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FEDERICA PELLEGRINI: LA DONNA, LO SPORT, LA SOCIETÀ E TUTTO QUANTO IL RESTO

Federica Pellegrini, detentrice dei record mondiali nei 200 e 400 metri stile libero: «Spero che, nella mia carriera, la mia ricetta sia arrivata ai più giovani: solo con il duro impegno e con la determinazione possono raggiungersi soddisfacenti risultati. Grazie ai valori positivi e culturali che porta con sé, lo sport è un eccellente strumento di formazione»

Intervista all’atleta italiana a cura di Fabrizio Svalduz

È l’atleta italiana più conosciuta nel mondo e la nuotatrice italiana più prestigiosa di tutti i tempi. Poiché irraggiungibile, Federica Pellegrini è stata soprannominata la Divina. Almeno fino alle ultime Olimpiadi di Londra, sfortunate per la Nazionale italiana di nuoto che, oltre ad ottenere un magro bottino (bronzo di Martina Grimaldi nella 10 chilometri in acque libere), è stata psicologicamente flagellata dalle tensioni createsi tra gli stessi atleti all’asciutto di risultati, attutitesi con il «Mea culpa» di tutto l’ambiente federale acquatico e con l’argento in vasca dei «cugini» della nazionale di pallanuoto. Da questa intervista escono un ritratto della Divina e una giustificazione di quanto avvenuto, e dovuto, anche e soprattutto alla sfortuna. Nelle rassegne stampa di nuoto e in quelle della Pellegrini molti argomenti su cui Federica risponde non si sono mai letti: questo rende più interessante le dichiarazioni rilasciate a Specchio Economico.
?Nata 24 anni anni fa a Spinea in provincia di Venezia e tesserata per il pluripremiato e prestigioso Circolo Canottieri Aniene, l’atleta ha trascorso 10 anni di strabiliante strada in salita, quasi disumana per volontà, forza e risultati: nei 200 stile libero medaglie olimpiche d’oro a Pechino 2008 e d’argento ad Atene nel 2004; due primati del mondo nei 200 e 400 stile libero; sei medaglie in tre Mondiali in vasca lunga. Dopo la scomparsa, nel 2009, del suo coach e mentore Alberto Castagnetti, negli ultimi 4 anni ha cambiato 5 allenatori: è passata, infatti, nelle mani di Stefano Morini poi, trasferitasi a Parigi nell’inverno del 2011, del francese Philippe Lucas, quindi in quelle di Federico Bonifacenti, finendo quest’anno in quelle di Claudio Rossetto. Quest’ultimo è lo stesso allenatore del capitano dell’Italnuoto Filippo Magnini con il quale Federica fa coppia fissa nella vita, dai mondiali di Shanghai del 2011. A fine agosto, però, si è consumata una consensuale separazione tra la coppia di campioni e Rossetto. Entrambi gli atleti sono quindi alla ricerca del nuovo allenatore e le ultime voci indicano il ritorno del francese Lucas nei desideri della campionessa. 
Per l’esordio rocambolesco della storia d’amore con Magnini e l’abbandono chiacchieratissimo del «vecchio» fidanzato, il nuotatore Luca Marin, Federica è anche entrata nelle cronache del gossip nostrano. Ma con Londra, qualcosa è cambiato in lei e per lei. Sono appena finiti lo stress olimpico e il «massacro» mediatico seguito al suo flop in vasca - quinta nei 400 e nei 200 stile libero -, e la «Fede nazionale», come la chiama il suo popolo, si presenta rilassata, dopo una lunga vacanza agostana con capitan Magnini che lei chiama amorevolmente Pippo.
«Occorre accettare tutto da questa vita, sia vittorie che sconfitte–afferma riferendosi sia ai Giochi di Londra sia al proprio annuncio di volersi concedere un lungo riposo, un anno sabbatico–. Posso ribadire che mi trovavo in uno stato di forma scadente e che per vari motivi nessuno nella squadra è giunto in forma all’Olimpiade. Personalmente sono convinta di aver fatto tutto il possibile per arrivarvi pronta, ma non attribuisco la colpa a nessuno, né al team e nemmeno a me stessa. Credo che mi farà bene «staccare» per un anno. Ma solo all’inizio dell’autunno farò il quadro esatto della mia situazione e prenderò le giuste decisioni».

Domanda. La persistente crisi economica continua a mutare, e muterà ancora, le abitudini e lo status sociale di fette sempre più consistenti di popolazione. Percepisce tutto ciò nelle sue frequentazioni di vita quotidiana quando non è impegnata all’estero?
Risposta. Ogni giorno seguo i telegiornali e leggo le notizie della stampa su internet, quindi percepisco il continuo mutare delle situazioni e le difficoltà in cui si trova il nostro Paese. Mi sento una privilegiata e capisco che il confronto quotidiano con la gente porti con sé storie molto meno fortunate. Spero che ci siano segnali di ripresa.

