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Fabio Valerio Alberti: Fiaso, la formazione deve essere vincolante per tutti i manager delle Asl

La politica compia un passo indietro dalla gestione sanitaria. Su questo slogan in campagna elettorale si è registrata una convergenza bipartisan. Per passare dalle parole ai fatti si potrebbe partire dal fissare criteri più selettivi sia per le nomine che per la valutazione dei risultati, dai quali dovrebbe dipendere la conferma o meno degli incarichi ai vertici di Aziende Sanitarie Locali e di Aziende ospedaliere. Per fare questo basterebbero tre mosse:
- ridurre la discrezionalità delle nomine inserendo tra i requisiti imprescindibili per ottenere gli incarichi di direzione quello costituito dal possesso di curricula formativi di attestata qualità;
- prevedere clausole contrattuali di salvaguardia dallo spoil’s system;
- stabilire, su base regionale, criteri oggettivi di valutazione delle performances aziendali centrate sull’efficienza gestionale; e, su tali valutazioni, stabilire la riconferma o meno degli incarichi.
Qualcosa da subito si potrebbe fare sul terreno cruciale della formazione e delle competenze necessarie per rivestire incarichi di direzione, stabilendone l'imprescindibilità ai fini della loro corresponsione. Oggi, per legge, i direttori generali hanno l’obbligo di acquisire una formazione specifica in management sanitario entro 18 mesi dalla loro nomina. Basterebbe tanto per cominciare ad uniformarsi a quel che già avviene nei Paesi europei con sistemi sanitari simili al nostro, come Francia, Gran Bretagna e Norvegia, nei quali la partecipazione a programmi formativi è obbligatoria ai fini della copertura dei ruoli dirigenziali in ambito sanitario.
In Italia invece, nonostante la maggior parte delle Regioni abbiano adottato efficaci modelli di formazione professionale, in particolare dei direttori generali, lo studio Agenas-FIASO, presentato a maggio a Roma nell’ambito del Forum P.A., indica che la grande maggioranza degli stessi direttori generali - per l’esattezza il 74 per cento - ha seguito un corso dopo aver ricoperto l’incarico per oltre 3 anni.
Un dato, quest’ultimo, che si presta a due chiavi di lettura tutt’altro che antitetiche. Da un lato esso testimonia, appunto, la necessità di avviare processi formativi «a monte»; dall’altro, spiega perché esiste ormai un gruppo di persone adeguatamente formate e impegnate stabilmente in ruoli di direzione. Insomma, un gruppo professionale di manager della sanità che si sta progressivamente costituendo.
Perciò il management delle aziende sanitarie va ancor più «coltivato» attraverso corsi formativi «permanenti», ossia corsi che qualifichino sempre di più, sul piano manageriale, anche i dirigenti sanitari e amministrativi della sanità, non solo utili ad ottenere una maggiore efficacia della loro azione, ma che siano anche validi come «vivaio» per incarichi dirigenziali da svolgere in modo qualificato e per eventuali progressioni verticali verso il top management.
L’analisi che la FIASO, Federazione Italiana delle Aziende Italiane e Ospedaliere, ha compiuto insieme all’Agenas sulla formazione e sulle competenze dei direttori generali e di otto funzioni chiave per l’amministrazione e gestione aziendale smentisce l’immagine, spesso più mediatica che reale, di un management coltivato nel giardino della politica, anziché in quello della formazione e gestione sanitaria.
È infatti lo stesso identikit tracciato lo scorso anno dall’indagine Censis-Fiaso, quello di professionisti che, in oltre il 60 per cento dei casi, ha coltivato esperienze pregresse in ambito medico-sanitario. Quella stessa indagine, però, rivelava che il 63 per cento dei direttori generali giudica la propria sovranità limitata dalle intromissioni indebite della politica. Vincolare gli incarichi ai curricula professionali valorizzando la formazione può rivelarsi un’arma efficace per ridurre sensibilmente quella percentuale.

di Fabio Valerio Alberti, vicepresidente della Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere

Tags: ospedali strutture sanitarie Forum P.A. Maggio 2010 Fiaso

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