di vino ogni giorno) bensì una volta a settimana; 15% di occasional una volta ogni tre mesi; il resto del mercato si divide per il 29% tra chi beve birra o spirits; gli infrequent che bevono qualunque tipo di alcolico una volta ogni 3 mesi; gli astemi, una tendenza in crescita (attualmente 28%). Ma negli Usa i fattori anagrafico e di consumo sono inversamente proporzionali: al crescere dell’età cresce anche l’incidenza del vino. Un esempio per tutti: il Pinot grigio è consumato dai baby boomers, sui 65-70 anni, che vivono in Florida o a New York. Escluso questo, il Pinot grigio nel resto del Paese è poca cosa. Inoltre va ricordato che man mano che si va avanti con gli anni il core wine drinker viene meno per età anagrafica. Da non sottovalutare anche la composizione etnica: metà degli americani tra i 18 e i 24 anni sono bianchi ma se prendiamo la California invece sono ispanici e i latinos, rispetto ai white americans, prediligono birra e spirits, cosa valida anche per i black.

Perché si riducono i consumi di vino? In pole position il prezzo (è la bevanda che costa di più, soprattutto l’importato), l’interesse verso altre bevande e la riduzione del consumo di zucchero; le minori occasioni di socialità; il gusto (“non mi piace più”); le campagne proibizioniste; infine stupisce “non è in linea con la mia dieta”, ossia si apprezza il prodotto ma si avverte come non coincidente con il proprio stile di vita. In questo mix di età, etnia, censo e lifestyle, i consumatori stanno cambiando quindi: i giovani hanno una tendenza a scegliere in base all’occasione - con gli amici un prodotto, con la fidanzata un altro: è il consumo ad adeguarsi all’esigenza, come anche alle convinzioni e ideali legati a salute e stile di vita. Tanti elementi stanno strutturalmente cambiando il palato del consumatore americano. La ricetta potrebbe quindi essere cercare quelle nicchie di consumatori aperte a un ascolto del nostro vino e portar alla maturità: “È il tempo di mettere un punto ai fondi ocm, giusti, ma va investito in promozione, attuare qualche misura di ascolto sui consumi per cogliere quei segnali deboli che poi possono diventare clienti”.

Tags: vino toscana prodotti tipici climate change export Febbraio 2024

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