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OSCAR FIUMARA: AVVOCATURA DELLO STATO, OSSIA DEI CITTADINI

Entrato nel 1960 nell’Avvocatura dello Stato, Oscar Fiumara vi ha percorso tutte le tappe della carriera; ha prestato servizio a Perugia, a Milano e dal 1972 a Roma, fino a diventare nel 1999 vice avvocato generale e nel 2005 avvocato generale dello Stato. Ha trattato una vastissima gamma di materie: diritto costituzionale, comunitario, amministrativo, penale, tributario ecc. Ha rappresentato la Presidenza del Consiglio nei giudizi dinanzi alla Corte costituzionale e alla Corte di Giustizia delle Comunità europee, ha partecipato come esperto alla formazione di testi normativi comunitari.

Autore di numerosi scritti giuridici, ha svolto anche incarichi istituzionali: è stato consigliere giuridico della giunta delle Comunità europee e del Senato; capo di uffici legislativi e capo di gabinetto di ministeri; tuttora ricopre vari altri delicati incarichi. In questa intervista l’avv. Fiumara illustra il ruolo dell’Avvocatura dello Stato, chiamata a tutelare gli interessi dello Stato e quindi indistintamente l’interesse collettivo di tutti gli italiani, nelle controversie sempre più numerose non solo tra cittadini e istituzioni, ma anche tra istituzioni, ad esempio tra Regioni e Stato e tra l’Italia e gli altri Paesi dell’Unione europea.

Domanda. Qual è il compito dell’Avvocatura dello Stato?

Risposta. L’Avvocatura è un organo essenzialmente tecnico, assolutamente non politico, di rappresentanza e difesa dello Stato in giudizio, cioè del Governo, quindi esamina qualsiasi vertenza o problema da un punto di vista esclusivamente tecnico-giuridico. Proprio in virtù di tale metodo l’Avvocatura dello Stato, pur essendo incardinata nella Presidenza del Consiglio dei ministri, opera in piena autonomia al fine di apprestare la migliore tutela dell’interesse pubblico e collabora con tutti i poteri. Come avvocati del potere esecutivo, operiamo davanti alle magistrature di ogni ordine e grado, e pertanto la nostra attività legale è molto intensa perché dobbiamo occuparci di tutto. Con il potere legislativo non abbiamo nessun contatto - sebbene difendiamo anche la Camera dei Deputati e il Senato della Repubblica -, però le nostre proposte all’amministrazione, le osservazioni, la giurisprudenza che abbiamo contribuito a formare, non possono essere ignorate in sede legislativa. Praticamente acceleriamo alcuni processi legislativi. La nostra attività è a tutto campo, ci occupiamo non solo delle controversie dinanzi ai magistrati amministrativi e ordinari, ma anche dei ricorsi alla Corte costituzionale, alla Corte di giustizia delle Comunità europee e alle altre corti di giustizia internazionali. Partecipiamo a quasi tutti i giudizi dinanzi alla Corte costituzionale, sia a quelli incidentali, riguardanti questioni di legittimità costituzionale delle leggi; sia a quelli relativi a conflitti tra Stato e Regioni, nei quali rappresentiamo il Governo, non per le sue scelte politiche ma per ragioni esclusivamente giuridiche.

D. Intervenite solo nell’ambito di procedimenti giudiziari?

R. Possiamo suggerire soluzioni, dal punto di vista giuridico ma anche come organo di corretta amministrazione e di consultazione. Non sempre il nostro è un lavoro di tipo contenzioso; un quarto circa degli affari che trattiamo sono puramente consultivi, ossia pareri emanati dietro richieste della pubblica amministrazione su comportamenti giuridici da assumere, che poi si riflettono sulla correttezza dell’azione amministrativa. Per esempio, esprimiamo pareri sulle circolari emanate dall’Agenzia delle Entrate circa l’interpretazione di norme, spesso concordate con l’Avvocatura, anche sulla base degli sviluppi giurisprudenziali.

