Focus immobiliare - Paolo Righi (Fiaip): tasse sulla casa, vero e proprio esproprio statale
Fiaip, la Federazione italiana degli agenti immobiliari professionali, è il punto di riferimento per tutti i professionisti del settore immobiliare e per le famiglie italiane. È la principale associazione di categoria del settore riconosciuta dalla Comunità europea, con 10.106 agenti immobiliari, 500 consulenti del credito, 15.200 agenzie immobiliari, e più di 45 mila operatori del settore (tra agenti immobiliari, turistici, consulenti del credito, promotori immobiliari, amministratori e gestori di beni immobili). La presenza capillare su tutto il territorio nazionale, operata attraverso 20 sedi regionali e 105 collegi provinciali, rappresenta per gli associati un punto di informazione e di consulenza professionale nonché di difesa sindacale degli interessi della categoria.
Da più di 40 anni, oltre ad essere fra le più grandi e dinamiche federazioni di categoria europee, la Fiaip è accreditata presso il Parlamento europeo. In Italia è referente tecnica dell’O.P.M.I., l’Osservatorio parlamentare del mercato immobiliare, che raccoglie l’adesione di numerosi tra deputati e senatori sia di maggioranza che di opposizione. Fiaip è aderente a Confindustria, Confedilizia, Tecnoborsa, Confassociazioni e collabora con CEPI - European Association of Real Estate Professions e con il NAR - National Association of Realtors. Molteplici sono le iniziative che la Federazione attua e sostiene con le federazioni associate o che hanno interessi convergenti con la nostra categoria, le istituzioni e i consumatori. Contatti e tavoli di lavoro sono in essere continuativamente con tutte le componenti del mondo immobiliare Italiano per sostenere i professionisti e le agenzie che operano nel «Real Estate». Recentemente Fiaip si è fatta promotrice di tavoli di lavoro con il Collegio Nazionale del Notariato, ABI e Banca d’Italia, e ha partecipato a diversi momenti di concertazione presso i Ministeri con le parti sociali e i rappresentanti dei consumatori, come nel caso di Casa Italia.
Fiaip è accreditata nel Parlamento Europeo ed è componente del direttivo dell’Osservatorio Parlamentare del Mercato Immobiliare, che raccoglie l’adesione di oltre 100 tra deputati e senatori, sia di maggioranza che di opposizione. La politica sindacale adottata a tutela della professione è da sempre una scommessa per Fiaip, che ha portato la Federazione, anche in termini organizzativi e strutturali, ad avere una nuova e più marcata rappresentanza e presenza nelle Istituzioni centrali e periferiche le quali per lungo tempo sono state distanti rispetto ai problemi della categoria. Fra le tante iniziative della Federazione, vi è anche la rilevazione e la presentazione dei dati sull’andamento del mercato immobiliare urbano e turistico italiano. Lo studio prende in esame i dati consuntivi fornendo gli orientamenti e le tendenze future del mercato nel medio periodo, anche nell’ottica dell’efficientamento energetico degli immobili.
Domanda. Chi compra casa oggi, finché non la passa ai figli con la tassa di successione, quanto andrà a pagare con tutte queste tasse?
Risposta. La modalità di tassare la casa in Italia tradisce i principi costituzionali, per cui il cittadino o il bene viene tassato sul reddito che produce. Avendo sia Imu che Tasi un aspetto patrimoniale, le tasse non vengono pagate sul reddito prodotto come una tassa patrimoniale. Luigi Einaudi diceva che la patrimoniale va usata raramente, e comunque deve avere uno scopo; in Italia invece, dai Governi precedenti prima, e dal Governo Monti poi, essa è stata usata in maniera indiscriminata, senza uno scopo preciso. La tassa patrimoniale, che non si basa sul reddito prodotto, ha carattere espropriativo: infatti, se un bene che non produce alcun reddito viene tassato comunque, nel tempo esso diverrà un costo per il proprietario e lo Stato lo acquisirà.
