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OUA. INCOSTITUZIONALE LA REVISIONE DELLA GEOGRAFIA GIUDIZIARIA

di MAURIZIO DE TILLA, presidente O.U.A. (Organismo Unitario Avvocati)

Con un emendamento alla legge di conversione del decreto legge sulla manovra economica bis, presentato all’ultimo momento dal Governo, è stata approvata la delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione nel territorio degli uffici giudiziari. Si continua così a legiferare sulla giustizia senza dibattito parlamentare e senza alcuna consultazione con le categorie interessate, prospettando la soppressione di 52 tribunali, 200 sezioni distaccate e 700 sedi del giudice di pace. L’indignazione dell’avvocatura è molto forte, insieme a quella dei cittadini e dei sindaci interessati. Presidii di giustizia, di sicurezza e di legalità vengono messi in discussione senza alcuno studio preventivo e senza alcuna consultazione con le realtà locali e con i rappresentanti degli avvocati.
La delega al Governo è basata su criteri generici e irrazionali. La giustizia, pur in presenza di congiunture particolari come quella attuale, non può essere gestita in termini di produttività aziendale perché è e rimane un bisogno primario della collettività e i suoi costi devono considerarsi come socialmente utili e doverosamente riassorbibili. Il risparmio e l’efficienza possono ottenersi partendo dalla riorganizzazione nel territorio degli attuali uffici di primo grado, ridistribuendo all’interno di ciascuna corte di appello o regione il carico di lavoro, il territorio e l’organico, preventivamente verificando in tal modo la possibilità e l’opportunità di ottenere uffici il più possibili omogenei.
Nei tribunali impropriamente chiamati «minori» i tempi di risposta della giustizia sono ottimali e rispecchiano i parametri europei anche in presenza di organici sottodimensionati e non aggiornati. Ciò è dovuto proprio alla struttura, per così dire «minore» dell’ufficio che, in quanto meno complessa e burocratica di quella dei grandi tribunali, consente un più rapido accesso a tutti i servizi da parte dei cittadini e contestualmente altrettanto rapide decisioni in sede penale e civile.
La preventiva soppressione di alcuni tribunali non comporta alcun risparmio. Il personale giudicante e amministrativo rimane in servizio per cui la spesa per lo Stato resta la stessa. La ristrutturazione e riorganizzazione delle sedi oggi esistenti comporterà nuova spesa per lo Stato con contestuale inutile spreco delle risorse fin qui impiegate nell’aggiornamento delle strutture che verranno soppresse. Il ruolo delle cause del tribunale «soppresso» andrà a confluire in quello, già più che oberato, del tribunale accorpante e ne paralizzerà l’intero contenzioso o, nella migliore delle previsioni, porterà ad un sensibile allungamento dei tempi di decisione rispetto alle controversie ante accorpamento.
Anziché ricreare in tutti i tribunali le condizioni per raggiungere strutture omogenee snelle, funzionanti e utili all’utente, si sopprimono alcuni esempi virtuosi per creare strutture provinciali meno efficienti per le eccessive dimensioni, con ulteriore aggravio delle difficoltà già in essere. La lettera e) dell’emendamento approvato con il voto di fiducia, inserito nella manovra economica bis, stabilisce che la linea prioritaria di intervento del previsto riequilibrio sia tra gli uffici limitrofi della stessa area provinciale. In questi termini, di fatto non si perverrà ad alcun riequilibrio ma puramente e semplicemente alla soppressione del tribunale non provinciale.
Il riequilibrio territoriale, criterio condivisibile e fondamentale a questo punto per raggiungere gli indicati obiettivi di efficienza, ha senso solo se può coinvolgere più uffici limitrofi, indipendentemente dall’area geografica. La scelta operata, invece, manterrà per la grande totalità degli uffici l’attuale situazione di non omogeneità e quindi con nessun aumento di efficienza.
La lettera b) dello stesso emendamento individua tra i criteri di valutazione quello del tasso di impatto di criminalità; nessun riferimento diretto vi è invece al tasso di industrializzazione economico-produttivo, al-altrettanto fondamentale per valutare, sotto profili diversi, la necessità che un determinato territorio rimanga servito dalla Giustizia di prossimità. La realizzazione di un «sistema moderno ed efficiente di amministrazione della giustizia» sembra ancora una volta dover passare attraverso la soppressione dei tribunali cosiddetti minori e, quindi, attraverso un intervento legislativo che imporrà ulteriori sacrifici al cittadino.
