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il terrorismo è incompatibile con l’islam

Antonio Marini

Il grande Iman al Tayeb ha condannato senza mezzi termini «i barbari crimini» commessi dai jihadisti dell’Isis che assumono nomi come quello dello Stato Islamico nel tentativo di esportare il falso Islam, e ha puntualizzato che «ogni ideologia terroristica giustificata con richiami all’Islam si fonda su una comprensione distorta e manipolata degli scritti del Corano»

Sul volo che lo riportava a Roma da Istanbul, il 30 novembre 2014 Papa Francesco parlando con i giornalisti aveva lanciato un accurato appello: «sarebbe bello che tutti i leader islamici, politici, religiosi e accademici condannassero chiaramente il terrorismo e dicessero che quello non è l’Islam», aggiungendo: «Abbiamo bisogno di una condanna mondiale, che gli islamici dicano chiaramente, noi non siamo quello, questo non è il Corano».
Già ad Angara nel discorso tenuto presso il Dipartimento per gli Affari religiosi (Dyenet) il Papa aveva affermato che tutti i capi religiosi «hanno l’obbligo di denunciare tutte le violazioni della dignità e dei diritti umani», sottolineando che «la violenza che cerca una testificazione religiosa merita la più forte condanna, perché l’Onnipotente è Dio della vita e della pace». A pochi giorni di distanza, il grande Iman di al Azhar, la più autorevole università sunnita, ha raccolto l’appello del Papa all’apertura di un importante convegno internazionale su Islam e terrorismo, tenuto al Cairo in Egitto tra il 2 e il 3 dicembre 2014, al quale hanno partecipato circa settecento studiosi e rappresentanti di istituzioni politiche, sociali e religiose - compresi alcuni leader di comunità cristiane d’Oriente - provenienti da 120 Paesi.
Nel suo intervento inaugurale, il grande Iman al Tayeb ha condannato senza mezzi termini «i barbari crimini» commessi dai jihadisti dell’Isis che assumono nomi come quello dello Stato Islamico nel tentativo di esportare il falso Islam, puntualizzando che «ogni ideologia terroristica giustificata con richiami all’Islam si fonda su una comprensione distorta e manipolata degli scritti del Corano».
Alla dura condanna ha fatto seguito l’annuncio che al Azhar ha in programma di affrontare questo fenomeno devastante dello stesso Islam, sotto diversi punti di vista, promuovendo studi miranti a confutare e arginare le manipolazioni del Corano attraverso corsi di formazione  che forniscano agli Iman argomenti chiari e convincenti per respingere le teorie aberranti dei jihadisti e i loro tentativi di infiltrarsi nelle moschee.
Al convegno ha preso la parola anche il Patriarca copto-ortodosso Tawadros II, primate della chiesa numericamente più consistente tra quelle radicate nei Paesi arabi, il quale ha ricordato come l’Islam sia una religione di tolleranza e come tale non ha nulla a che fare con le atrocità commesse dai jihadisti.
A sua volta il vescovo copto-cattolico Antonios Mina ha posto l’accento sulla importanza del convegno organizzato dall’università al Azhar, definito un fatto di grande portata storica, un evento epocale. Fino ad allora le istituzioni e le accademie islamiche erano state quasi sempre molto timide nel condannare il terrorismo: le condanne arrivavano solo davanti a fatti terroristici eclatanti, e venivano di solito riferite al singolo atto violento. Durante il convegno, invece, è stata presa di mira tutta l’ideologia malata che sta dietro le strategie del terrorismo di matrice islamica.
Per la prima volta, tutti i partecipanti al convegno sono stati concordi nel dichiarare che le teorie usate dai terroristi e dagli estremisti per giustificare le loro azioni violente  sono incompatibili con l’Islam. Il takfirismo, movimento settario fondato nel 1971 da Mustafà Choukri, che giustifica prassi violente e terroristiche con i versetti del Corano e che considera la società islamica minacciata dagli «infedeli», definendo eretici, meritevole di morte tutti i musulmani che non condividono il suo punto di vista, altro non è che «una perversione della religione islamica». Nel documento redatto e pubblicato alla fine dei lavori, articolato in dieci punti, i gruppi jihadisti, come l’Isis e al Nusra, che combattono in Siria, vengono condannati senza appello come realtà che non hanno nulla a che fare con l’Islam.  
«Terrorizzare chi è inerme, uccidere l’innocente, attaccare le proprietà e i luoghi  sacri sono crimini contro l’umanità che l’Islam condanna senza eccezioni», si legge nel testo. «Attaccare i cristiani e i credenti di altre religioni per falsa religiosità–prosegue il documento–è un tradimento degli autentici insegnamenti dell’Islam. Di qui la condanna di ogni azione diretta a costringere all’esodo forzato i cristiani che vivono nelle aree controllate da gruppi di militanti jihadisti, a cui fa seguito l’incoraggiamento a resistere all’ondata di terrorismo e a rimanere radicati nelle loro terre d’origine. Una presa di posizione di grande importanza, volta a incoraggiare la moderazione, la tolleranza e la pacifica convivenza tra cristiani e musulmani.
«La speranza è che la grazia illumini i cuori anche dei più violenti e che le religioni giungano attraverso il dialogo a condannare insieme ogni abuso, conflitto o persecuzione di ogni credente», ha affermato il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano a margine di un convegno organizzato a Roma dal sito Vaticano Insider del quotidiano La Stampa, anche esprimendo dal vivo il proprio «apprezzamento» per la condanna dei jihadisti dell’Isis. Il giudizio conferma il riconoscimento da parte della chiesa cattolica  del valore del documento sottoscritto da tutti i capi religiosi della conferenza egiziana sui rapporti fra terrorismo e Islam, e nello stesso tempo ribadisce l’impegno sulla via di un dialogo che non ha alternative.
Sul punto è intervenuto anche il Patriarca di Antiochia dei Greco-Malkiti, Gregorius III Laham, il quale ha rimarcato che l’incontro del Cairo è andato oltre il semplice appello a favore del dialogo islamo-cristiano, sottolineando che stavolta l’accento è caduto sulla necessità di resistere insieme ad una ideologia che fa male a tutti, sia cristiano sia musulmani.
Secondo il Patriarca, per concretizzarsi la prospettiva emersa dal convegno sarà vitale delineare una strategia comune, attraverso riunioni periodiche fra i responsabili delle comunità cristiane e musulmane, al fine di sfruttare al massimo l’impegno assunto dai leader del mondo islamico a sradicare le derive estremiste che offrono un’immagine distorta dell’Islam, alimentando il terrorismo. Altamente significativa, infatti, è l’affermazione con la quale si chiude il documento: «la lotta al terrorismo è responsabilità di tutti noi». Un’assunzione di responsabilità comune che costituisce indubbiamente un passo avanti sulla strada del dialogo e della coesistenza pacifica.   

Tags: Gennaio 2015 terrorismo Antonio Marini Islam

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