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Urbanistica e Architettura. L'IMMAGINE URBANA E IL SUO DEGRADO

Mario Docci architetto restauro

del prof. arch. MARIO DOCCI, direttore del dipartimento di Rilievo, Analisi, Disegno dell'Ambiente e dell'Architettura

L’immagine urbana si può definire come la percezione, da un determinato punto di vista, degli elementi che compongono l’insieme della spazialità urbana, con tutte le relazioni che si stabiliscono fra le diverse parti, quali strade, piazze, edifici, spazi verdi. A questi elementi si aggiungono una serie di sovrastrutture, inserite nel corso del tempo in questi spazi e addossate alle facciate degli edifici, tra cui, di particolare rilevanza, l’arredo urbano, la segnaletica stradale, i cartelli pubblicitari, i chioschi, le cabine telefoniche e molto altro ancora. Il punto di vista dal quale il cittadino osserva ciò che lo circonda può essere sia statico, quando lo scenario si presenta con rapporti fissi tra gli elementi che lo compongono, sia dinamico, riferito a sequenze di immagini in successione dovute alla nostra mobilità, in una interazione dinamica tra gli elementi che costituiscono la realtà percepita. Possiamo pertanto considerare l’immagine urbana come l’insieme delle “figure” percepite dai cittadini e articolate a formare un insieme unitario.
Tale immagine, da alcuni definita anche paesaggio urbano, ha subìto soprattutto negli ultimi decenni continue modificazioni, talvolta appena percettibili, talaltra - laddove il nuovo che si inserisce introduce una forte discontinuità con la preesistenza - di notevole impatto visivo ma anche emotivo. Al costituirsi dell’immagine urbana concorrono in modo determinante non solo le relazioni che si instaurano tra i vari edifici che delimitano un determinato spazio, sia esso strada o piazza, ma anche, talvolta in maniera predominante, tutti quegli apparati che si sovrappongono all’architettura e che di solito concorrono a formare il cosiddetto arredo urbano e a definire la segnaletica, introducendo anche una serie di “richiami” sotto forma di pubblicità o di oggetti utili e necessari alla vita nelle città.
L’arredo urbano e la segnaletica costituiscono un fenomeno tipico della città contemporanea, alla quale necessitano una serie di servizi - cestini dei rifiuti, cartelli per le segnalazioni stradali, cabine telefoniche, pensiline di autobus, pannelli pubblicitari, centraline per il monitoraggio dei gas di scarico -, cui si aggiungono le insegne dei negozi, quelle pubblicitarie e quanto altro viene sovrapposto alle facciate degli edifici, contatori e condizionatori in primis.
Questo insieme di elementi finisce, in molti casi, per creare un senso di smarrimento nel cittadino che li percepisce sempre più frequentemente come una sorta di rumore di fondo, non sempre rilevato ma che, a livello inconscio, finisce per indurre disagio e senso di estraneità e di disorientamento. Molto spesso il cittadino non riesce a comprendere il motivo di tale fenomeno, mentre chi osserva con occhi allenati arriva a percepire il problema e a portarlo a livello di coscienza e di conoscenza comune.
Ancorché poco studiato, il fenomeno, è sotto gli occhi di tutti: negli ultimi decenni un’infinità di “strutture”, anche a carattere temporaneo, è stata immessa negli spazi urbani, con lo scopo di fornire indicazioni, comunicazioni, ripari e, più in generale, servizi per i cittadini. Realizzati sovente con materiali di rapida deperibilità, sia fisica che funzionale, questi elementi si sovrappongono al costruito esistente, concorrendo a rimodellare e ad alterare la spazialità, spesso con risultati disastrosi.
Si tratta di manufatti di natura diversa che dovrebbero discendere da un progetto unitario, fondato sullo studio delle caratteristiche ambientali esistenti nelle diverse parti dell’organismo urbano, e sulla ricerca del minimo impatto visivo nei confronti dell’ambiente circostante. Purtroppo nella maggior parte delle città si deve registrare con rammarico come, nella gestione dell’immagine cittadina, a questi aspetti non sia riservata la necessaria attenzione, quasi fossero di marginale importanza rispetto alle impellenti necessità della “vita moderna” e nonostante le appassionate prese di posizione di architetti, storici dell’arte e uomini di cultura.
