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*SPECIALE GIUBILEO* Una visione più cauta del confronto tra le culture di Isis ed occidente è l’unica strada

GIUSTO SCIACCHITANO, procuratore naz. antimafia aggiunto

Il Giubileo deve essere visto, non solo dal mondo religioso ma anche da quello laico, come il momento più propizio nel quale approfondire la necessità di un dialogo con l’Islam che condanni il fanatismo religioso e terroristico, ma faccia anche riflettere sul vero contenuto di un confronto fra le nostre due culture.

Il Giubileo della Misericordia indetto da Papa Francesco ha inizio nel momento della più dura e feroce attività terroristica, in Europa, ad opera del cosiddetto Stato islamico; attività che sembra chiudere le porte ad ogni possibilità di dialogo e lasciare libero campo solo alle misure di sicurezza e repressive, se non addirittura belliche. Queste misure sono assolutamente necessarie, unitamente a quelle dirette ad una migliore accoglienza di coloro che lecitamente sono entrati in Europa e qui vivono ormai da anni o che arrivano adesso per fuggire alla guerra che insanguina il loro Paese. Dobbiamo però finalmente renderci conto che il complesso di queste misure, varato già dopo la prima strage di Parigi, non è sufficiente per un dialogo concreto con l’Islam.
Il Giubileo deve allora essere visto, non solo dal mondo religioso ma anche da quello laico, come il momento più propizio nel quale approfondire la necessità di un dialogo con l’Islam che condanni il fanatismo religioso e terroristico, ma faccia soprattutto riflettere, più in profondità, su quale debba essere il vero contenuto del confronto necessario tra la cultura occidentale e quella islamica. Punto di partenza per un dialogo costruttivo con l’Islam deve necessariamente essere quello di tenere presente la maggiore differenza tra le nostre due culture, dalla quale discendono la gran parte delle contrapposizioni tra i nostri due sistemi. Nel mondo occidentale abbiamo ormai da secoli chiaramente distinto il Trono dall’Altare, ossia l’aspetto civile da quello religioso, nella vita del singolo e dello Stato; nel mondo islamico, invece, la legge principale è la Sharia, i due aspetti sono unificati e inscindibilmente presenti nell’uomo musulmano il quale è quindi completamente impregnato di religiosità, poiché i detti del Corano segnano tutti i momenti della sua vita.
Se vogliamo dialogare con l’Islam non possiamo ignorare il sentire profondo dell’uomo islamico e dobbiamo trovare un punto di contatto con la sua cultura. Nel ripensare ad una nuova forma di accoglienza dei migranti e ad un loro maggiore inserimento nel mondo sociale ed economico occidentale, non è stato mai affrontato l’aspetto religioso, per cui il dialogo con l’Islam è sempre rimasto monco e non ha toccato l’altra parte fondamentale del «sentire» islamico. Abbiamo consentito l’apertura delle Moschee nel nostro territorio (mentre non avviene la stessa apertura di Chiese nel loro), ma questo non ha portato ad un approfondimento del dialogo in questa materia, che viene lasciato solo alle Autorità religiose, come di recente è avvenuto all’Università Gregoriana in un incontro interreligioso in occasione del 50esimo anniversario del documento «Nostra Aetate» del Concilio Vaticano II.
Il tema deve invece essere affrontato anche dalla nostra cultura laica; essa deve ormai chiedersi se sia disposta - nel dialogo con la cultura musulmana - ad interessarsi in qualche modo anche dell’aspetto religioso dell’uomo. La filosofa Yulia Kristeva, dopo i fatti di Parigi, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera ha dichiarato che occorre cercare, da laici, il fenomeno spirituale, e non lasciarlo in mano ai pazzi che se ne servono per commettere queste atrocità. Occorre aiutare l’Islam a sottrarsi alla strumentalizzazione del terrore, e per ottenere questo risultato la cultura occidentale deve fare qualcosa, forse rivedere qualche nostra considerazione che spesso contrappone ragione a religione e rivalutare il patrimonio spirituale delle tre religioni monoteiste. In questa nuova ottica sembrano sfuocate le posizioni di varie autorità civili che accolgono fanatiche richieste di non esporre simboli cristiani, per la falsa convinzione di non turbare il nostro consolante multiculturalismo.
Ci sono peraltro recenti segnali che anche da parte islamica vi sono segnali, forse ancora timidi, in questo senso. In un incontro nella città santa sciita di Qom, il Rettore di quella università ha osservato che c’è bisogno di un dialogo culturale anche antecedente a quello religioso, e che entrambi dobbiamo studiare il passato storico tra occidente e Paesi islamici in modo autocritico, con lo sguardo proiettato al futuro, per evitare che continuino gli estremismi in entrambi i sistemi. Certo per l’occidente è del tutto incomprensibile che, allorquando una strage viene compiuta, come spesso accade, nei confronti di altri musulmani, da entrambe le parti - aggressori e vittime - si leva alta l’invocazione ad Allah. Chi esegue la sua volontà, l’uomo che spara o chi rimane ucciso?
Il Giubileo della Misericordia rimane quindi il periodo idoneo per riflessioni più profonde da sviluppare prima all’interno della cultura occidentale e poi nel dialogo con la cultura di altri popoli. Può essere il momento per una ricerca concreta di reciproca conoscenza, quello nel quale sia possibile organizzare, insieme, da parte cristiana e da parte musulmana, una reciproca visita con i loro fedeli ad una Moschea e ad una Chiesa cristiana, visita altamente simbolica attualmente non proponibile nei Paesi musulmani.   

 

GIUSTO SCIACCHITANO

Tags: Dicembre 2015 Islam Giubileo

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