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CHI SONO, CHE FANNO I NUOVI VERTICI DELLE PRINCIPALI AZIENDE PUBBLICHE ITALIANE

Mauro Moretti, amministratore delegato del Gruppo Finmeccanica

Volti noti, alcuni già conosciuti perché parte dell’establishment a tinte rosa, altri ben definiti tra gli addetti ai lavori e nei mercati internazionali. «Innovare nella continuità» potrebbe essere questo lo slogan coniato per le nomine volute dal Governo di Matteo Renzi nelle cinque più grandi imprese italiane, quelle che rappresentano, di fatto, la struttura produttiva e propulsiva dell’economia nazionale: Eni, Enel, Poste, Finmeccanica e Ferrovie dello Stato. La logica seguita dal premier fiorentino e dall’intero staff governativo, cui è stato affidato il compito di indicare i nuovi consigli di amministrazione di queste aziende, si può plasticamente raffigurare con presidenze dal volto gentile. Tutte in stile rosa, con l’eccezione ovvia delle Ferrovie dello Stato, ove a rappresentare il pesante intreccio dei binari è stato chiamato un eminente professore di economia.
La filosofia di questo nuovo corso appare chiara e ben definita: scandire con orgoglio una rappresentanza nelle aziende affidata a volti femminili di imprenditrici che hanno saputo lasciare un segno positivo negli ambiti in cui hanno operato. Questo alternarsi di figure tanto femminili quanto solide alle cui mani affidare la gestione di imprese complesse, in più casi volutamente cercate nel management interno, sottolinea anche la necessità di assicurare un modello innovativo senza cesure con l’esistente. I colossi italiani dell’economia si propongono ora ai mercati caratterizzati da una determinazione al rinnovamento, guidati dall’esperienza di chi conosce le aziende in un momento cruciale per i destini delle imprese e dell’intera economia.
Vediamoli da vicino i volti di coloro che diverranno man mano sempre più familiari, cercando di capire i diversi orientamenti strategici che sapranno imprimere alle rispettive imprese, i pochi gioielli di famiglia rimasti all’Italia nel consesso internazionale.
L’Eni ha come presidente Emma Marcegaglia, Claudio Descalzi come amministratore delegato e Andrea Gemma, Pietro Angelo Guindani, Karina Litvack, Alessandro Lorenzi, Diva Moriani, Fabrizio Pagani e Luigi Zingales in qualità di consiglieri di amministrazione. La prima, ben nota per il piglio dimostrato in molte occasioni, prima tra tutte la presidenza della Confindustria, piglio ingentilito da un garbo di schietta femminilità mai indulgente verso la spettacolarità delle forme. L’amministratore delegato è un ingegnere operante nell’Eni dal 1981, che ha via via assunto ruoli di crescente responsabilità fino a diventare direttore generale del Gruppo energetico con la supervisione dell’intera galassia produttiva, esperienze rese ancor più evidenti dal premio internazionale Spe/Aime conferitogli nel 2012, primo europeo a riceverlo.
Un manager di vaglia, acuto conoscitore del gigante petrolifero italiano, esperto di strategie industriali. Lo scettro del comando passa quindi dalle mani di un grande professionista della finanza come Paolo Scaroni a quelle di chi è chiamato a concentrarsi in un’attività industriale che dovrà rafforzare il ruolo dell’Eni in un ambito internazionale sempre più complesso, e ottimizzare la ricerca e l’innovazione tecnologica equilibrando le spinte del mercato e dei mutamenti geostrategici.
L’Enel, altra multinazionale dell’energia, segue un itinerario analogo. Si volta pagina dai dodici anni di Fulvio Conti, ricchi di risultati brillanti in campo internazionale ma ancorati ad una posizione finanziaria caratterizzata da un’elevata esposizione, in grado di condizionare, almeno parzialmente, i disegni espansivi sul mercato. Il consiglio di amministrazione si arricchisce della presenza di nuove personalità: Maria Patrizia Grieco alla presidenza, Francesco Starace amministratore delegato, mentre in consiglio siedono Alessandro Banchi, Alberto Bianchi, Paola Girdinio, Salvatore Mancuso, Alberto Pera, Anna Chiara Svelto e Angelo Taraborrelli.