Altre sono le priorità, anche attuabili a breve e medio termine. La prima, l’avvio immediato del processo telematico e la completa informatizzazione di tutti gli uffici, e non solo di alcune sedi. È un intervento fondamentale che, da solo, può contribuire a realizzare in gran parte quell’auspicato Sistema Giustizia moderno ed efficiente. Eliminare l’anacronistico ricorso al sistema cartaceo, come si è fatto in altri settori - si pensi all’invio del modello Unico ecc. -, significa recuperare risorse in tutti i settori a favore di una più rapida risposta di giustizia
Seconda priorità, i tribunali metropolitani: vanno riorganizzati i grandi tribunali; queste mega-strutture sono oggi irrimediabilmente paralizzate e ogni risposta a chi vi accede richiede tempi irragionevoli. La legge 155 del 1999 sulla revisione del circondario dei tribunali metropolitani, relativi a Milano, Roma, Napoli, Palermo e Torino, ha individuato criteri che possono fin da subito essere applicati anche ad altri grandi tribunali, con innegabili effetti sull’efficienza del servizio.
Terza priorità il giudice laico, da attuare in tempi rapidissimi la relativa riforma comprendendo nell’organico di ciascun tribunale tutta la magistratura onoraria. Quarta priorità, gli organici, adeguando quelli dei giudici e del personale amministrativo in relazione alle effettive esigenze del territorio, con riferimento a dati attuali. Ma vi è molto di più. La normativa di «delega al Governo» sulla revisione delle circoscrizioni giudiziarie è stata inserita in un iter legislativo di conversione in legge di un decreto legge di stabilità finanziaria, perpetuando un sistema che nega la tripartizione dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario, e contrasta con i principi fondamentali della nostra costituzione.
Oltreché la genericità e l’irrazionalità dei criteri previsti nella delega, l’Organismo Unitario dell’Avvocatura, denuncia l’incostituzionalità della normativa che conferisce la delega al Governo in una materia delicata che rischia di far saltare tutto il Sistema Giustizia. L’OUA ha conferito all’avvocato Antonino Galletti l’incarico di intraprendere le necessarie azioni giudiziarie per evidenziare le illegittimità e irrazionalità della delega al Governo. L’assetto delle fonti normative è uno dei principali elementi che caratterizzano la forma di governo nel sistema costituzionale. Esso è correlato alla tutela dei valori e dei diritti fondamentali. Negli Stati che s’ispirano al principio della separazione dei poteri e della soggezione della giurisdizione e dell’amministrazione alla legge, l’adozione delle norme primarie spetta al parlamento il cui potere deriva direttamente dal popolo. Al decreto legge e alla delega legislativa si può ricorrere solo in casi eccezionali.
Con la delega al Governo per la revisione della geografia giudiziaria siamo davanti a un’evidente violazione della tripartizione dei poteri sancita dalla costituzione. È evidente il vulnus inflitto alla sequenza procedimentale imposta dalla costituzione, che prevede l’adozione del decreto legge solo in casi straordinari di necessità ed urgenza, e la successiva perdita di efficacia del decreto medesimo per la mancata conversione parlamentare entro i 60 giorni successivi alla pubblicazione.
È palese, dunque, la violazione dell’ordinario iter di produzione legislativa previsto negli articoli 70 e 72, e anche di quello della cosiddetta decretazione d’urgenza dell’articolo 77 comma 2, non sussistendo ragioni, necessità e urgenza a sostegno dell’introduzione, soltanto in sede di conversione, di una disposizione relativa alla riorganizzazione, nella distribuzione degli uffici giudiziari, del tutto eterogenea rispetto al contenuto del decreto legge convertito, e addirittura dichiaratamente legata a un altro decreto legge che è stato già oggetto di conversione con un’altra legge. Per l’espressa ammissione contenuta nella legge di conversione si tratta, pertanto, di una «norma intrusa» che introduce una nuova disciplina evidentemente estranea alla congerie delle altre disposizioni del decreto legge che il primo comma dell’articolo unico provvede a convertire; e più precisamente si tratta di una delega al Governo a legiferare con successivi decreti legislativi in materia di riorganizzazione della distribuzione degli uffici giudiziari nel territorio.

Tags: Maurizio de Tilla avvocatura giustizia dicembre 2011

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