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FOCUS LAVORO - Aldo Bottini: Agi, osservatorio specializzato nel mondo del lavoro

Aldo Bottini, presidente di  Agi, Avvocati giuslavoristi italiani

L’Agi nasce nel 2002 per iniziativa di un gruppo di avvocati giuslavoristi, professionisti con specializzazione nel diritto del lavoro, della previdenza ed assistenza sociale e dei rapporti di agenzia. Le tematiche del diritto del lavoro sono molteplici e di rilevanza sociale ed economica, incidono sul diritto costituzionale al lavoro e alla tutela della dignità e della personalità dell’individuo nella formazione sociale costituita dall’organizzazione nell’ambito del quale presta la propria attività. Basti pensare alle tematiche dei licenziamenti, individuali e collettivi, dei trasferimenti d’azienda, degli ammortizzatori sociali, della contribuzione previdenziale obbligatoria, dei diritti dei lavoratori e della libertà d’impresa. Sono questioni che coinvolgono quotidianamente la vita di gran parte della popolazione

 

Negli ultimi dieci anni il mondo è cambiato più del mezzo secolo precedente del dopoguerra. La produzione si è dislocata ovunque, in prossimità delle materie prime e della manodopera più conveniente, ma anche delle risorse intellettuali elevate e molto diffuse (basti pensare agli ingegneri indiani). Le nuove tecnologie e la fusione fra l’elettronica e le reti di telecomunicazione hanno totalmente automatizzato le linee di produzione e dato vita agli oggetti di uso quotidiano, finora inermi e ora interattivi. Tutto questo è avvenuto e sta avvenendo nel pieno di una crisi economica, scatenata da eventi e comportamenti di tipo finanziario, ma che ha le sue cause profonde proprio nei fenomeni sommariamente descritti.
Dovremmo forse meravigliarci che il lavoro non abbia passato indenne questo grande conflitto mondiale (il paragone non è forzato, viviamo una «guerra» violenta anche se, per fortuna, non cruenta)? E che il concetto stesso di posto di lavoro sia stato rivoluzionato e l’occupazione nei Paesi sviluppati sia crollata, trascinando nella disoccupazione un’intera generazione di giovani e anche quella dei padri più in là negli anni, ma non abbastanza anziani per poter ricevere la pensione? Dobbiamo preoccuparcene, anzi dobbiamo occuparcene, ma non possiamo meravigliarcene.
Da 35 anni anni mi occupo di relazioni nel mondo del lavoro da un osservatorio specializzato, quello di avvocato giuslavorista, e ho avuto modo di conoscere i problemi sia dal versante delle risorse umane, i lavoratori; sia da quello delle imprese, che hanno bisogno di manodopera, collaboratori e lavoro intellettuale. Ho detto semplicemente osservatorio, non osservatorio privilegiato, perché, se lo è stato, non lo è più: la tempesta nella quale siamo immersi non esclude affatto le professioni liberali, gli avvocati in modo particolare, anche per il grande, eccessivo numero di colleghi che si contendono un mercato non più in espansione e contrassegnato da redditi calanti. Questo vale in generale.
Se ci si addentra nella specializzazione il problema non è soprattutto quantitativo ma qualitativo, perché la competenza deve essere elevata e oggi è necessario cambiare pelle. Se, per fare un esempio, il Jobs act riduce gli spazi per il contenzioso, questo non significa affatto che riduca gli spazi e la necessità della consulenza, dell’assistenza nella mediazione e nella conciliazione fra le parti. Ma è necessaria una disponibilità al cambiamento e all’aggiornamento, anche formativo, per valorizzare le capacità alla trattativa e all’accordo, rispetto alle argomentazioni rimesse alla valutazione e alla decisione del giudice. Ferma restando, ovviamente, la competenza giuridica. Oggi non siamo neppure sicuri che questa evoluzione, necessaria, sia anche sufficiente di qui a cinque o dieci anni. Molti profetizzano che la maggior parte delle controversie saranno decise dagli algoritmi. Non ci credo, ma questa eventualità mi coglierebbe già comodamente in pensione.