D. Come è articolata l’Avvocatura dello Stato?

R. È composta dall’Avvocatura generale e da 25 Avvocature distrettuali, situate in ciascuna sede di Corte d’appello. Nel 2008 complessivamente sono stati impiantati 170 mila nuovi affari; poiché circa nel 95 per cento dei casi le cause sono intentate dalla controparte, questo numero indica che lo Stato, che è quasi sempre convenuto o resistente, non riesce a corrispondere con sufficienza alle esigenze dei cittadini. Questa vasta litigiosità rivela quindi un malessere nella nostra società. Alle cause nuove vanno inoltre aggiunte quelle pendenti; nel 2008 sono state emesse 145 mila sentenze, mentre molte vertenze sono state definite in sede stragiudiziale, con un impegno veramente notevole sia dell’Avvocatura generale che di quelle distrettuali.

D. Quali competenze sono riservate all’Avvocatura generale?
R. Roma ha un’importanza maggiore sia per il coordinamento tra tutte le avvocature sia per la presenza delle giurisdizioni superiori: Consiglio di Stato, Corte di Cassazione, Corte costituzionale, ed anche Corte di giustizia delle Comunità europee. Il contenzioso dinanzi a quest’ultima è forse oggi il più rilevante per l’ordinamento giuridico italiano perché ci stiamo avviando verso un sistema giuridico regolato da norme europee cui i singoli Stati devono adeguarsi. Le cause più interessanti che abbiamo affrontato sono proprio quelle davanti alla Corte di giustizia, ad esempio contro l’eliminazione della lingua italiana negli atti della Commissione europea. In quel caso, la Corte ha accolto, sia pure limitatamente, il ricorso italiano. Un’altra causa fondamentale è stata quella sulla parità tra uomo e donna.

D. Come si è conclusa?

R. La sentenza, inizialmente considerata una grande vittoria delle donne, si è rivelata pregiudizievole per esse perché, parificate all’uomo, dovranno andare in pensione alla stessa età; per cui, non potendosi abbassare l’età pensionabile degli uomini, si dovrà elevare quella delle donne. Questo problema dovrà essere affrontato dal Governo con soluzioni non certo facili. Ancora un caso, quello relativo alla compatibilità dell’Irap con il sistema di tassazione europeo; dopo una lunga battaglia, la Corte ha definito compatibile questa imposta, evitando la restituzione alle imprese, da parte dello Stato italiano, di circa 300 mila miliardi delle vecchie lire.

D. E dinanzi alle supreme Corti nazionali?

R. Siamo presenti in quasi tutti i procedimenti davanti alla Corte costituzionale e in circa un terzo di quelli davanti alla Corte di Cassazione; davanti a quest’ultima il nostro contenzioso, soprattutto in materia tributaria, si aggira solitamente sulle 6-7 mila cause; quest’anno sono state forse un po’ di meno, 5.700. Inoltre, difendiamo lo Stato davanti al Consiglio di Stato e ai Tar, tribunali amministrativi regionali.

D. Quali sono le amministrazioni pubbliche da voi difese?

R. Una legge del 1933 prescrive che siano obbligatoriamente difese dall’Avvocatura le amministrazioni dello Stato ma anche qualche ente pubblico, previa una speciale autorizzazione. Ma, all’epoca, lo Stato era composto solo dai ministeri e da qualche azienda come Ferrovie dello Stato e Poste; oggi esso si è frammentato in molti altri soggetti. I ministeri non sono più organi esecutivi; dirigono, ma a gran parte del resto provvedono le agenzie, quindi dobbiamo difendere le agenzie, le autorità garanti, i soggetti pubblici trasformati solo formalmente in società per azioni ma possedute interamente dallo Stato come l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Cassa depositi e prestiti, Anas. Non assistiamo le Ferrovie dello Stato e le Poste, ma al riguardo potrebbe esserci qualche apertura.

