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Corsera Story. A Roma il ballo del Titanic della carta stampata

L’opinione del Corrierista

 

«Senza lettura non c’è crescita». La filiera «Carta, Editoria, Stampa e Trasformazione» ha ideato questo promettente e affascinante tema da dibattere a Roma il 26 febbraio scorso, nel Chiostro del Convento di Santa Maria sopra Minerva, complesso acquisito negli scorsi anni, all’epoca delle «vacche grasse», dal Senato della Repubblica aumentando spese e costi degli organi para-istituzionali; è situato in una cornice irripetibile, a confine con il Pantheon, il tempio costruito dall’imperatore Adriano tra il 118 e il 125 dopo Cristo sui resti di una precedente struttura romana.
La località scelta poteva costituire anche una meta culturale e turistica per gli interessati, rappresentanti di una decina di potenti e organizzatissime associazioni: quelle dei fabbricanti di macchine per la carta, per la cartotecnica, per il cartone e i derivati; e degli editori di libri e di giornali. Un mondo complesso ed essenziale non solo per le necessità di un materiale indispensabile per la confezione di prodotti e merci come il cartone per scatole e supporti vari, ma anche per l’influenza politica, sociale e culturale esercitata attraverso la stampa e la distribuzione di giornali e libri.
Il convegno doveva fare il punto sulla situazione di un settore sconvolto, da qualche anno, da una pesante crisi dovuta alla riduzione dei consumi in generale: di prodotti, che hanno contratto la domanda di supporti per la confezione, e a quella, ancora più appariscente, consistente nel calo delle vendite di prodotti editoriali, ossia libri e giornali; comparto, quest’ultimo, anzi molto più importante degli altri, in quanto orienta le tendenze di consumatori, lettori di giornali e acquirenti dei prodotti più vari.
Puntualmente ogni anno si sono organizzati questi momenti di riflessione sullo stato di salute del settore che si nutre essenzialmente di carta; che produce anche macchinari per fare o trasformare carta e cartone; che include aziende qualificatissime aderenti alla Fieg che raggruppa gli editori di giornali. Preso atto della grave crisi in atto e crescente, in tali assise annuali ogni comparto per proprio conto prospetta rimedi per far fronte alla situazione o almeno attenuare la crisi, se non riuscire ad eliminarla. E con grande enfasi ed entusiasmo vengono prospettati rimedi presuntivamente idonei.
Tra questi, i responsabili in particolare nel campo dell’editoria e del giornalismo hanno fortemente, insistentemente, ripetutamente indicato la necessità di compiere ingenti investimenti nel mondo digitale. Cioè trasformando libri e giornali in supporti informatici o elettro-meccanici anziché di carta, ossia in una ritenuta miracolosa e miracolistica, salvifica e salvatrice «digitalizzazione». E, ovviamente, anche in altre iniziative, comunque dirette ad apportare riforme strutturali nei vari comparti del settore, modificandone caratteristiche, esigenze, metodi, abitudini degli operatori interessati e, in definitiva, anche modi di vivere e di usufruire di questo importante settore da parte di tutta la società.
Ebbene quest’anno nel Convento di Santa Maria sopra Minerva che cosa è stato constatato dagli autorevoli rappresentanti delle varie categorie rappresentate, che sono intervenuti nel dibattito? Purtroppo il fallimento progressivo, quasi su tutti i fronti, il mancato recupero o miglioramento in tutti i comparti interessati, anzi il peggioramento della situazione e delle prospettive, la mancanza di alternative e speranze. Sono continuati i pianti, le lamentazioni, le richieste di aiuto pubblico, in particolare dello Stato, ossia di tutti gli altri cittadini e contribuenti, mentre nessun programma effettivamente serio, credibile e realistico è stato proposto neppure dai più presunti preparati ed esperti «luminari» di università e aziende, cioè dai rappresentanti della categoria giornalistica fatti intervenire. E il cui ruolo di scopritori della società attuale e di domani, cioè dei suoi bisogni, tendenze, aspirazioni, viene ormai solitamente affidato a ricercatori universitari, abilissimi nel rilevare i numeri ma non certo nell’individuare, per di più in anticipo e risolutivamente, le esigenze di informazione, di svago, evasione e intrattenimento dei molteplici microcosmi che formano la popolazione.
Alcuni giornali vanno da tempo attuando un nuovo stile giornalistico o meglio nuovi concetti di giornalismo; ad esempio il Messaggero di Roma, il cui direttore, intervenuto nel dibattito in oggetto, ha inventato «finestrine» con foto, titoli ed annunci di notizie fru-fru, pubblicate sulle prime pagine dell’edizione sia nazionale sia romana, sopra le notizie vere, drammatiche, clamorose, internazionali, di accadimenti politici, militari, economici ecc. abbassando questi a livello di pettegolezzi, curiosità, evasione, avanspettacolo; e dedicando due o tre pagine del giornale ad insulse pseudo-cronache mondane, per pubblicare in neretto i nomi di una decina di protagonisti e vendere qualche copia in più; o accontentare gli amici dello staff amministrativo e finanziario dirigente. Ma trascurando la crescente ignoranza della lingua italiana da parte dei suoi redattori, l’assente proprietà di linguaggio, gli errori crescenti, la mancanza dei necessari correttori di bozze. Così contaminando altri giornali e giornalisti.
Alla fine del dibattito al Convento è stata estratta dal cappello la richiesta, risolutiva dei problemi di solo qualche comparto della Filiera della Carta stampata, del cartone, delle macchine: il solito «bonus», cioè il solito esborso dello Stato in materia di provvidenze al settore, a carico dei cittadini. Nessuno ha parlato di ridurre lo spazio che la carta stampata regala alle più melense trasmissioni tv, sempre più sprecone, voraci di risorse, prive di minime validità culturali, economiche e sociali. Stavolta la grande novità proposta non è neppure il nome: il regalo al settore per accelerarne la ripresa si chiamerebbe «bonus lettura» che dovrebbe consistere in un «buono di spesa» da attribuirsi a tutti i giovani di età compresa tra i 18 e i 25 anni. L’iniziativa riguarderebbe quasi 5 milioni di giovani «potenzialmente» interessati allo sviluppo del proprio livello culturale.
Il convegno di Santa Maria sopra Minerva ha fatto rimarcare che i programmi annunciati per lo sviluppo del settore negli scorsi mesi non sono stati attuati, e i risultati non si sono realizzati. E in particolare che al dirottamento degli investimenti nel web e verso la costruzione di ulteriori antenne trasmittenti inquinanti e pericolose per la salute, non credono neppure i loro autori.

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