Nel mondo e nelle istituzioni forensi, fino a non molti anni fa la parola specializzazione non era sconosciuta, ma era certamente respinta. Esattamente 15 anni fa, nel marzo 2002, con altri sette colleghi milanesi, equamente suddivisi tra giuslavoristi pro-labour e rappresentanti delle imprese, ho fondato Agi-Avvocati giuslavoristi italiani, associazione oggi formata da 1.700 specialisti, che dal 2015 ho l’onore di presiedere: due anni ricchi di cambiamenti, anche legislativi.
Due anni dopo la fondazione, fu istituita la Scuola di alta formazione in Diritto del lavoro, con frequenza obbligatoria ed esame finale davanti a una commissione della quale, con gli avvocati giuslavoristi, fanno parte magistrati del lavoro e docenti universitari. È appena iniziato il settimo biennio, con 75 iscritti a Milano e altri 100 collegati in videoconferenza da nove sedi, grazie a convenzioni con le università. Nel frattempo, la legge di riforma dell’ordinamento forense, in vigore dall’inizio del 2013, ha istituito il titolo di avvocato specialista e Agi - dal 2009 tra le associazioni forensi maggiormente rappresentative - è dal 2013 riconosciuta dal Consiglio nazionale forense tra le associazioni specialistiche maggiormente rappresentative. La Scuola superiore dell’avvocatura, fondazione istituita dal Cnf e prevista dalla legge professionale, ha stipulato una convenzione con Agi, riconoscendo alla Scuola di alta formazione i requisiti scientifici e didattici ai fini della specializzazione. Purtroppo, a quattro anni dalla riforma, il titolo formale di specialista è tuttora congelato per uno dei consueti bracci di ferro davanti al Tar, che ha sospeso il decreto attuativo.
I giuslavoristi italiani hanno dunque conseguito il principale scopo previsto dallo statuto sociale, e sono interlocutori delle istituzioni e dell’accademia per individuare le soluzioni anche legislative ai problemi del mondo del lavoro. Qualche settimana fa, in commissione Giustizia del Senato dov’è in discussione la riforma della giustizia civile, abbiamo chiesto il riconoscimento della negoziazione assistita nelle controversie di lavoro. Questo istituto recente - già abbastanza conosciuto anche dal grande pubblico perché consente ai coniugi di definire, con l’assistenza dei rispettivi avvocati, la separazione e il divorzio con atti che possono trasferire il patrimonio e modificare lo stato civile delle persone - è precluso in materia di lavoro. L’accordo eventualmente raggiunto tra le parti deve essere convalidato in una «sede protetta», talvolta anche solo un sindacalista o l’ufficio territoriale del Lavoro. Come se due avvocati non rappresentino una garanzia sufficiente per evitare la prevaricazione di una parte sull’altra.
La nostra ambizione è di essere osservatori e interpreti del diritto del lavoro vivente. In Agi convivono esperienze e sensibilità diverse, tenute insieme dal rispetto reciproco e dalla comune consapevolezza di operare nel delicatissimo campo del diritto costituzionale al lavoro, al quale si collega strettamente la tutela della dignità e della personalità dell’individuo; e anche nel campo della libertà di iniziativa economica. In tempo di crisi discutiamo se la flessibilità abbia leso i diritti e se un indennizzo sia adeguato e possa compensare un posto di lavoro perduto per un licenziamento illegittimo. Ma questa non è un’anomalia italiana, è così nella pressoché totalità dei Paesi europei. Dobbiamo riconoscere che le leggi possono rendere più o meno efficiente e più o meno litigioso il mercato del lavoro; gli incentivi economici possono aiutare, ma l’occupazione si espande soltanto se c’è crescita, sviluppo economico.
Nei piani di sviluppo delle imprese deve trovar posto, con la conoscenza dei nuovi mercati, la cura della ricerca e dell’innovazione, anche la cura delle risorse umane e delle relazioni industriali. Una consulenza legale qualificata e specializzata aiuta molto la creazione di un buon clima in azienda, e va ben altre i rapporti tra singolo lavoratore e datore di lavoro.   

Tags: Aprile 2017

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