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il paese necessita di una politica fiscale intelligente

di GIORGIO BENVENUTO  presidente della fondazione  Bruno Buozzi

La Corte dei Conti ha evidenziato gli effetti negativi della politica di austerità praticata dal Governo Monti. Sono state sbagliate le previsioni, in particolare sulla crescita, sugli investimenti, sulla spesa delle famiglie, sul risanamento delle finanze pubbliche. Ecco in sintesi gli errori. Al momento dell’insediamento del nuovo Governo (novembre 2011) si prevedeva per il 2012 una contrazione del prodotto interno dello 0,4. La spesa delle famiglie per il 2012 rimaneva invariata rispetto al 2011; c’era un aumento dell’1,4 per cento delle importazioni e del 2,3 per cento delle esportazioni, con una lieve caduta degli investimenti, pari al 2,3 per cento. Nell’ultima nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza il Governo stima ora una perdita dei consumi delle famiglie di 3,3 punti, una flessione dell’8,3 per cento degli investimenti, una caduta del 6,9 per cento delle importazioni ed una crescita delle esportazioni di poco superiore all’1 per cento. Tutto ciò comporterà una caduta del prodotto interno del 2,4 per cento. Sono dati che confermano gli effetti recessivi della politica economica del Governo. Nessuno vuole sottovalutare il lavoro di Mario Monti. Ha raccolto un’eredità pesante. Il Paese era ai limiti del collasso. L’emergenza è stata affrontata con decisione. È stata ricostruita la credibilità internazionale. È stato riportato a limiti meno drammatici lo spread tra i bond italiani e i bond tedeschi. Non sono, però, decollate le riforme. Monti è stato abile nel gestire l’emergenza, ma non è riuscito a passare dal controllo della congiuntura alle riforme di struttura. Siamo ormai alla fine della legislatura. La campagna elettorale è molto nervosa. C’è una grande incertezza. C’è un grande malessere. C’è una crescente insoddisfazione. Si diffonde, si estende, si consolida la protesta che si esprime o con l’astensionismo o con il voto antiparlamentare. Il Governo non riesce ad intervenire sulle insufficienze strutturali del nostro Paese. Equità e sviluppo sono scomparsi dall’agenda degli impegni. Occorre interrompere questa corsa al massacro. La politica, la buona politica deve riappropriarsi del governo del Paese. Il prossimo anno non sarà facile. Non potremo dire come Barack Obama: «Domani verrà il meglio». Dovremo evitare il peggio. L’Agenda Monti va integrata, precisata e corretta. Occorre agire innanzitutto sul fronte della spesa. Gli sprechi della politica vanno eliminati. Monti ci ha provato. Ci riprova. Non ce la fa. La nuova legislatura dovrà recuperare il tempo perduto. Il peso delle tasse è arrivato al 55 per cento, dieci punti in più di Francia e Germania, venti punti in più rispetto agli Stati Uniti. Gli effetti indesiderati e sconsiderati della tassazione stanno portando il Paese al disastro economico e alla catastrofe politica. Non è accettabile che l’Italia diventi un paradiso fiscale per chi evade e un inferno per la maggioranza dei contribuenti. In più riprese era stato detto e ridetto che non si sarebbero messe le mani nelle tasche degli italiani. Sono le «ultime parole famose» dell’ex ministro dell’economia Giulio Tremonti. È stato invece un crescendo. Le addizionali su Irpef e Irap, accise, consumi energia, Rca, dilagano. L’Imu è una patrimoniale per i possessori della prima casa. In tre anni le addizionali comunali sull’Irpef sono cresciute del 15 per cento. Quelle regionali sono raddoppiate. Ci sono a livello locale l’Arisgam, addizionale sul consumo del gas metano; l’Ipt, imposta provinciale di trascrizione; l’addizionale provinciale sul consumo elettrico; il Tefa, tributo per l’esercizio della funzione di tutela, protezione e igiene dell’ambiente; l’imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile dei veicoli; l’addizionale comunale sul consumo elettrico; l’addizionale comunale ex Eca. Il sistema fiscale italiano mette insieme tre record negativi: la quantità, la qualità, l’evasione. 