Al patrimonio architettonico dei centri storici non viene dedicata la cura necessaria e l’immagine urbana risulta compromessa dalla sovrapposizione di elementi che costituiscono un vero inquinamento visivo. Per le città occorre rovesciare il detto secondo cui l’abito non fa il monaco, perché è anche questo a rendere la città bella o brutta. Basta osservare tante immagini che documentano lo stato attuale delle città. È arrivato il momento di restituire qualità agli ambienti urbani sostituendo gli oggetti “inquinanti” con altri che si armonizzano con il loro peculiare carattere. Vi sono anche centri storici nei quali l’arredo urbano, pur rinnovatosi nel tempo, ha mantenuto un rapporto di qualità con gli spazi circostanti, armonizzandosi con essi e in alcuni casi contribuendo a costituire un equilibrio assai apprezzabile.
Un significativo esempio si può osservare a Siena dove l’amministrazione comunale ha posto molta attenzione alla progettazione di tutti gli elementi che costituiscono l’arredo e la segnaletica; altrettanto può dirsi, sia pure in maniera meno pregevole, per Assisi; ma si tratta di esempi limitati. Bisogna invertire questo scellerato andamento che ha portato spesso a interventi sconsiderati. Solo la ricostituzione di una diffusa consapevolezza dell’importanza dei valori di cui è portatrice la città consentirà un cambiamento di rotta, una progettazione anche dei dettagli che non sono di minore importanza considerato l’impatto visivo ed emotivo da essi determinato.
L’interrogativo è se e fino a che punto, sia possibile intervenire per restaurare l’immagine urbana, quali valori possano essere preservati e quali, pur risultando compromessi, possano almeno in parte recuperarsi. La risposta sembra affermativa, e in vari casi possono adottarsi soluzioni a costi economicamente sostenibili. Il dipartimento da me diretto, nell’università Sapienza di Roma, ha realizzato negli ultimi anni una sperimentazione sul centro storico di Valmontone, cercando di intervenire sui suddetti elementi per riportarli sotto controllo rispettando i caratteri del luogo, in armonia con le tradizioni delle città italiane.
L’obiettivo del progetto era individuare proposte di intervento sull’immagine urbana riqualificando, con risorse economiche modeste, gli spazi urbani in situazioni critiche e seguendo un metodo che, a partire da uno studio storico-critico, individuasse gli elementi che alterano o deturpano i caratteri e i valori ambientali e architettonici della città, anche attraverso lo studio e l’analisi di riprese fotografiche atte a documentare i vari elementi dell’organismo urbano. Una ricerca analoga è stata avviata per la città di Gallipoli (Lecce); poiché queste prime esperienze sono state molto stimolanti, confidiamo di estenderle ad altri centri storici.
Tre le fasi seguite: ricerca storico-documentaria e iconografica; documentazione fotografica dello stato attuale; raggruppamento dei risultati in distinte tipologie di problemi. Per quanto riguarda Roma la documentazione storica ed iconografica è ricca e ben nota anche a un vasto pubblico. La documentazione fotografica, ha cercato di evidenziare aspetti tra i più macroscopici, evidenti fenomeni di degrado, di ridondanza o di inserimenti forzati di nuovi volumi. Iniziamo con la segnaletica stradale; nel caso del centro storico essa presenta aspetti singolari, dalla duplicazione alla contraddittorietà e al paradosso di rendere poco comprensibile proprio quella comunicazione che si voleva facilitare.
Per la pubblicità, basta una passeggiata per rendersi conto della portata di insegne e altri tipi di comunicazione disseminati in strade e piazze; in alcune è presente un tale sovraffollamento di segnali, immessi nel corso del tempo, da renderne faticosa, se non impossibile, la distinzione. In alcune vie importanti del centro storico di Roma, come Via Arenula e il Lungotevere degli Alberteschi, l’affastellamento di segnali stradali e di pubblicità è quasi inverosimile. Un elemento pubblicitario tra i più subdoli è rappresentato dagli orologi stradali, apparentemente innocui e che in passato avevano una funzione sociale ormai del tutto superata grazie ai più vari dispositivi di cui oggi ognuno è dotato.