D. Ha visto casi emblematici nella sua terra o altrove che l’hanno preoccupata, se non addolorata?
R. La mia terra, il Veneto, così come l’Emilia, ha vissuto le calamità naturali come una ferita al tessuto sociale, come un fermare la loro voglia di fare, di essere in un certo senso artefici del proprio successo imprenditoriale. Non avevo riflettuto a questo fino a quando ho ascoltato molte interviste della gente perbene che batteva in un modo o nell’altro su questo tasto.

D. Coraggiosa e combattiva, cosa teme di più in realtà, le malattie, la perfidia o il terremoto? Ha qualche amico che ha subìto i danni dell’ultimo sisma in Emilia?
R. Quello che temo di più sono la perfidia e l’invidia. Odio sentire addosso l’energia negativa emanata da alcune persone, quando mi sono accanto. Il terremoto, invece, rappresenta davvero qualcosa di terribile perché è ingestibile e non è calcolabile. Mi metto spesso nei panni di chi l’ha vissuto e avverto un grande coinvolgimento emotivo. Nel 2009 sono stata con la mia squadra anche in Abruzzo, a L’Aquila, per renderci conto personalmente del dramma che stavano vivendo quelle popolazioni. L’ultimo sisma emiliano mi ha fatta ripiombare di colpo in quei brutti ricordi e spero davvero che mai nessuno possa trovarsi più a perdere tutto in un secondo: casa, ricordi, affetti. È un dolore indescrivibile.

D. Come e in quale misura il suo esempio di dedizione e sacrificio possono influenzare una generazione di giovani italiani che si sforza di fare qualcosa ma spesso non riesce a concludere?
R. Credo che gli esempi positivi servano sempre. Si vinca o si perda, quello che conta è aver compiuto le scelte necessarie per avere una speranza di successo. Spero che, nel corso della mia carriera, la mia ricetta sia arrivata ai più giovani: solo con la determinazione e il duro impegno possono essere raggiunti soddisfacenti risultati. Inoltre credo che lo sport in generale possa rappresentare un eccellente strumento di integrazione e di formazione grazie ai molteplici valori positivi e significati culturali che porta con sé.

D. Che cosa si sentirebbe di suggerire a questi ragazzi, spesso demotivati, per trovare la strada giusta?
R. Di non mollare mai, soprattutto nei momenti di difficoltà, perché ogni singolo sacrificio e ogni investimento fatto con passione verrà ripagato. Occorre solo una grande pazienza e la forza di crederci, sempre.

D. Nell’inverno 2011 trascorso allenandosi a Parigi con il tecnico Philippe Lucas, cosa ha imparato dall’economia e dalla vita di tutti i giorni dei francesi? Cosa le hanno lasciato quel periodo e quel Paese?
R. Troppo breve è stato il tempo che ho trascorso in Francia, e troppo duri gli allenamenti cui mi sono sottoposta. Ho risposto con una battuta, una volta a una giornalista che mi chiedeva della Tour Eiffel: le ho detto di averla vista solo in cartolina.

D. Le Olimpiadi di Londra sono state presentate come un appuntamento splendidamente organizzato e meno sfarzoso di precedenti edizioni. Razionalizzare le spese può costituire la via maestra per esercitare lo sport di qualità in tempi di crisi? Quale, invece, potrebbe essere la giusta ricetta di Federica Pellegrini?
R. Penso che contino due fattori: impianti sportivi che funzionino nella stessa maniera anche quando i Giochi sono finiti, e una qualità degli eventi che faccia venire voglia di esserne parte un giorno. Se questo contagio si diffondesse nella scuola italiana sarebbe un grande successo.

D. Come vede, oggi, l’Italia, che si dibatte tra lo spread alto e la disoccupazione, soprattutto giovanile? Lei giudica una scelta oculata quella del Governo di rinunciare alla candidatura di Roma come sede delle Olimpiadi del 2020? Cosa dovrebbe fare di incisivo per lo sport il Governo in carica? Forte della sua esperienza nello sport, se glielo chiedessero entrerebbe in un Governo di tecnici, magari proprio come ministro delle Politiche giovanili e dello Sport ?
R. Mi preoccupa un Paese che non investe nel futuro delle nuove generazioni. Quanto alle Olimpiadi del 2020 a Roma, ho sentito che la scelta è stata dolorosa ma attentamente valutata. Mi fido di questo. Circa i programmi da realizzare, il Governo dovrebbe fare entrare lo sport nella scuola con un modello funzionale e vincente. Ad un mio coinvolgimento nelle istituzioni, sinceramente non ho mai pensato. Non sono molto diplomatica, e questo mi sembra un bel limite per una carriera politica.