Il maquillage premia anche in questo caso una donna. Manager di lungo corso nel settore delle tecnologie informatiche, già amministratore delegato dell’Olivetti. Una figura che unisce esperienza gestionale al nuovo corso improntato ad una sorta di ricercata parità di genere. Gli ovattati uffici delle grandi aziende si sono aperti, infatti, ad una massiccia dose di femminilità, voluta insistentemente dal Governo e dal presidente del Consiglio per simboleggiare, in modo tanto evidente quanto immediato, una dichiarata attenzione verso la componente femminile, affidando loro incarichi di prestigio in piena sintonia con una collaudata esperienza maschile. La scelta, infatti, di Francesco Starace come amministratore delegato accomuna il tratto della continuità con quello di una forte spinta all’innovazione, valorizzando il più brillante dei manager del Gruppo Enel, che già sta ridisegnando l’intera struttura organizzativa.
La scelta, piuttosto sofferta a quanto rivelano fonti ben informate, ha premiato l’amministratore delegato dell’Enel Green Power, quello che ha raggiunto i migliori risultati operativi ed economici in campo internazionale, tanto da portare le fonti rinnovabili dell’Enel al primo posto in campo mondiale. Si prefigura così anche nel colosso dell’elettricità una stagione volta a rafforzare il ruolo industriale dell’impresa attraverso segni tangibili di orientamento verso il mercato più avanzato, non dimenticando la necessità di un riequilibrio finanziario, di realizzare risparmi nella gestione, di infondere linfa vitale nell’innovazione tecnologica, puntando ad una politica energetica che malauguratamente ancora manca nel Paese, ma della quale non possono fare a meno né l’Eni né l’Enel.
Entrambe per vocazione, o per forza intrinseca del loro management, in passato hanno esercitato un reale ruolo di supplenza rispetto all’evanescenza dei nostri Governi. I risultati, tutto sommato accentuatamente positivi, dei due giganti italiani dell’energia hanno consentito all’Italia di reggere in un quadro di estrema turbolenza. Oggi è necessario altro: ridurre le esposizioni finanziarie, contenere i costi ma soprattutto investire per consolidare un primato tecnologico nella scacchiera mondiale, offrendosi come partner di primario livello agli altri grandi operatori. Una visione molto chiara come si delinea dalle scelte, ancora informali, sulle quali si sta orientando Francesco Starace nella semplificazione della struttura, al pari di ciò che avviene nell’Eni.
Una linea di più spinta innovazione si riscontra nelle Poste Italiane, la cui apertura al mercato già decisa con la privatizzazione di una quota minoritaria di capitale fissata nel 40 per cento, ha orientato la scelta verso un management di provata esperienza privatistica. Il consiglio di amministrazione si rinnova con i consiglieri Antonio Campo Dall’Orto, Elisabetta Fabri e Roberto Rao. Presidente del Gruppo Luisa Todini, imprenditrice di lungo corso, assai nota per le attività svolte, tra le quali quella di consigliere di amministrazione della Rai-Tv. Il timone dell’azienda è stato affidato a Francesco Caio, conosciuto e stimato manager: ingegnere, napoletano, comincia la carriera accanto a Carlo De Benedetti.
Tra i passi salienti del suo curriculum: Omnitel, Olivetti, Merloni e il ruolo di commissario per l’Agenda Digitale, scelta compiuta da Enrico Letta. Sarà lui a dover governare, dopo i lustri di Massimo Sarmi uno dei cosiddetti boiardi storici di questo inizio di secolo, il nuovo piano di impresa di Poste Italiane e la corrispondente apertura al mercato, con un valore su cui il Governo punta molto per far fronte agli impegni di spesa che si è assunto negli ultimi mesi. Prevarrà, in una visione sempre più orientata a trovare sinergie tra i colossi della logistica e del sistema finanziario, attraverso il reticolo storico dei circa 14.000 punti vendita operanti in ogni angolo d’Italia.
Se e come Poste Italiane cambierà pelle, potrebbe proporsi come perno di una diffusione capillare di tecnologia a rete, a partire da quell’agenda digitale su cui si è concentrata negli ultimi tempi l’attenzione di Francesco Caio. Molte altre sono le opportunità potenziali delle Poste. Occorre mai farne una frontiera di sviluppo, oltre a migliorare qualità e affidabilità in grado di creare un volano di straordinaria portata soprattutto per le piccole e medie imprese italiane.