450, di cui un centinaio nell’ultimo anno, sono le violazioni dello Statuto del contribuente. Si è calcolato che nelle casse dello Stato nell’ultimo anno sono entrati cinque miliardi di euro in più come effetto delle norme retroattive. Come se ciò non bastasse è difficilissimo pagare le tasse. Si butta via il proprio tempo in code chilometriche negli uffici. Si devono compilare montagne di carte bollate. Si vive nella più assoluta incertezza quando si devono applicare le norme o interpretare i regolamenti. Come se tutto ciò non bastasse, i servizi, il welfare, gli investimenti sono pessimi. La burocrazia è mostruosa. La vita dei cittadini è un vero e proprio calvario. Le tasse, anche le più cervellotiche, dilagano. Tutti si sentono, al Governo, in Parlamento, tra le forze economiche e sociali, aspiranti gabellieri. È stata inventata una imposta una tantum di 500 euro (400 nel caso di comprovato utilizzo stagionale) che colpisce nei luna park le macchinette chiamate «acchiappa peluches». È tecnicamente la «tassa su gru, pesche verticali e orizzontali di abilità di cui al comma 7a». Un anno e mezzo fa la Confesercenti, in un dossier «Balzelli d’Italia», ne ha individuati cento. Qualche esempio. Una tassa, anzi una sopratassa di un euro al mese per il lumino sulla tomba del caro estinto; un’imposta di 250 euro aggiuntiva sulla pubblicità, applicata senza il senso del ridicolo, per l’esposizione delle bandiere italiana o europea; tre tasse diverse sui brevetti (una alla presentazione della domanda, un’altra per il mantenimento in vigore, una terza infine per la pubblicazione dei disegni); un’imposta diversamente calibrata dalla Dogana a seconda che si tratti di un pupazzo «umanoide» piuttosto che uno raffigurante un animale; una tassa «sull’ombra» che un esercente deve pagare quando scatta l’imposta per occupazione del suolo pubblico perché la tenda predisposta sporge e invade il marciapiede, e così via. È lo «stupidario fiscale». Che senso ha moltiplicare le voci di entrate anche se irrisorie, anche se irragionevoli? Non è questo il modo per far quadrare in modo civile i conti. Si usano male le già scarse energie investigative delle Agenzie Fiscali, della Guardia di Finanza, di Equitalia, quando potrebbero essere spese lì dove c’è la polpa dell’evasione fiscale. È quest’ultima un problema irrisolto. Si susseguono proclami, invettive, minacce, ultimatum agli evasori fiscali. Si enunciano campagne spietate. Ma, stringi stringi, alla fine le tasse si accaniscono solo sui soliti noti. Non c’è recupero di base imponibile. I proventi dall’evasione fiscale, così superficialmente strombazzati e propagandati, arrivano appena al 10 per cento e per più della metà sono «una tantum», sono multe, sono sanzioni. Negli ultimi anni è cresciuto il senso civico degli italiani, c’è un generale consenso ad iniziative anche clamorose per colpire l’evasione fiscale, ci sono strumenti tecnologici sofisticati per portare allo scoperto le risorse occultate dagli evasori fiscali. I risultati sono però modesti. Purtroppo il costoso apparato burocratico, tranne le dovute eccezioni, è forte con i deboli e debole con i forti. A volte è talmente pignolo ed occhiuto da accorgersi se vola una mosca (il piccolo contribuente) senza riuscire invece a veder passare l’elefante (il grande evasore). Il Governo Monti ha avuto ed ha una politica fiscale vecchia, iniqua, sbagliata. È amaro constatare che mancano nel Governo i tecnici fiscali. La struttura dell’apparato fiscale è sbagliata. Aver riunito nel Ministero dell’Economia, il Bilancio, le Finanze e il Tesoro, si è rivelata una scelta sbagliata. È inevitabile che prevalgano le esigenze della spesa. Il Tesoro non riesce a tagliarla; nell’ultima legge di stabilità ha persino rifinanziato le spese per il terremoto del Belice, avvenuto 44 anni fa. La conseguenza è che di anno in anno, manovra dopo manovra, la pressione fiscale aumenta in maniera squilibrata. Il colpo di grazia a questa insensata politica è l’unificazione dell’Agenzia delle Entrate con quella del Territorio e dell’Agenzia delle Dogane con i Monopoli di Stato e il comparto dei Giochi. Le conseguenze sono facilmente prevedibili. Energia, costi, attività saranno concentrati per realizzare l’unificazione degli apparati, sottraendoli all’azione di contrasto all’evasione. La riforma del Catasto, di cui si parla da cinquanta anni, sarà ancora rinviata. L’Imu continuerà a caratterizzarsi per la sua iniquità: ad esempio, nelle grandi città le case al centro pagano molto meno di quelle in periferia. Cosa fare? La questione fiscale è decisiva. Il recupero dell’evasione fiscale richiede il rifiuto assoluto dei condoni e la sanzione penale per il falso in bilancio. Va accelerato l’accordo con la Svizzera per tassare i capitali illegalmente