D. Qual’è la qualità che ammira di più nel presidente della Repubblica Giorgio Napolitano?
R. L’integrità, che trapela anche dal suo sguardo fermo e fiero. E la capacità che ha di emozionarsi.

D. Nello sport, come accade in tanti altri ambienti, le donne sono ancora discriminate? Le è mai accaduto prima di affermarsi? Come si può rimediare a questo problema?
R. Purtroppo le donne devono ancora lavorare il doppio rispetto agli uomini per ottenere gli stessi attestati di stima. Questo accade in ogni settore, anche nello sport. Qui, però, noi atlete siamo riuscite a prenderci delle belle soddisfazioni, tanto è vero che lo sport non è mai stato così «rosa» e caratterizzato da entusiasmanti vittorie delle donne, come negli ultimi anni. Per la prima volta nella storia sportiva italiana la delegazione olimpica femminile è stata numerosissima: 127 donne e 165 uomini.

D. Pensa che gli sponsor dello sport siano stati «spaventati» dalla crisi economica? Quale considerazione ha delle aziende che investono su voi super-testimonial? Condivide tali politiche aziendali o ritiene che procurino un danno allo sport?
R. Immagino che ogni azienda pretenda un risultato dagli investimenti compiuti. Se il contesto generale è alle prese con difficoltà economiche, immagino che siano ancora più valutati i pro e i contro di ogni sponsorizzazione. È diminuita la voglia di rischiare, questo mi sembra chiaro.

D. Considera un lavoro, un diversivo dovuto o un piacevole passatempo il suo impegno nelle campagne pubblicitarie come «attrice» di spot commerciali?
R. Considero ogni cosa con la giusta dose di serietà e attenzione. Anche a un semplice shooting fotografico dedico la massima professionalità e nelle scelte cerco la qualità e il controllo del tempo ad esse dedicato. Ma la mia priorità resta il nuoto.

D. A parte il lato economico, in base a quale criteri sceglie uno sponsor anziché un altro? E ritiene geniali, offensive o altro le campagne di marketing volutamente scioccanti?
R. Quanto ai criteri, gli sponsor devono investire sulla mia immagine e condividerli con lo staff che lavora al mio fianco. Mi piacciono le aziende che dicono: «Tu sei un brand e come tale lavoreremo su di te». Quanto alle regole della comunicazione, non mi sono ancora del tutto chiare. Scioccare per colpire il consumatore? Mah, non capisco.

D. Lei è un’atleta di successo da vari anni e quindi avrà cominciato ad avere dimestichezza con gli strumenti finanziari atti a salvaguardare gli investimenti. Come si orienta in questo mondo? Le piace rischiare o preferisce una gestione più morbida?
R. Rischio poco e punto sul mattone. Il mio primo investimento di rilievo è stata la casa che ho ristrutturato a Verona.

D. Federica Pellegrini imprenditrice. Come procede l’avventura di Tacco 11, l’american bar di famiglia inaugurato lo scorso dicembre a Spinea nel Veneto? Potrebbe diventare una catena?
R. Al momento l’orizzonte resta Spinea e tutto quanto vi gravita attorno, a partire da Venezia. La gestione è principalmente svolta da mio padre, che è un professionista del settore e ha saputo creare un’iniziativa valida. Non vi sono ancora molto coinvolta, ma nel prossimo futuro potrebbe essere stimolante pensare ad ingrandirsi e svilupparsi.

D. In famiglia siete unitissimi da sempre, ma chi è il manager interno: papà Roberto, mamma Cinzia o suo fratello Alessandro? Di loro, qual è il suo consigliere principale nel settore degli affari? E sul piano personale?
R. Ho un filo diretto, profondo e totale con mia madre. Ma gli affari sono supervisionati da mio padre, in attesa che progressivamente anche io mi dedichi maggiormente a questo aspetto. Quando definisco la casa dei miei genitori il «campo base» mi spiego benissimo.

D. Un giorno, lontana dalle gare, potrebbe diventare imprenditrice a tempo pieno? Quale potrebbe essere il ramo a lei congeniale? Qualcosa di acquatico forse? Le dà fastidio o la lusinga essere diventata una sex simbol nell’immaginazione collettiva?
R. Sono fortemente attratta dalla moda. Ma è presto per parlarne. E sarei ipocrita se nascondessi il fatto che ricevere apprezzamenti sul mio aspetto fisico non mi faccia piacere. Sono una ragazza e, prima di essere una sportiva, mi sento una donna.

D. La intimorisce essere una delle personalità italiane più conosciute e apprezzate nel mondo? E perché?
R. Non ho nessun timore. Ho imparato a convivere con il lato più fastidioso della celebrità. Ormai riesco a farmi scivolare tutto addosso, anche il gossip. Ci nuoto in mezzo, bracciata dopo bracciata, e vado avanti per la mia corsia.

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