Innovazione e continuità trovano riscontro anche nel gruppo Finmeccanica. Le vicissitudini sollecitavano una decisa inversione di rotta, puntualmente avvenuta con la nomina dell’uomo forte delle Ferrovie dello Stato, Mauro Moretti, alla guida del gigante italiano. La linea di continuità è garantita dal presidente Giovanni De Gennaro, una garanzia istituzionale di elevatissimo profilo, approdata nel Gruppo dopo incarichi prestigiosi e delicatissimi come capo della Polizia e responsabile del Servizio Informazione, ovvero Servizi Segreti.
Un profilo istituzionale necessario per pilotare settori strategici in campo militare, informatico e aerospaziale attraverso una nuova fase in grado di superare incertezze del passato e assicurare un ruolo sempre incisivo alle nostre industrie in ambito internazionale. Un mix di equilibri al vertice di Finmeccanica il cui consiglio di amministrazione comprende Guido Alpa, Marina Elvira Calderone, Paolo Cantarella, Marta Dassù, Alessandro De Nicola, Dario Frigerio, Fabrizio Landi, Silvia Merlo e Marina Rubini.
Il compito dell’ingegnere di ferro Mauro Moretti sarà impervio. Questo rappresenta per il carattere determinato del nuovo amministratore delegato una sfida nella sfida: riuscire a mettere sui binari di una rinnovata efficacia un settore strategico dopo aver risanato con mano ferma le Ferrovie Italiane. Sotto la sua guida queste ultime hanno raggiunto i traguardi più ambiziosi: risanamento economico in poco più di sei anni con un attivo superiore ai 400 milioni di euro, successo dell’Alta Velocità sino a farne un gioiello mondiale, con un’offerta commerciale che ha ridisegnato la geografia del Paese attraverso la più grande modernizzazione della mobilità di massa degli ultimi 50 anni.
La galassia Finmeccanica obbligherà, con tutta probabilità, Mauro Moretti a vestire con un guanto di velluto il proverbiale pugno di ferro. Molte le imprese ad elevato valore da ricondurre ad un indirizzo convergente e su cui far leva nel medio e lungo periodo. Le avvisaglie si sono già avute con una lettera del nuovo amministratore delegato ai vertici delle controllate, cordiale nella forma ma decisa nei fatti, per ristabilire un flusso costante di informazioni dalla periferia al centro dell’impero. Il rilancio di Finmeccanica dovrà chiarire, con un nuovo piano d’impresa, se sussistono le ragioni per svolgere ancora un ruolo efficace, quanto meno di regia, nell’ambito energetico e dell’industria ferroviaria. Nessuno meglio di Mauro Moretti potrà rilanciare o dismettere il ramo d’azienda ferroviario e la produzione dei treni. Il precedente amministratore delegato, Alessandro Pansa ne aveva decretato la fine sollecitandone la dismissione anche in audizioni parlamentari.
Toccherà a Moretti trovare le soluzioni più idonee o i partner internazionali in grado di evitare la svendita o totale liquidazione del settore. Considerati gli ambiziosi obiettivi che l’ex amministratore delle ferrovie si era dato con l’ETR 1000, gioiello assoluto dell’ingegneria internazionale, c’è da credere che saprà trovare partner di primario livello con i quali costruire un nuovo futuro per questo settore. Dalla Finmeccanica sono usciti in breve tempo manager legati al vecchio corso. Novità sono attese per l’estate, dopo una revisione del piano d’impresa. Il Paese ha quanto mai bisogno della forza industriale di Finmeccanica. Una partita decisiva non soltanto per Mauro Moretti, ma anche per quanti credono in una svolta radicale e positiva nelle politiche sociali e industriali in Italia.
