Il nostro sito usa i cookie per poterti offrire una migliore esperienza di navigazione. I cookie che usiamo ci permettono di conteggiare le visite in modo anonimo e non ci permettono in alcun modo di identificarti direttamente. Clicca su OK per chiudere questa informativa, oppure approfondisci cliccando su "Cookie policy completa".

  • Home
  • Interviste
  • LINDA LANZILLOTTA: COME VA «RIMONTATA» LA POLITICA ITALIANA

LINDA LANZILLOTTA: COME VA «RIMONTATA» LA POLITICA ITALIANA

L’on. Linda Lanzillotta, già ministro degli Affari Regionali nel secondo Governo Prodi

Laureata in Lettere ed esperta di problemi economici, dopo un periodo di lavoro nel Ministero del Bilancio Linda Lanzillotta entrò alla Camera dei deputati dove diresse per alcuni anni la Segreteria della Commissione Bilancio, dopodiché fu nominata assessore alla Programmazione finanziaria del Comune di Roma. Divenuta successivamente capo di Gabinetto del Ministero del Tesoro durante il secondo Governo Amato, quindi Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri, aderì alla Margherita, nel 2006, fu eletta deputato ed entrò a far parte del Governo Prodi come ministro degli Affari Regionali e delle Autonomie Locali dal 2006 al 2008. Passata quindi con la Margherita nel Partito Democratico, fu rieletta deputato nel 2008 e svolse il ruolo di «ministro ombra» per il settore Pubblica Amministrazione. Un anno fa lasciò il PD sperando nella costituzione di una forza politica di centro, in un «Nuovo Polo per l’Italia», partito unitario delle forze moderate e riformatrici, che però non è riuscito ad emergere per motivi sia interni ai partecipanti, sia al nuovo contesto politico determinatosi con la formazione del nuovo Governo Monti. Oggi, con lo slogan «Rimontiamo l’Italia 2013» l’on. Lanzillotta è tra i politici italiani che auspicano la continuazione dell’esperienza Monti per rinnovare la classe politica, varare riforme rinviate per decenni, eliminare la corruzione, ripristinare i valori morali e i doveri civici chiesti dagli italiani.
 Domanda. Che cosa sta succedendo nell’economia mondiale e nella politica italiana?
Risposta. Negli ultimi tre anni di legislatura ancora una volta non si sono messe in cantiere le riforme che occorrono all’Italia per recuperare la competitività, la produttività e la capacità di crescita. Per cui, quando nel 2009 è arrivata la crisi finanziaria che ha investito pesantemente i Paesi più esposti d’Europa, con il più alto livello di debito pubblico, siamo stati tra i più colpiti ed abbiamo avuto bisogno di una guida molto forte e autorevole, capace di affrontare la crisi riproponendo la prospettiva di un’Europa unita con un più forte ruolo politico, molto diversa dalla linea Sarkozy-Merkel. La visione franco tedesca di un’Europa più intergovernativa e meno comunitaria si era potuta rafforzare anche a causa della debolezza italiana, della scarsa credibilità della sua leadership. Tanto che l’Agenda delle misure da adottare ci è stata dettata dalla Banca Centrale Europea e l’Europa e il mondo ci hanno chiesto di recuperare credibilità perché questo volevano i mercati finanziari. Un’ulteriore sfiducia nei confronti dell’Italia avrebbe compromesso l’euro, l’equilibrio globale e la stabilità finanziaria di tutta l’area. Così siamo arrivati al commissariamento della politica da parte del Governo Monti.
D. Di chi è la responsabilità?
R. Il commissariamento è la conseguenza del comportamento della classe politica, è stato il punto finale di un lungo periodo caratterizzato da un bipolarismo impotente, durante il quale si sono avvicendati schieramenti politici condizionati, nel centrosinistra, da componenti estremiste, nel centrodestra, da forze stataliste, conservatrici, antieuropee. Queste componenti hanno sempre impedito di attuare i programmi di cambiamento che le varie coalizioni proponevano durante le campagne elettorali. Questa paralisi e impotenza del sistema politico ha portato alla crisi.
D. Che pensa del Governo Monti?
R. Il nuovo presidente del Consiglio ha avuto la capacità di recuperare credibilità e autorevolezza e di svolgere un ruolo fondamentale in Europa, tanto da diventare, insieme al presidente della BCE, un punto di riferimento per i grandi Paesi europei nella ricerca di una nuova prospettiva di rilancio dell’Unione. Anche gli Stati Uniti hanno visto in lui un interlocutore capace di arginare la crisi dell’euro e dell’economia europea che avrebbe aggravato anche le loro difficoltà. Nel mercato del lavoro, nel sistema pensionistico, nel ridimensionamento e riduzione dei costi del sistema federalista il Governo Monti ha varato riforme essenziali che il sistema politico non era riuscito a compiere.
D. Perché non le hanno fatte i precedenti Governi, compreso il Governo Prodi di cui lei ha fatto parte?