esportati; va definita una politica fiscale comune in Europa sui paradisi fiscali; va generalizzata la tobin tax. Va riequilibrato il carico fiscale tra rendita, finanza e lavoro. Va fatta una politica fiscale intelligente e coerente. Insomma c’è bisogno di una politica fiscale diversa. La lotta all’evasione fiscale deve essere accompagnata da un’azione decisa di contrasto agli sperperi degli apparati pubblici che si sostanziano, di frequente, in una «rapina» degli enti impositori statali, regionali, provinciali, comunali. Il taglio agli sprechi della politica e alle diseconomie delle strutture pubbliche deve essere incisivo. Le risorse recuperate dalla lotta all’evasione fiscale devono essere usate per diminuire il peso fiscale a vantaggio delle famiglie e delle imprese manifatturiere. La lotta all’evasione richiede la collaborazione tra Amministrazione finanziaria e cittadino. Lo Statuto del contribuente va rispettato. Va esteso il conflitto di interessi, favorendo con la detraibilità il rilascio delle ricevute. La legge di stabilità va in senso opposto. È stato istituito il fondo per ridurre le tasse, ma è senza risorse. C’è lo strumento, ma non ci sono i soldi. Le deduzioni e le detrazioni, a partire dal 2013, saranno ridotte con il tetto, con la franchigia ed altre diavolerie burocratiche. Come si può predicare la lotta all’evasione fiscale, quando anche i sassi sanno che la strada del conflitto di interessi - deduzione e detrazione in cambio di ricevute -viene vanificata? Ancora: la legge di stabilità prevede di venire incontro alle famiglie, incrementando le detrazioni per i figli a carico. La montagna ha partorito il classico topolino. Le famiglie risparmieranno 15 euro al mese. È un segnale importante, ma la dimensione è misera. È annullata dall’aumento dell’Iva (l’inflazione è arrivata al 3 per cento; i contratti sono bloccati così come la rivalutazione delle pensioni) e dall’incremento delle addizionali sull’Irpef e sull’Irap nei Comuni, nelle Province, nelle Regioni. La legge di stabilità esclude poi i pensionati da ogni beneficio fiscale. Non c’è nulla per i pensionati non capienti; nulla per le rivalutazioni delle detrazioni; nulla per far fronte al peggioramento del welfare, soprattutto nel settore dell’autosufficienza e dell’invalidità; nulla sulla rivalutazione delle pensioni adeguandole all’andamento dell’inflazione. Si tratta di una vera e propria persecuzione nei confronti dei pensionati, che sono travolti dall’Imu, dall’Iva, dalla Tarsu, dalle addizionali, dalla perdita del valore d’acquisto delle pensioni. Negativa è anche la politica fiscale per le imprese. Le aziende sono soffocate dal fisco. Il 70 per cento della ricchezza prodotta dall’azienda va al fisco. La Banca Mondiale indica per il sistema manifatturiero un tax rate del 68,5. Se a ciò si aggiungono i biblici ritardi nei pagamenti delle Amministrazioni pubbliche e l’eccessivo costo del credito, si capisce come in queste condizioni creare lavoro sia sempre più difficile. L’handicap delle aziende italiane è enorme: se operassero all’estero avrebbero una redditività tre volte superiore. Il sistema di tassazione, il costo del lavoro sono notevolmente superiori alla media degli altri Paesi. Pagano inoltre il ritardo nelle mancate riforme, nell’energia e nei servizi. Devono fare i conti con una Pubblica Amministrazione ipertrofica, inefficiente, ostaggio di burocrazie, di clan, di lobby. La situazione si è aggravata: non solo non arrivano più investimenti dall’estero, ma molte imprese italiane emigrano in altri Paesi dove le condizioni sono più vantaggiose e soprattutto idonee a garantire la competitività. Non vanno via dall’Italia solo le aziende, emigrano talenti e professionalità. È un’emorragia che non si arresta. La legislatura che si avvia a conclusione si è contraddistinta per l’incremento del carico fiscale. La legge di stabilità e la legge delega per la riforma fiscale si muovono in una vecchia logica. Sono prive di innovazioni. Pensano a fare cassa senza programmare investimenti. La nuova legislatura dovrà modificare profondamente la politica economica e fiscale. I tagli alla spesa dovranno essere decisivi; la riduzione dei costi della politica dovrà essere significativa; la riduzione delle tasse dovrà favorire la ripresa della domanda e un sostegno mirato al lavoro e alla crescita.

Tags: Dicembre 2012 Giorgio Benvenuto fisco

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