Questi orologi, purtroppo, sono sormontati da un’insegna pubblicitaria che contribuisce all’inquinamento visivo. Ciò deriva anche dall’abuso che viene fatto di questo strumento tutto sommato di non esagerate dimensioni rispetto ad altre forme di supporto pubblicitario. Nella sola Via Arenula ne ho contati dieci; alcuni orologi sono posti a una distanza che non supera i 10 metri. Il caso di Via Arenula è molto comune ad altre strade, come Viale Trastevere. Altri fattori di inquinamento sono la densità delle indicazioni stradali e il riprodursi, quasi per gemmazione, di altri componenti come le indicazioni dei distributori di ticket per parcheggi. Il trascorrere del tempo impone modifiche alla segnaletica stradale e agli altri servizi informativi per la città ma purtroppo in molti casi invece di eliminare gli oggetti che non servono più, si preferisce aggiungerne nuovi.
Un male diffuso sono i cartelli segnaletici ormai inutilizzati ancora in bella mostra insieme ai più recenti; presto saranno a loro volta affiancati da altri più moderni o comunque diversi. Un ulteriore elemento di degrado è rappresentato dalle insegne di alcuni negozi, causa di scadimento della qualità urbana, ma sulle quali le autorità comunali spesso non eccepiscono nulla. Le facciate di molti edifici sono ricoperte di elementi estranei e impropri, come i condizionatori che si moltiplicano ad ogni previsione di torrida estate; talvolta anche il rifacimento del colore crea dissonanze sgradevoli. Un’ultima categoria di elementi in questi ultimi anni moltiplicatisi a dismisura: edicole, chioschi, bancarelle, spazi coperti per la ristorazione su strade e piazze.
È il fenomeno più pericoloso, dal momento che i loro volumi invadono spazi che, un tempo dedicati alla socializzazione, perdono il loro carattere diventando in alcuni casi dei suk in cui spesso si vendono oggetti contraffatti o importati illegalmente. Anche quando l’amministrazione comunale tenta di disciplinare queste presenze e di progettare unitariamente tali strutture, il risultato è deludente, come è avvenuto con le bancarelle dei libri di Piazza Borghese. A Trastevere chioschi e bancarelle occupano piazze e strade senza un apparente criterio se non quello della più totale anarchia.
Le proposte d’intervento per il restauro possono essere sintetizzate in due livelli: interventi di tipo sovrastrutturale, in grado di cambiare l’immagine complessiva con l’eliminazione di tutti gli elementi di inquinamento visivo e con parziali sostituzioni di elementi di arredo urbano, dopo un’accurata progettazione di spazi urbani, chioschi, cabine telefoniche, pensiline per autobus, segnaletica stradale, lampioni ecc.; interventi di restauro compatibile per migliorare l’immagine urbana con la predisposizione di linee guida di indirizzo e controllo delle opere di manutenzione ordinaria e straordinaria di architetture, strade, piazze, sovrastrutture e colore degli edifici, ma anche con la realizzazione di un catalogo flessibile, ma non infinito, di opere compatibili.
Questi interventi dovranno essere controllati dall’amministrazione comunale imponendo ai proprietari di uniformarsi alle direttive in tutti i lavori sulle loro proprietà, predisponendo anche un sistema di incentivi economici per raggiungere gli obiettivi proposti. Si tratta di interventi soft, che usano materiali di basso costo e impegnano le amministrazioni comunali in modo economicamente compatibile. Una parte degli interventi va trasferita ai proprietari degli immobili che potrebbero ottenere vantaggi fiscali e la possibilità di differire nel tempo le opere, senza gravi oneri a breve termine.
Questi obiettivi potrebbero essere raggiunti con l’adozione, da parte del comune, di uno strumento urbanistico che potrebbe definirsi piano del restauro dell’immagine urbana e che potrebbe essere agganciato ad altri strumenti in essere in alcuni comuni, come i piani del colore e i piani particolareggiati. In questo senso si può fare riferimento a quanto già messo in atto dal comune di Valmontone.

Tags: Roma architettura restauro architetti Ottobre 2010

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