R. Da ministro, nel 2007 proposi molti dei provvedimenti che ora sta varando il Governo Monti, ma essi furono sistematicamente contrastati in Parlamento da un sistema politico che intendeva conservare privilegi, rendite e posti in una miriade di organismi pubblici che in questi anni sono stati lo strumento per alimentare la politica. Anche in questo campo l’attuale Governo sta intervenendo mentre la politica è stata incapace di riformare. E quella situazione è destinata a protrarsi in alcuni campi. Ad esempio, i due temi che sono stati lasciati alla responsabilità dei partiti, cioè le riforme costituzionali e la legge elettorale, sono bloccati: delle prime non si farà niente per il resto della legislatura, e neppure per la riduzione del numero dei parlamentari che era il minimo richiesto insieme a una leggera differenziazione del bicameralismo perfetto. Per la riforma della legge elettorale, una soluzione concordata è ancora talmente lontana dalla realizzazione da non ritenere infondata l’ipotesi che nella prossima primavera si voti ancora con la legge oggi vigente.
D. Quindi, nonostante la crisi economica non è cambiato nulla?
R. Ancora una volta i partiti dimostrano che, quando devono affrontare un problema nell’interesse del Paese e non nell’interesse di una parte o di un piccolo gruppo, non sono capaci di far prevalere una visione nazionale, ma costituiscono un insieme di debolezze ognuna delle quali interdice l’altra. Questo è il problema italiano, e questo ci dice che bisognerebbe lavorare per consentire a Monti di proseguire nella propria opera per qualche anno, fino a quando una serie di cambiamenti, compresi quelli dell’assetto istituzionale, non avranno rimesso in moto il sistema e fatto emergere nuove leadership. Il sistema attuale è immobile, ognuno vuole conservare la propria posizione di potere e non cedere nulla, né all’altro né a nuove forze emergenti, a nuove figure o personalità. Così si bloccano il rinnovamento del Paese, la possibilità per l’Italia di sfruttare le proprie energie, i talenti, i giovani, le nuove idee. Le forze politiche dovrebbero riconoscere questa situazione, confrontare i programmi, convenire sulla necessità di un Governo Monti.
D. Che cosa dovrebbe fare il presidente Monti?
R. Dovrebbe formare un nuovo Governo che i partiti dovrebbero legittimare democraticamente e votare in Parlamento, perché nel nostro sistema parlamentare il capo del Governo non viene eletto dal popolo; se i partiti sono d’accordo, sono loro a legittimarlo democraticamente, non c’è bisogno di riforme costituzionali. Quanto alle dure misure che Monti ha adottato e a quelle che dovrà ancora varare, esse sono comprese dagli italiani perché parla il linguaggio della verità e della serietà. E infatti, nonostante abbia inflitto medicine amare, Monti conserva un’alta popolarità, è una persona seria, fa quanto serve al Paese. Un numero crescente di persone non crede più alla politica demagogica di chi fa promesse che non vengono mantenute. Da Monti le accettano, perché ritengono che operi per il bene del Paese e non nell’interesse personale o di parte. Questa è la sua forza, della quale abbiamo bisogno.
D. Oltre a risanare l’economia, il Governo Monti non dovrebbe far recuperare al  Paese i valori morali di un tempo?
R. Anche sul piano etico Monti ripropone il principio della politica come servizio, non come strumento per autopromuoversi a posti che con le proprie capacità mai si raggiungerebbero. Le scomparse ideologie non sono state sostituite da idealità, da un’etica pubblica basata su un sistema di valori condivisi dalla politica. I partiti sono stati strumenti di potere, non di elaborazione di un progetto di società, di promozione delle persone e di costruzione del futuro. Questa è una delle differenze tra l’Italia e i grandi Paesi europei. In Francia, Inghilterra e Germania sono diffusi un senso di identità nazionale, valori comuni, sentimenti di legame e di rispetto per le istituzioni, che sono il collante comune per i cittadini e per le forze politiche. I partiti possono avere programmi diversi, ma il sostrato comune - lo spirito repubblicano in Francia, l’idea della nazione tedesca e del suo ordinamento, i principi dello Stato liberale in Inghilterra - sono radicati profondamente nella cultura di quei popoli e i partiti politici non possono discostarsi da essi, perché il giudizio della società e la sanzione morale sarebbero pesantissimi. Da noi non esistono questi ancoraggi ideali, culturali e civili, tutto è casuale.
D. Che cosa ammira in Monti?
R. La forte idealità civica, l’impegno civile, lo spirito di servizio, la visione del futuro dell’Italia e dell’Europa. Per questo, anche se molte persone possono non condividerne le ricette, lo comprendono e lo rispettano, mentre non rispettano più la politica che li ha ingannati per vent’anni. Per questo abbiamo avuto l’idea di creare un’iniziativa chiamata «Rimontiamo l’Italia» il cui scopo è rimettere in piedi il Paese dalle fondamenta, con un metodo e con i valori che Monti ha incarnato in questi mesi. E che sono serietà, verità, spirito di servizio per realizzare i cambiamenti di cui l’Italia ha bisogno. A tal fine va rifatta l’Agenda Monti o meglio «Monti dopo Monti», non un partito né un movimento politico, ma il programma di un Monti bis, impegnandoci a farlo attuare, recuperando anche i valori costituzionali.
