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CORSERA STORY GIORNALI: PERCHÉ COMPRARLI SE NON DIFENDONO IL CITTADINO?

L'opinione del Corrierista

A che servono i giornali, in special modo i quotidiani? In primo luogo a dare notizia ai lettori degli avvenimenti registratisi nella società. Possono svolgere questo compito, per il quale vengono acquistati, in vari modi, anche fornendo interpretazioni e commenti alle notizie pubblicate. E perfino a pubblicare racconti di fantasia: in estate per tradizione dovrebbero contenere un feulleiton, per consentire ai vacanzieri di riempire lunghe e talvolta uggiose giornate.
Lo scorso agosto Il Messaggero ha raccontato, in cronaca di Roma, un fatto di «nera»: con il trucco dello specchietto dell’auto infranto da un’altra auto in sorpasso, un truffatore ha tentato di estorcere 250 euro alla presunta responsabile; la quale, vigilessa in borghese, alla guida di una utilitaria, convintolo a seguirla fino all’ufficio postale per prelevare la somma, l’ha pilotato invece al Comando dei Vigili Urbani dove l’ha fatto arrestare. Notizia utile, oltreché a divertire il lettore in spiaggia, a metterlo in guardia nei riguardi di questi truffatori di strada che insistono nel vecchio trucco dello specchietto rotto. Ma tutto qui. Un consistente spazio del giornale dedicato a questo episodio come alle «Avventure in città», rubrica di storie spassose presumibilmente inventate o comunque desunte da episodi reali che non assurgono a fatti di cronaca nera.

Ma niente nomi della coraggiosa vigilessa, magari per un encomio; dell’odioso estortore, dell’automobile sulla quale questo viaggiava. Figuriamoci sul suo numero di targa. Era specificato invece, non si sa perché, il tipo dell’auto della vigilessa, che potrebbe comunque farla rintracciare per un’eventuale rappresaglia dell’estortore e dei suoi complici; perché questi truffatori non operano mai da soli.
Letto l’articolo, un lettore comune certamente sorride, prova soddisfazione per l’esemplare punizione inferta al rapinatore, e passa a un’altra. Un lettore-giornalista, invece, non può non porsi qualche domanda: perché non sono stati indicati il nome del truffatore, il luogo di provenienza, il tipo, il colore e il numero di targa della sua auto?
Esistono testate specializzate nel pubblicare storie varie, racconti di fantasia o ispirati a fatti reali ma privi di indicazioni sui protagonisti e sui luoghi; chi li acquista conosce il genere di racconti che contengono, anzi li acquista proprio per esso. Non è così per un quotidiano che si compra per sapere anche cosa è successo il giorno prima nella strada o nel quartiere in cui si abita, nella città e nel Paese in cui si vive, via via allargando la sfera di interessi. È questa una constatazione così elementare da dubitare dell’intelligenza e della preparazione di chi la formula. Ma non è così se occorre ripeterla, o meglio se si ripetono fatti che ne rendono necessaria la, sia pure stucchevole, ripetizione.

Chi acquista il giornale vuole e deve sapere non solo cosa accade nella società, ma anche nome e cognome dei responsabili di fatti e misfatti; non per malsana curiosità, ma per difendersi da pericoli e da individui pericolosi; per salvaguardare le persone più deboli, gli anziani, i bambini, i malati. I nomi dei responsabili, dove abitano, le caratteristiche dei loro comportamenti vanno descritti minuziosamente. La pubblicazione deve servire, per di più, da deterrente per i malintenzionati.
Che cosa ostacola questo? La legge sulla riservatezza? Non è vero. Se fosse vero, se il Garante fornisse questa interpretazione, questo alibi a delinquenti e individui socialmente pericolosi, questa istituzione andrebbe immediatamente abolita perché dannosa per l’incolumità e la sicurezza dei singoli, delle famiglie e delle aziende; oltreché per le tasche del contribuente che si troverebbe ad alimentare un carrozzone costoso, utile solo per dare posti e stipendi a pertinenze partitiche e possibilità di guadagni a truffatori abili nello sfruttare i suoi malintesi principi per ricattare ed estorcere danaro a persone e aziende, e in primis ai giornali.
A proposito di giornali c’è anche da chiedersi: chi impedisce di scrivere nomi e cognomi di responsabili di reati, compresi quelli sorpresi addirittura in flagrante come il caso dell’estortore della vigilessa? Il direttore o l’editore, per timore di azioni giudiziarie, richieste di risarcimento di danni ecc., anche e forse soprattutto in base alla legge sulla riservatezza? Una constatazione la categoria dei giornalisti deve fare: questa legge di fatto ha amputato, legalmente o illegalmente, a torto o a ragione ma più spesso illegalmente e a torto, tre diritti.

Primo: il diritto dei giornali e dei giornalisti di scrivere la verità, ossia tutta la verità; perché se ne scrivono solo una parte, questa non è verità. Secondo: il diritto dei loro lettori-acquirenti di essere informati completamente senza reticenze, sotterfugi, esclusioni. Terzo: il diritto degli editori di non essere soggetti a illegittime e ingiustificate conseguenze patrimoniali. Non esistono quasi più editori puri; li hanno sostituiti incettatori di testate da asservire ad interessi extra editoriali. Costoro sono ovviamente contrari a correre rischi di danni patrimoniali consistenti in indennizzi a tante vittime presunte - quelle vere sono rare - di eventuali pubblicazioni diffamatorie.
Vittime presunte che lamentano danni presunti ma chiedono risarcimenti reali, allargandone e moltiplicandone le dimensioni: vanno aggiunte, infatti, le parcelle degli avvocati, le spese di giustizia ed altro; un ammontare che, in caso di soccombenza dovuta a un malinteso diritto alla riservatezza e a una legge fatta per tutti altri scopi, costituisce un deterrente poderoso per editori, direttori e giornalisti, impedendo loro di dare informazioni vere e complete, e assicurando in tal modo immunità, impunità e anominato a sfruttatori, ricattatori, estortori.
Qualcuno può comunque osservare che questa legge è stata fatta pure per tutelare la riservatezza delle persone. La nostra risposta, però, è la seguente: questa legge non è frutto di un referendum popolare, che nessuno ha mai pensato di prospettare; è stata voluta, proposta e approvata da politici che, dopo aver chiesto i voti agli elettori, vogliono per legge tenere nascosti i loro comportamenti; fa comodo ai burocrati che, nelle Amministrazioni centrali e locali, non vogliono rendere conto agli amministrati dei loro atti; consente agli sfruttatori di ricattare imprenditori, datori di lavoro, famiglie, perfino i propri familiari e coniugi per ottenere illegittimi benefici accampando violazioni inesistenti.
(Victor Ciuffa)

Tags: Corsera story Victor Ciuffa Corriere della Sera Corrierista patrimonio giornalisti editori Settembre 2008

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