D. Come è la vostra sede a Roma?

R. Siamo alloggiati in un ex convento dei padri agostiniani, che nel 1870 fu in parte requisito dallo Stato e fino agli anni 30 ha ospitato il ministero della Marina. Costruito nel ‘400 e ricostruito in gran parte a metà del ‘700 dal Vanvitelli, è pieno di opere d’arte tra le quali una bellissima Madonna del Sansovino. A metà del secolo scorso, in una parete della cosiddetta Sala del Vanvitelli, un tempo destinata a refettorio dei Padri agostiniani, è stato riscoperto un affresco. Solitamente nei refettori dei conventi si dipingeva «L’ultima cena»; in questa sala invece un pittore del ‘700, Gregorio Guglielmi, dipinse un soggetto diverso ma vicino al tema dell’eucarestia, «La moltiplicazione dei pani e dei pesci». D’accordo con il ministero dei Beni culturali vi abbiamo allestito una mostra esponendo anche altre opere del Guglielmi pervenute da ogni parte del mondo: Stati Uniti, Praga, Madrid, Musei Vaticani, chiese di Roma. In occasione dell’inaugurazione, nei giorni scorsi, abbiamo curato e presentato un libro di cultura e d’arte, edito dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, sul complesso di Sant’Agostino: la Chiesa, la Biblioteca Angelica e l’Avvocatura generale dello Stato, con belle illustrazioni dei tesori racchiusi in questi luoghi. Per l’espletamento della nostra attività istituzionale abbiamo ottenuto di recente anche la disponibilità dell’ex sede dell’Intendenza di Finanza, un edificio umbertino ormai quasi completamente ristrutturato.

D. Qual è il vostro organico?

R. Abbiamo un organico di 370 avvocati, di cui circa un terzo assegnato a Roma e gli altri divisi tra le 25 Avvocature distrettuali; nello stesso modo sono divisi i circa 900 impiegati. La sede di Roma ha anche compiti di direzione e di organizzazione. L’organico degli avvocati è fissato dalla legge e finalmente siamo riusciti a completarlo. Occorrerebbero altri avvocati, ma nell’attuale situazione delle finanze pubbliche non proviamo neppure a chiederlo; abbiamo però un grande bisogno di un maggior numero di impiegati, anche se un grandissimo aiuto ci viene dall’informatizzazione. Quando entrai nell’Avvocatura dello Stato, nel 1960, l’organico aveva 70-80 avvocati meno di oggi, ma le cause anziché 170 mila all’anno erano 30 mila, si scriveva tutto a mano e poi in dattilografia, non esistevano le fotocopie. Comunque, attualmente il costo della struttura è limitato: nel 2005, quando sono diventato avvocato generale, avevamo un budget complessivo di 140 milioni di euro, oggi è di circa 160 milioni di euro, ma c’è da considerare l’inflazione. A parte Napoli, Palermo e Milano, ove lavorano rispettivamente 25, 20 e 14 avvocati, molte sedi contano solo 3 o 4 avvocati.

D. Il cittadino ha la sensazione che esista un’eccessiva litigiosità a tutti i livelli, tra istituzioni, tra cittadini e istituzioni, tra cittadini. Qual è il suo giudizio?

R. La litigiosità è un po’ come il cane che si morde la coda; maggiore è la disfunzione del processo e più numerosi sono i procedimenti; se la tutela giurisdizionale fosse più rapida, essi si risolverebbero subito e alla giustizia ricorrerebbero solo le persone veramente bisognose di essa. Oggi vi si ricorre anche per ritardare qualche decisione, perdere tempo, pagare o non pagare qualcosa. La legge Pinto sull’equa riparazione delle parti per il ritardo subito è inadeguata. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia per la lentezza dei processi, ma lo Stato non riesce a dare una risposta efficace alle esigenze dei cittadini e delle imprese, per cui chi è vittima di questa lentezza deve intentare una causa per ottenere un indennizzo a ristoro dei danni, ma sono possibili abusi e strumentalizzazioni.