D. In che modo la tassa sulla casa è divenuta una tassa espropriativa?
R. L’impianto e la modalità con cui lo Stato Italiano decide le tasse applicabili sono di carattere espropriativo. È per questo che prima con Silvio Berlusconi, poi con Matteo Renzi, abbiamo accolto con piacere l’eliminazione della tassa sulla prima casa, proprio per una questione di principio: non tanto perché riavviasse il mercato immobiliare o per i 230 euro di media di risparmio degli italiani, ma semplicemente perché alla base si agiva su un’idea e su una modalità di tassazione scorretta. Chi abita la propria casa non può anche pagare le tasse della proprietà, proprio perché non produce nessun reddito. In tutti i Paesi del mondo, al di là della pressione fiscale complessiva, il cittadino è in grado di comprendere quali sono la tassazione sulla casa e il carico fiscale che si applicano in quel Paese; in Italia questo non lo si trova scritto in nessuna agenzia immobiliare, perché ci sono le tasse locali, ci sono le tasse indotte, quelle che cambiano da Comune a Comune, da Regione a Regione, in generale c’è un’imprecisione totale. Anche noi della Federazione ci troviamo in difficoltà nel momento in cui dobbiamo spiegare il mercato immobiliare italiano alle delegazioni straniere che intendono investire, perché dobbiamo spiegare un sistema di tassazione che è tecnicamente impossibile da spiegare. Il dato vero e centrale è che il Governo Monti ha distrutto, con una tassazione eccessiva, la rete del mercato immobiliare provocando la perdita di 600 mila posti di lavoro dal 2008 a oggi, che diventano 950 mila nell’intera filiera del settore immobiliare; per qualche soldo in più, cioè per quei 22 miliardi che ha voluto prendere dall’immobiliare, ha creato problemi in merito a quello che era un patrimonio nazionale che valeva circa 8 mila miliardi e che dopo la «cura» Monti oggi vale 6 mila miliardi. Abbiamo cioè perso 2 mila miliardi di valore sul nostro patrimonio immobiliare.
D. Era stato detto che l’investimento immobiliare non produce un valore economico e un volano. Vero?
R. Questa è stata una delle più grandi bugie raccontate a livello economico degli ultimi anni; tutta la filiera del settore dell’immobiliare ha più o meno 18 sottofiliere, come quelle della chimica, dell’arredamento, dell’architettura, e tutto ciò insieme ha prodotto un danno immane. L’attività fatta da Monti non è solo sull’Ici, sull’Imu, sulla Tasi; sono state aumentate del 60 per cento anche le rendite catastali. Già da anni si sta verificando un fenomeno in cui chi eredita immobili e non ha la capacità di pagare le tasse su quel bene è obbligato a venderli, e questa è una logica conseguenza di una pressione fiscale applicata in forma patrimoniale. L’Italia deve capire che l’unico settore anticiclico che fa uscire i Paesi dalle crisi è quello dell’immobiliare, perché ha la peculiarità di non delocalizzare.
D. La prima cosa che farebbe se lei fosse al Governo?
R. Non ci sono tante leggi da fare, e proprio questo è il principale difetto della politica italiana. Bisognerebbe fare due norme: la prima è quella della «spending review», che va applicata immediatamente con un impegno di legge per chiedere l’abbassamento delle spese dello Stato; la seconda è ridurre la pressione fiscale, uscire dal 3 per cento dell’Europa presentando un piano serio sulla tassazione in cui si abbassano le aliquote anche per le imprese. Non essendovi in Italia un progetto sull’immobiliare, è necessario un piano sulla rigenerazione urbana delle città, come avviene negli Stati Uniti dove ogni 10 anni sono ricostruiti intere città e quartieri. Le città devono svilupparsi in altezza e non in larghezza; c’è una legge per il consumo del suolo che è stata approvata in questa legislatura e che noi apprezziamo molto, ma dall’altra parte abbiamo bisogno di rigenerare le nostre città secondo criteri più moderni.