D. Come ottenere questo se le leggi sono fatte dagli stessi politici e comunque, nella pratica, sono usate in maniera distorta anche se il fine era nobile?
R. Sono state distorte nella loro applicazione anche perché ne è stata attuata solo la parte che faceva comodo, e non viceversa. Per accelerare l’azione amministrativa si sono eliminati i controlli preventivi ma non sono stati attivati quelli sull’efficienza, anzi sono state attuate interpretazioni opposte. Tutto ciò va messo in ordine cercando di recuperare le ragioni di alcune riforme, quali quelle sulla semplificazione e sulla trasparenza. È stato vanificato il progetto diretto ad eliminare l’assoluta arbitrarietà dell’azione amministrativa. Uno degli ultimi decreti legge varati dal Governo punta a restituire ai dirigenti la responsabilità della regolarità amministrativa e contabile. E poi vanno reintrodotti i concorsi pubblici, sistema totalmente sconvolto soprattutto a livello regionale e locale; deve prevalere il merito e si deve dare una speranza ai giovani. La Pubblica Amministrazione deve costituire lo sbocco per i migliori laureati, non per le clientele; va attuato l’articolo 97 della Costituzione sul buon andamento della Pubblica Amministrazione.
D. Anche nelle moltissime società costituite dagli enti locali?
R. La loro proliferazione è stata uno strumento per aggirare le regole pubblicistiche su nomine, controlli, equilibrio di bilancio, divieto di indebitamento. La mia battaglia contro di esse puntava a ridimensionare questa degenerazione del sistema. Non si è mai voluto attuare l’articolo 49 della Costituzione e prevedere una qualche forma di verifica sull’organizzazione dei partiti come condizione per il finanziamento pubblico. Con la scomparsa dei grandi partiti sono aumentati il degrado etico e la perdita dei valori della politica.
D. Qual è il suo giudizio sulla gioventù di oggi?
R. Quelli della mia epoca si impegnavano nella politica o nei movimenti studenteschi; quelli di oggi che desiderano operare per il sogno di una società più giusta lo fanno nelle associazioni di volontariato o ambientali. Alla politica si dedica non chi ha un’idealità da perseguire, ma chi vuole fare carriera e questo è assurdo, perché la politica gestisce ormai tutto il potere nelle Amministrazioni pubbliche locali e centrali, nelle società, nelle Asl. Il risultato è che i giovani migliori rimangono lontani dalla politica. E questo è un guaio perché senza buona politica le istituzioni non possono funzionare, e senza buone istituzioni il Paese non può avere futuro. Per questo, proprio per il bene della politica, per farla rinascere, occorre toglierle pezzi di potere; liberata dalla loro gestione, può ritrovare la propria identità, la missione, la sua ragione di essere. Altrimenti sarà sommersa dai potentati locali, da chi gestisce gli appalti e le nomine nella sanità. La politica è stata condizionata da tutto ciò e i grandi partiti nazionali sono finiti in balia degli amministratori regionali e locali.
D. Non si tornerà più ai partiti disciplinati da procedure precise, statuti, controlli interni, congressi?
R. I partiti da una parte proprietari, dall’altra leaderistici, e in mano a gruppi di potere che si combattono, non hanno più i meccanismi che servivano a selezionare e a far emergere una classe dirigente di alta caratura morale e civile. Impressiona non solo la corruzione che emerge, ma il livello delle persone operanti proprio dove dovrebbe rifulgere la qualità.
D. Un movimento così incontra il consenso della gente, ma dal punto di vista organizzativo?
R. Bisognerà aggregare quelli che nei partiti e nella società condividono l’obiettivo di portare avanti l’esperienza del Governo Monti. «Rimontiamo l’Italia» si propone di coinvolgere queste persone per scrivere insieme la piattaforma programmatica della famosa «Lista civica per l’Italia» che dovrà amalgamare politica e società per andare oltre l’Agenda Monti. Se riusciremo a farlo si potrà ottenere un risultato interessante perché questa lista potrà diventare il baricentro dello schieramento politico. Dobbiamo dire in quale direzione deve andare il Paese nei prossimi 5 anni, decidere come cambiare il fisco, le istituzioni e il federalismo; bastano quattro o cinque punti fondamentali a rimettere in carreggiata il sistema. E rinunciare ai personalismi, al culto delle personalità, al prevalere dei personaggi rispetto alle prospettive politiche. Monti è stato una risorsa per il Paese che il presidente della Repubblica ha saputo valorizzare al massimo.      ■

Tags: Novembre 2012

© 2017 Ciuffa Editore - Via Rasella 139, 00187 - Roma. Direttore responsabile: Romina Ciuffa