CANTIERE METRO FINO AL 2023 DENTRO LA BASILICA PALEOCRISTIANA SUL CELIO
Nemmeno ai tempi delle invasioni dei barbari, un così vandalico affronto
È diventata cantiere della metro C, la più scandalosa delle eterne incompiute romane, la basilica paleocristiana Santa Maria in Domnica (mosaici del VII-VIII secolo) alla Navicella. Salvo per le Messe della domenica mattina, ingresso praticamente vietato per tutta la pluriennale durata degli scavi sotto il Celio. L’interno messo sottosopra con abside, navate, decorazioni musive e opere d’arte coperte da ponteggi per misura di sicurezza contro le vibrazioni di scavatrici e trivelle.
Pur fasciate da altrettanta coltre protettiva, nessuna delle importanti testimonianze romane nei cantieri intorno al Colosseo e ai Fori (Basilica di Massenzio, Santa Francesca Romana, Santi Cosma e Damiano) è diventata così inaccessibile, totalmente cancellata agli occhi della gente a prescindere se il terminal sarà bloccato ai Fori come minacciato, oppure oltre il Tevere secondo i progetti iniziali.
Eppure la stazione dei Fori sorgerà multipiano proprio accanto alla basilica di Massenzio, i cui lavori di consolidamento e salvaguardia all’interno sono ormai terminati. Peraltro, ci sarebbe da chiedere come mai non vengono messe, e non sono state mai messe, contro il rischio di crolli anche le case e i palazzi di San Giovanni, via Sannio, via dell’Amba Aradam con il sottosuolo terremotato dalle perforazioni in galleria. Forse perché, vittime a parte, si possono ricostruire?
I cantieri dentro e intorno a Santa Maria in Domnica si trovano all’incirca a metà strada della tratta T3 di 3,6 km in costruzione dal 21 marzo 2013 e programmata da San Giovanni ai Fori Imperiali con stazione intermedia in via dell’Amba Aradam/via Ipponio. Della linea C sono in funzione dal 2015 i 18 km da Montecompatri a piazza Lodi, i cui lavori erano cominciati nel 2007. La provvisoria stazione terminale di San Giovanni è in via di allestimento, e offrirà un museo delle opere romane scoperte durante gli scavi.
Un avviso all’esterno del parroco della chiesa informa, con la morte nel cuore, che uno dei monumenti più prestigiosi e più visitati di Roma rimarrà interdetto a fedeli e visitatori fino al dicembre 2020. Questa data gli era stata comunicata il giorno della chiusura della basilica, il 27 luglio scorso; ed è stata prolungata di diversi anni soltanto dopo tre mesi. Primo effetto dirompente, niente più code di turisti per il forte richiamo dei mosaici, niente più matrimoni per sposini in cerca di suggestivi angoli dell’Urbe.
È assai difficile, purtroppo, che siano rispettati i tempi promessi con tanta faciloneria. Finora gli interminabili lavori della metro C sono stati un’affannosa corsa ad ostacoli con cumuli di ritardi e di «stop and go», che ne proietteranno la fine chissà per quanti anni ancora. Ogni tanto arriva un nuovo bollettino sulla previsione di fine lavori. L’ultimo è stato spostato al 2023. Anche se sarà rispettato questo nuovo appuntamento con i romani, sarà battuto ogni record dei tempi di realizzazione di una metro: 10 anni per una tratta di poco più di 3 km e mezzo, 16 anni per una linea ridotta da 27 a 22 km, perché i piani per gli altri fino a Prati sono stati riposti nel congelatore.
È vero che si è attraversato il centro storico, il cuore della città, è altrettanto vero che le «sorprese» della Roma antica sono state parecchie ma sicuramente tutti i calcoli degli esperti sono risultati sbagliati. Le spese sono lievitate spaventosamente, si supereranno alla fine i 4 miliardi di euro. Duro il giudizio della Corte dei Conti sulla lunga odissea di sprechi, ritardi e spese gonfiate: «Una spesa anomala, illegale, rovinosa».
In mezzo a questo cataclisma infernale, si è trovata l’innocente basilica di Santa Maria in Domnica che paga un prezzo salatissimo a questa violenza.
La prima chiesa in cima al Celio nasce sull’area della caserma della V coorte dei vigiles. Papa Pasquale I rifece la basilica da cima a fondo negli anni 818/822. Grazie ai Medici, i cui cardinali ne divennero titolari, i restauri del Cinquecento e la splendida facciata di Andrea Sansovino del XVI secolo ci tramandarono l’attuale aspetto senza uguali.
Nemmeno ai tempi delle invasioni dei barbari, la basilica aveva subito un così vandalico affronto.