D. È meglio restare in Europa o fuori dall’Europa, per essere più indipendenti?
R. L’Europa è importantissima ed io sono un’europeista convinto, ma non di questa Europa. Il problema è che oggi l’Europa non è altro che un insieme di tante nazioni che portano i propri interessi, e purtroppo in questa Europa noi siamo perdenti. Abbiamo una rappresentanza europea in qualche modo anche qualificata ma non contiamo. L’Europa ha messo Monti, l’Europa ha deciso gli ultimi presidenti del Consiglio italiani e le politiche applicate sono quelle europee, e il risultato è sotto gli occhi di tutti. L’Europa va a due velocità, le norme europee sono fatte per le economie dei Paesi del Nord mentre le caratteristiche dei Paesi del Sud non vengono rappresentate e i nostri politici, per malcelato modernismo, guardano a modelli diversi invece di comprendere che il modello italiano è stato il modello che ha portato l’Italia ad essere la settima/ottava economia industriale mondiale. Le piccole e medie imprese italiane hanno la peculiarità di cambiare pelle molto velocemente e, in un’economia dove i cicli produttivi oggi cambiano ogni sei mesi, questa particolarità delle nostre imprese andrebbe sfruttata come modello vincente, mentre la grande industria e i Paesi con il più alto tasso industriale fanno fatica a comprendere questi cambiamenti. Noi purtroppo abbiamo degli economisti che usano altri modelli e questo dispiace molto.
D. Una casa che 10 anni fa si è acquistato a 500 mila euro, oggi a quanto la si può rivendere?
R. Il calo si attesta tra il 30 e il 40 per cento, quindi la si può rivendere a circa 350 mila euro, ma poi bisogna vedere le caratteristiche intrinseche dell’immobile, la posizione ed altri tratti particolari.
D. Tra l’immobile di lusso e l’immobile per uso abitativo, chi ha avuto una maggior flessione negativa?
R. L’immobile «normale», anche perché il lusso non ha mai problemi, può avere dei tempi di vendita più lunghi ma prima o poi paga sempre. Invece, gli immobili medi hanno avuto il danno maggiore: ce ne sono di più, tanti sono invenduti, ma chi acquista un immobile medio ha molta più offerta, con molti «sali e scendi».
D. Malgrado le tasse e malgrado tutto, l’acquisto di una casa rimane quello più saldo e più solido?
R. Assolutamente sì. Prima del 2000 tutti vedevano l’investimento immobiliare come un investimento di medio-lungo periodo, dai 10 ai 30 anni, perché era l’unico che non temeva l’inflazione: noi avevamo un’inflazione molto alta e l’immobile seguiva questo trend, mentre se si lasciavano i soldi in banca l’inflazione li mangiava. Nel 2001, il ciclo dell’immobiliare si stava chiudendo per lasciare il posto ai 5-6 anni della finanza, un periodo borsistico in cui la gente guadagnava ed i guadagni della Borsa andavano nell’immobiliare. Nel 2001, quando caddero le Torri Gemelle, i mercati finanziari si fermarono completamente, le azioni di molte società crollarono e la gente si rifugiò nel mattone. Il ciclo del mattone è stato, prima del 2008, troppo lungo, troppi investimenti sono stati fatti nel settore immobiliare.
D. L’America c’entra?
R. Bill Clinton varò il piano per una casa per tutti e causò, attraverso la finanza, la crisi mondiale del 2008 perché i titoli tossici messi fuori fino al 2008 erano tutti mutui, i cosiddetti «mutui ninja» («no income, no job, no assets»). Il presidente Clinton aveva infatti detto alle banche: «Non preoccupatevi, io ho due aziende statali, voi date i soldi ed io vi compro i titoli»; così questi titoli tossici furono stati messi in giro in tutto il mondo. L’eccessiva finanziarizzazione è quella che ha causato tutto questo disastro, ma anche l’incapacità della politica di valutare quali potessero essere i rischi di un’eccessiva finanziarizzazione. Per questo dico che la politica italiana ha vissuto tutti questi accadimenti senza nessun piano strategico e senza alcuna capacità di inventare qualcosa di nuovo, se non quella di seguire le linee europee. In questo senso Mario Monti è stato il «migliore»: ha interpretato a pieno quelle che erano le linee dettate dall’Europa, e cioè ha distrutto il mercato immobiliare italiano. Nelle prossime elezioni vincerà, secondo me, chi metterà attenzione proprio sul problema della tassazione, sulla sopravvivenza delle aziende e sulla «spending review».
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