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Corsera Story - Le notizie? Cerchiamole ovunque. Tranne che sui giornali

L'opinione del Corrierista

Sembra un paradosso, anzi lo è. Mentre aumentano smisuratamente le fonti di informazione -basta pensare alla fioritura inarrestabile di strumenti on line cioè giornali, blog, twitter, siti ecc. -, di fatto vanno riducendosi le notizie «vere» fornite al lettore che si reca all’edicola ed acquista il «quotidiano». Le fonti di informazione vanno riducendosi perché, dinanzi al calo delle vendite di copie cartacee causato dalla crisi che ha colpito indistintamente consumatori e produttori, gli editori di giornali e periodici cartacei hanno pensato di poter facilmente tagliare i costi di produzione della carta stampata in due modi.
Prima di tutto spostando l’offerta su internet, ossia sviluppando la loro presenza on line; in secondo luogo sottoponendo a un’operazione di plastica facciale, a un maquillage, i giornali su carta. Come? I sistemi sono molteplici. Quello che si sta diffondendo maggiormente ora consiste nel ridurre al massimo sia il numero delle notizie pubblicate sia lo spazio a ciascuna dedicato. Così, mentre prima il contenuto di un giornale era costituito solo da prodotti giornalistici - notizie, servizi, inchieste, commenti ecc. - e da pubblicità in un rapporto fisso, rigidamente concordato tra editore e sindacati dei giornalisti, oggi tali regole stanno saltando.
Se in un giornale, ad esempio di 50 pagine, il 70 per cento dello spazio pari a 35 pagine era riservato al giornalismo e il 30 per cento, ossia le altre 15 pagine, alla pubblicità - e per far osservare questa percentuale le redazioni hanno anche duramente scioperato -, alcuni editori oggi non rispettano il patto, ingannando sia i lettori sia i giornalisti. Perché a questi riservano una decina di pagine anziché le 35 pattuite, e riempiono le altre 40 per metà di pubblicità e per metà di articoli che non contengono nulla di giornalistico, cioè di notizie, cronache, problemi quotidiani della gente.
Con un solo articolo, commissionato a qualche collaboratore esterno e sottopagato - come un professorino di scuola media, un aspirante pubblicista, un volontario, un pensionato o un grafomane -, corredato da una gigantografia o da 4 o 5 foto minori e attorniato da molti spazi bianchi, confezionano un’intera pagina, e così per 20 pagine, realizzando notevoli risparmi. Con il risultato che il lettore, pur pagando all’edicola lo stesso prezzo che anzi di recente è aumentato, riceve sempre meno contenuti giornalistici da leggere.
Tali non sono, infatti, i temi peregrini e stravaganti spesso raccattati nel web, reimpastati e spacciati per giornalismo. Ricordano le noiose conferenze di certi Rotary Club sul Santo Graal, i Rosa Croce, i Cavalieri dell’Apocalisse, l’Araba Fenice o la Pietra filosofale. O anche argomenti più moderni ma non meno noiosi e soprattutto inutili. E che, appunto per questo, riducono ulteriormente il tempo che il lettore è propenso a dedicare al giornale, inducendolo a leggere solo i titoli, a voltare velocemente le pagine, a soffermarsi sui necrologi divenuti ormai una delle pochissime fonti di vere ed utili notizie.
Nelle scorse settimane gli editori di quotidiani riuniti nella Fieg hanno intrapreso un’interessante iniziativa per rilanciarne la lettura: hanno concordato con l’emittente radiofonica Radio2 la trasmissione di 5 puntate settimanali, per 38 settimane, della rubrica mattutina «Caterpillar», con tre ospiti chiamati a rispondere a domande su notizie tratte dalle prime pagine di quotidiani e periodici. «L’incontro tra radio e giornali costituisce un esempio di efficace integrazione tra media diversi per la promozione della lettura e dell’informazione», ha dichiarato Giulio Anselmi, esimio giornalista e presidente degli editori di quotidiani.
Siamo finalmente in presenza di una reazione allo strapotere fuorviante e decisamente nemico della vera informazione e cultura, costituito dalla televisione? Anselmi ricorda forse l’alto livello del radiofonico «Convegno dei cinque»? E le sobrie e disciplinate Tribune elettorali e politiche di un tempo, rispetto alle quali gli attuali talk show televisivi surclassano le ormai inesistenti lavanderie pubbliche? «Gli ascoltatori di Radio2–ha spiegato Anselmi–avranno la possibilità di conoscere più da vicino il panorama dell’informazione giornalistica italiana: un mondo vivo, plurale e di qualità che li spingerà a scoprire, o a riscoprire, il piacere della lettura».
Finalmente, c’è da dire. Finalmente gli editori, soprattutto quelli di alcuni quotidiani, si rendono conto che la televisione di questi ultimi anni è stata ed è la loro peggiore nemica. Loro hanno continuato a dare sempre più spazio, promozione e pubblicità alle sue più melense e oscene trasmissioni, pensiamo ai Grandi fratelli e alle Isole dei famosi, ai personaggi più squallidi e penosi, alle dive sguaiate e sgualcite, perdendo i lettori più saggi e acculturati, che sono la massa.
Ma contemporaneamente hanno continuato a farsi depredare dei loro migliori prodotti giornalistici da superficiali e approssimative rassegne stampa televisive, senza che queste, reciprocamente, suscitassero nei telespettatori l’abitudine, l’interesse, il desiderio di un approfondimento, di una riflessione, di un arricchimento culturale da ricercare sulla carta stampata. Abbiamo assistito ed assistiamo a un «cannibalismo televisivo» non ostacolato dalle timide ed inefficaci iniziative abbozzate in questi ultimi tempi anche nei confronti di internet contro il «cannibalismo informatico».
Ma anche un’altra decisa azione oggi si aspettano i lettori della carta stampata non solo dai comitati di redazione del Gruppo Rcs MediaGroup, ma da tutti gli editori, anche da quelli di soli giornali digitali: una pronuncia per salvare dalla vendita e trasformazione a scopi e in attività piattamente commerciali il simbolo e il sogno non solo del Corriere della Sera ma di tutto il giornalismo italiano, lo storico Palazzo di Via Solferino 28 a Milano.
Non è difficile trovare soluzioni e fonti finanziarie adeguate nella capitale dell’economia nazionale; né mancano al Gruppo Rcs, che ha tra i propri azionisti le due maggiori banche italiane, manager capaci di reperire risorse, come ha dimostrato il suo amministratore delegato Pietro Scott Jovane che è riuscito, finora, a fronteggiare la crisi del Gruppo. E che, soprattutto, ha indicato la strada da seguire anche ai giornalisti dimentichi o trascinati da una società pseudo-opulenta: tornare a concetti, valori e abitudini del loro glorioso passato.     
          Victor Ciuffa

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