D. Quali rimedi indicherebbe?

R. Ho proposto qualche anno fa un meccanismo semplificato della legge Pinto, consistente in un tentativo di conciliazione obbligatorio e preliminare, attuato da un apposito nucleo di tre o quattro avvocati dello Stato, con il compito di esaminare le domande di indennizzo senza l’intervento di avvocati e di stabilire subito un rimborso, salva poi la proposizione dell’azione giudiziaria da parte di chi non avesse accettato. La proposta è stata recepita dal precedente Governo Berlusconi che ha varato un decreto legge, che non è stato però convertito per le resistenze manifestate da coloro che ritenevano comunque necessaria la presenza di un avvocato dell’interessato. Se il decreto fosse stato convertito, avremmo potuto ridurre sensibilmente il carico di 23 mila cause l’anno risolvendo l’80 per cento dei casi; con il patrocinio necessario di avvocato per la parte privata i tempi si sarebbero inevitabilmente allungati.

D. Ritiene utile l’istituto dell’udienza preliminare nei procedimenti penali, che dà scarsi risultati rispetto ai compiti fissati e impegna molti giudici che potrebbero invece dedicarsi al dibattimento vero e proprio?

R. Ritengo particolarmente ingiusto non tutelare adeguatamente un cittadino accusato a torto di un crimine non commesso, portato davanti al Tribunale e poi assolto, perché comunque avrà subito un danno irreversibile costituito da quanto, indipendentemente da tutto il resto, avrà speso per difendersi e per il processo penale in genere. Nell’intervento che ho svolto nel corso della cerimonia dell’inaugurazione dell’anno giudiziario ho posto un interrogativo: perché, nella riforma giudiziaria appena avviata, non si introduce il rimborso delle spese legali all’imputato assolto? Si obietta che costituirebbe un onere insopportabile per lo Stato; ma non è stata già introdotta la riparazione dell’errore giudiziario e per l’ingiusta detenzione? Prima o dopo la Corte europea dei diritti dell’uomo potrebbe pronunciarsi anche su questo problema.

D. Con l’introduzione del federalismo aumenterà il contenzioso tra lo Stato e le Regioni?

R. Già oggi difendiamo in parte le regioni a statuto speciale - Sicilia, Sardegna, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e Val d’Aosta -, tranne nei casi di conflitto tra esse e lo Stato. Le regioni a statuto ordinario possono chiedere di essere assistite dall’Avvocatura dello Stato; alcune l’hanno fatto, altre preferiscono provvedere da sole. Con l’avvento del federalismo molte altre funzioni dello Stato passeranno alle Regioni e dovrebbero pertanto ridimensionarsi alcune nostre competenze, ma non credo molte perché queste sono state già limitate al momento della costituzione delle Regioni a statuto ordinario.

D. A chi siete tenuti a fornire pareri giuridici?

R. Possiamo darli solo alle amministrazioni dello Stato ma in senso ampio, quindi non solo a quelle centrali ma anche agli uffici periferici che li chiedano all’Avvocatura generale o a quella distrettuale di loro competenza. Quando si tratta però di materie di rilievo nazionale, l’Avvocatura locale interpellata investirà del problema quella generale. Dinanzi al Tar di Roma, comunque, l’Avvocatura deve intervenire non solo nelle vertenze locali ma pure in quelle nazionali, dal momento che il Tribunale amministrativo del Lazio è competente anche per tutti i di casi di interesse generale. Questo comporta che l’Avvocatura distrettuale di Roma è conglobata in quella generale, perché sarebbe complicato separare le due strutture.

D. Come vengono reclutati gli avvocati dello Stato?

R. Attraverso un doppio concorso. I giovani sono reclutati con un concorso di primo grado per procuratori dello Stato e dopo due anni possono partecipare al concorso per avvocato dello Stato. A questo secondo concorso può partecipare anche chi non è stato procuratore dello Stato, ma magistrato o avvocato del libero foro per alcuni anni. Chi non vince il concorso resta procuratore e potrà diventare avvocato dello Stato, sempre che vi siano i posti in ruolo, dopo otto anni. Quindi si può diventare avvocato dello Stato subito, vincendo il concorso, o più tardi per anzianità, secondo la disponibilità dei posti. In quest’ultimo caso, però, si va incontro a un ritardo nello sviluppo della carriera. Quando entrai io, se non si vinceva il concorso si restava procuratore a vita; successivamente, questa soluzione è stata ritenuta troppo penalizzante ed è stata modificata con una legge del 1979, prevedendo in alternativa il passaggio per anzianità. Comunque il concorso consente di attuare una severa selezione. Quanto al trattamento economico, è parificato a quello dei magistrati