La novità più eclatante ma meno esplorata dai mass media, viene proprio dalle Ferrovie dello Stato. La linea di continuità propugnata da Mauro Moretti si rivela, in base alle decisioni del consiglio di amministrazione, un fragile ancoraggio. La designazione di Michele Mario Elia, già amministratore delegato di RFI, al vertice della capogruppo ne attenua prerogative da capoazienda, quelle che Mauro Moretti aveva preteso ed esercitato con inusitata determinazione. Michele Elia è il miglior manager delle ferrovie proveniente dalle fila dell’azienda. Ne conosce da 40 anni segreti e punti di forza, ha contribuito alla sua trasformazione, soprattutto per gli investimenti nell’alta velocità, l’innovazione tecnologica, il potenziamento della rete e delle strutture operative. Le deleghe ora affidategli, al contrario di quanto avvenuto in precedenza, sembrano ridefinirne le funzioni.
Il consiglio di amministrazione delle FS è passato per volontà del Governo da 5 membri a 9. Una decisione in controtendenza rispetto ad altre situazioni. Presidente Marcello Messori, amministratore delegato Michele Mario Elia, consiglieri di amministrazione Daniela Carosio, Vittorio Belingardi Clusoni, Giuliano Frosini, Gioia Ghezzi, Simonetta Giordani, Federico Lovadina, Wanda Ternau. Alcune novità appaiono eclatanti negli indirizzi del nuovo consiglio di amministrazione: all’economista Marcello Messori vanno deleghe molto importanti. Al presidente il coordinamento delle attività di controllo e governance e, in raccordo con l’amministratore delegato, la definizione delle strategie nella consapevolezza degli impegni che l’azienda dovrà affrontare in un contesto di crescente competitività determinata dalla liberalizzazione in corso dei servizi e delle infrastrutture. Toccherà a lui mantenere i rapporti istituzionali ed esterni e stimolare iniziative nella prospettiva di una privatizzazione. Finanza, legale, strategie e comunicazione ridisegnano in altri termini compiti e prospettive di un consiglio così allargato.
Vi si legge tra le righe l’interesse per un mutato corso delle strategie ferroviarie. La gestione nelle solide mani dell’esperto «ferroviere» Michele Maria Elia, l’evoluzione in quelle invece di un economista di vaglia, forse preludono una diversa organizzazione del Gruppo ed una valorizzazione del patrimonio nelmercato. Dovrebbe restare sullo sfondo, almeno nel breve periodo, una separazione tra rete (RFI) e Trenitalia, eventualità che finirebbe per indebolire il Gruppo Ferrovie dello Stato aprendo la strada ad interessi particolari, mentre ciò che resta da fare, dopo i successi di Moretti, è ridisegnare in profondità ruolo, qualità e offerta dei servizi regionali, rafforzare i collegamenti universali cioè quelli non sufficientemente redditizi, rilanciare la logistica con un piano per il traffico merci, Cenerentola del Gruppo che potrebbe invece rivelarsi vincente per il riequilibrio sia intermodale sia del traffico e della sostenibilità ambientale, con il trasferimento sempre auspicato e mai realizzato dalla strada alla rotaia delle merci Nord-Sud e Italia-Europa. Oltre ad aprire prospettive per i traffici tra porti nazionali e internazionali e le aree economiche del continente.
Il Consiglio di amministrazione delle Ferrovie così incisivamente ridisegnato lascia intravedere la volontà di integrare il piano d’impresa firmato Moretti con altre azioni o alleanze in funzione della privatizzazione di una parte degli asset più ricchi. La parità di genere viene garantita dalla presenza di quattro volti femminili. Questa fondamentale tornata di nomine per il Governo Renzi costituisce una sorta di spartiacque sia nei modelli operativi sia negli indirizzi, improntata ad una necessità impellente di cambiamento, collegata a un’incisiva iniezione di fiducia, a opzioni di mercato tanto radicali, quanto rapide.
Non si dovrà aspettare molto tempo per trarre un primo bilancio, vedere se i cavalli su cui si è deciso di puntare, questa volta estranei al gruppo dei boiardi di Stato, siano in grado d’interpretare le esigenze del sistema economico, i voleri di una politica nuovista, gli obiettivi di consolidamento indispensabili per tenere l’Italia agganciata all’Europa e alle economie più avanzate, sfruttando caratteristiche e sinergie che si sono depauperate nel tempo.  

Tags: Luglio Agosto 2014 Renzi Ubaldo Pacella pubblica amministrazione P.A. consiglio di amministrazione cda

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