D. Soltanto per quanto riguarda lo stipendio o anche in altre voci?

R. Sono previsti compensi incentivanti per le cause vinte, ma io mi sto battendo da tre anni, con grande impegno, affinché i nostri impiegati siano ammessi a beneficiare di una parte di questi compensi; tale partecipazione mi sembra giusta umanamente e socialmente, oltre a comportare il risultato pratico di motivarli maggiormente. La mia proposta è condivisa da moltissimi ma non da tutti; comunque l’eventuale rinuncia degli avvocati dello Stato a una parte del proprio compenso dovrebbe essere sancita con una legge.

D. Quindi non ha ottenuto nulla?

R. Devo ringraziare comunque il Governo per aver proposto al Parlamento una misura economica in favore del personale amministrativo corrispondente a una riduzione di competenze accessorie del personale togato, come da me auspicato senza alcun onere per lo Stato. Ma il Parlamento è sovrano, per cui auspico che presto approvi un provvedimento del genere.

D. Quale aumento di fondi avete chiesto e ottenuto in occasione del varo della legge finanziaria 2009?

R. Vista la non florida situazione economica, non abbiamo ottenuto nulla, malgrado avessimo chiesto minimi stanziamenti, insistendo piuttosto su misure che consentano un migliore uso delle risorse umane e una migliore gestione negli affari che trattiamo con risultati positivi anche per le casse dello Stato. In particolare, abbiamo chiesto una relativa autonomia finanziaria, perché non abbiamo la possibilità di far compiere una riparazione o manutenzione senza una preventiva variazione del bilancio finanziario dello Stato. Inoltre, abbiamo la necessità di istituire nell’organico un numero anche minimo di dirigenti; nell’Avvocatura infatti non abbiamo dirigenti o funzionari amministrativi che si occupino del funzionamento di questa «macchina». In questa prospettiva rientra anche la nostra richiesta di assorbire personale in esubero in altre amministrazioni.

D. Non si parla più della probabile trasformazione dell’Avvocatura in un’Autorità, un’ipotesi prospettata qualche anno fa?

R. No, in questo momento non mi sembra una soluzione realistica, anche se interessante, se non altro perché susciterebbe le perplessità di categorie affini e perché comunque si tratta di organismi diversi. Inoltre in questi ultimi anni ci siamo trovati in una situazione un po’ strana; avevamo avuto vari periodi di crisi, ma nel 2005 sembrava avviata una ripresa economica positiva per l’Italia e per l’Europa, e il 2006 si prospettava positivo, seppur con la necessità di comprimere al massimo la spesa pubblica. Invece nel 2007 sono cominciate le prime note negative che nel 2008 si sono accentuate. Speriamo di aver toccato il fondo; io mi sono trovato a fare l’avvocato generale proprio in un periodo di crisi, per cui mi sono reso conto che c’era poco spazio per rivendicazioni.

D. Sono allora mancati anche risultati soddisfacenti?

R. Al contrario. Innanzitutto, la bontà dei nostri risultati si misura con il numero di cause vinte che, nel 2008, sono state circa i due terzi. Ritengo inoltre di aver ottenuto un grande successo sia per essere riuscito a completare, per la prima volta dopo tanti anni, l’organico degli avvocati, sia per averlo fatto con i limitati fondi precedentemente assegnatici. Abbiamo così potuto assumere, tra avvocati e procuratori, una trentina di unità che, per l’epoca attuale, costituiscono un risultato eccezionale. Recentemente ci è stato chiesto di ridurre, entro il 31 dicembre scorso, il personale del 10 per cento, poi l’attuazione di questo provvedimento è stata rinviata di quattro mesi. Come possiamo ridurre l’organico dei dirigenti, dal momento che non ne abbiamo nessuno? E quello degli impiegati amministrativi, se siamo già estremamente scoperti?

Tags: pubblica amministrazione P.A. avvocatura Marzo 2009

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